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Caffè sì, ma solo take away

Sulla peste che colpì Atene nel 430 aC. Tucidide scrisse “la violenza del morbo ha spezzato i freni morali degli uomini”. Nel 2020 Lisa Zorzato dipinge un quadro diverso.
acropoli, Atene
Foto: Pixabay

Lisa Zorzato, 29 anni, nata a Padova, sta conseguendo il suo dottorato in Estonia e attualmente vive ad Atene come PhD visiting student. Attraverso i suoi occhi leggiamo tra le righe come la Grecia, che ancora non si è sollevata dalla crisi del 2008, abbia il timore di dover affrontare di nuovo un tracollo economico a causa del coronavirus. Nonostante i tempi difficili, scrive Lisa Zorzato, nessun supereroe potrà mai eguagliare la forza degli esseri umani.

 

 

Atene. Guardo fuori dalla finestra della mia stanza e vedo la terrazza illuminata dal sole, gli alberi mossi dal Meltemi, il famoso vento greco, in quella staticità delle due di pomeriggio che solo i paesi mediterranei conoscono. Non mi ricordo quanti giorni di lockdown siano trascorsi di preciso, so che io e i miei coinquilini abbiamo guardato tutti i film della Marvel (23) e siamo ancora in isolamento. Al momento, nessun Thor, Iron Man o Capitan America si sono presentati alla porta. Il virus mantiene l’ansia alta, le persone distanti e le città deserte. 

Sono venuta in Grecia a dicembre per svolgere un periodo del mio dottorato presso l’Università di Atene. In pochi mesi mi sono abituata all’Acropoli gremita di turisti, a piazza Syntagma affollata a tutte le ore del giorno e della notte, al profumo del píta gyros per le strade, ai meeting con i miei professori che, tra un caffè e l’altro, mi svelano i misteri della meccanica quantistica e della ricetta della spanakópita, la tradizionale torta salata con gli spinaci e la feta. 

Con il dilagare della pandemia in Italia, la Grecia ha iniziato a tremare. Dai giorni di Carnevale il governo ha iniziato a parlare di necessità di azione. Qualche settimana dopo, per quanto il numero dei contagiati fosse al di sotto dei 100, le scuole e le università sono state chiuse. A pioggia, è arrivata la chiusura anche di tutti gli esercizi commerciali, dei ristoranti, musei e siti archeologici. Supermercati, farmacie e panifici sono aperti. Caffè sì, ma solo take away. Grazie a questa tempestività nell’adozione delle misure restrittive, la Grecia risulta essere uno dei Paesi con il minor indice di contagio rispetto alla popolazione europea. Nonostante i dati confortanti, lo spettro della crisi economica del 2008 rende i greci molto responsabili. Vivono con la consapevolezza che ogni passo falso potrebbe segnare un futuro ancora più difficile di quello che hanno già vissuto in passato.

Lo spettro della crisi economica del 2008 rende i greci molto responsabili. Vivono con la consapevolezza che ogni passo falso potrebbe segnare un futuro ancora più difficile

Così, guanti e mascherine (se si trovano), disinfettanti e distanza sociale, la Grecia chiude le Chiese il giorno di Pasqua, tradizionalmente la più grande festività dell’anno. Di solito la partecipazione della popolazione è altissima e per quattro giorni si respira aria di festa, di tradizione, di cultura, di voglia di vivere. Ma quest’anno sono previste pene severe per chi infrange le restrizioni. Alcuni (pochi) si sono lamentati accusando il governo di arresti domiciliari e lesione della libertà personale. I più invece si sono muniti di pazienza per affrontare le code sempre più lunghe e comprare il necessario per la zuppa mayirítsa (zuppa fatta con le interiora di agnello e riso) del Sabato Santo. “Di solito andiamo al villaggio” mi dice il giorno di Pasqua il vicino di casa dalla sua terrazza in un italiano perfetto “ma quest’anno…rimaniamo”. Pochi minuti dopo si affaccia di nuovo e mi allunga il pane tradizionale, le uova rosse, e i biscotti per il nostro pranzo pasquale. Sorrido. 

Il vicino di casa dalla sua terrazza mi allunga il pane tradizionale e i biscotti per il nostro pranzo pasquale. Sorrido

Penso a Tucidide quando dipinse la peste che colpì Atene nel 430 a.C. Gli uomini persero tutte le loro certezze, le loro speranze e insieme la loro civilizzazione. La legge, le norme morali, il rispetto per gli dei si sgretolarono come cenere, bruciati dal terrore dell’epidemia che dilagava. Sono andata a riprendere un passaggio in particolare. Scrive Tucidide “la violenza selvaggia del morbo aveva come spezzato i freni morali degli uomini che, preda di un destino ignoto, non si attenevano più alle leggi divine e alle norme di pietà umana” (Tucidide, Guerra del Peloponneso, tr. Ezio Salvino, Guanda, Milano 1978). Che il futuro sia una grande incognita è la realtà di ogni giorno, in ogni parte del mondo, ma da quando il Coronavirus ha colpito la nostra quotidianità lo è ancora di più. Torneremo alla stessa vita di prima? Quale sarà la nostra normalità? Quanto sarà diverso? E quanto sarò diverso? Quest’incertezza, ora come allora, ci rende impazienti, desiderosi, ansiosi. Eppure, la differenza dal quadro di Tucidide è sostanziale. Qui non solo le persone rispettano le restrizioni governative, ma anche pensano più al futuro che al presente, più al sostenersi a vicenda che al raggiungere un piacere individuale. Così, i miei professori mi hanno dimostrato supporto fin da subito, con e-mail, skype, zoom e se avessero potuto lo avrebbero fatto anche con i piccioni viaggiatori pur di non farmi sentire da sola in questa situazione. 

I miei professori mi hanno dimostrato supporto fin da subito, con e-mail, skype, e se avessero potuto lo avrebbero fatto anche con i piccioni viaggiatori

Allo stesso modo, il mio proprietario di casa mi ha detto che se avessi avuto bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, ci sarebbe stato: su di lui e sulla moglie avrei sempre potuto fare affidamento. E un po’ mi si inumidiscono gli occhi quando il dirimpettaio si sbraccia ogni giorno dalla sua terrazza: circa settant’anni, pantaloncini e la sigaretta in bocca, mi urla “Yiá su” dall’altra parte della strada. No, non è il paese degli arcobaleni e degli unicorni. Non è tanto diverso dall’Italia, dall’Estonia, dalla Germania o da qualsiasi altro posto nel mondo. E in questa Atene, città dal nome di una dea, città dalle case basse perché l’acropoli deve essere sempre visibile, città di evidenti contraddizioni dove la storia più armoniosa si combina con la modernità più disordinata, penso che i Thor, i Guardiani della Galassia, i Capitan America hanno poteri impensabili, ma la forza di noi umani, beh quella è indiscutibile! 

 

(Grazie a Lucia Lanzieri)