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"il valore espressivo della materia"

Al Mart opere della Collezione Panza in un percorso inedito che celebra la materia. Dalle “architetture botaniche” di Christiane Löhr all’opera colossale di Richard Nonas
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Foto: Focus| La materia della forma

Inedite letture e punti di vista all’interno del ricco corpus di opere della Collezione Panza di Biumo sono i presupposti da cui nasce La materia della forma, Focus dedicato dal Mart alla nuova raccolta museale. Al di là dei tre grandi momenti in cui viene condensata la storia della collezione del Conte Panza, il Focus si stringe su aspetti particolari, filoni apparentemente secondari. E’ la materia in questo caso ad essere protagonista, nei lavori esposti che testimoniano le tendenze postminimaliste e la dimensione spiritualista a cui il collezionista si dedicò soprattutto a partire dalla metà degli anni ottanta.
Materia come ghisa, legno, cera, luce. Materia come soggetto dell’arte, attraversata dai segni del tempo, testimone di una fragilità condivisa con la dimensione dell’esistere. La mostra realizzata in collaborazione con Panza Collection rivela anche lo sforzo interpretativo degli eredi nei confronti di un lascito culturalmente così importante. Perché una collezione si identifica anche con la storia personale del suo artefice, è il risultato delle sue proiezioni e idee. Pertanto gli eredi, la famiglia, sono chiamati non ad essere semplici custodi di memorie, ma ad un ruolo attivo di ricerca e comprensione delle scelte, dei progetti, della relazione tra l’opera e il tempo presente che è diverso da quello dell’acquisto.

La materia il più delle volte si associa alle grandi dimensioni, al rapporto con l’ambiente. Da ciò la necessità di trovare grandi spazi, come quelli pubblici rispetto a quelli privati, che vuol dire già di per sé condividere. La mostra vede al centro una grande installazione, i Glass Walls di Larry Bell, il vetro è trattato in modo da interagire con la luce creando un doppio effetto riflettente e trasparente.
L’esigenza di condivisione fu per il Conte bisogno di educare, far conoscere. Tutte le opere in mostra sono infatti accompagnate dagli scritti di Giuseppe Panza.

Ogni lavoro sembra nascondere una storia sia personale che culturale, ma anche una seconda vita. Il testo in catalogo ripercorre alcuni rapporti, legami e controversie tra il collezionista e gli artisti, ma spiega anche come molti lavori rinascano proprio in questo contesto. Entrati in collezione come progetti, non sono stati più esposti dal momento dell’acquisto. E’ il caso di Jaw Bone di Richard Nonas, quattro travi di legno tentano di delimitare lo spazio, giocando sugli elementi strutturali dell’arte. L’opera appare modificata in accordo con l’artista stesso rispetto al disegno originale che prevedeva tre pezzi. Anche Post Work III  di Roni Horn, non fu mai visto montato da Giuseppe Panza. Si tratta di un’opera che esige ampi spazi in cui la ghisa, perde di consistenza e si incarna in forme leggere appoggiate alla parete.

E’ in questi casi soprattutto che interviene il momento della decisione, dell’interpretazione, del lavoro comune per restituire autenticità al momento presente, per non tradire l’artista e il collezionista.
Nell’allestimento permanente del Mart, per l’occasione, compaiono invece lavori minimalisti e concettuali della Collezione Panza come The Eight Investigation, Proposition 3,  la grande installazione di orologi di Joseph Kosuth, e opere di Hanne Darboven, Sol LeWitt e Hamish Fulton