Kultur | Salto Afternoon

Una gru vola sulla valle

Il libro “Der Kranich” di Hans Perting, quasi esaurito nelle librerie, si può ascoltare in rete su youtube, letto dall’autore, in attesa di una traduzione in italiano.
kranich
Foto: Hans Perting

È noto per il suo attivismo nelle lotte per una Malles “libera da pesticidi” e pochi sanno che Johannes Fragner-Unterpertinger è anche uno scrittore. E che scrittore! Personalmente l’ho scoperto nel corso di uno dei suoi settimanali resoconti sulle questioni ambientali che manda agli abbonati e pubblica sul sito di Der Malser Weg/La via di Malles. In uno di quei brevi interventi dal vivo che filma col cellulare e mette online, ha fatto vedere questo libro, Der Kranich, dicendo di leggerlo nel periodo di quarantena per l’emergenza da Coronavirus che ci ha chiuso in casa per due mesi. Mi sono incuriosita e sono andata a cercarlo, trovandolo online. Che gioia quando l’ho ricevuto! Subito ho letto la quarta di copertina, in cui si dice che è la storia di Raetho e degli abitanti della valle mitica Valonga, metà tedesca metà romanza, i quali erano stati scaraventati – senza essere stati interpellati prima – dal destino in mezzo ai due fronti dei due sistemi politici completamente opposti del secolo scorso, il fascismo e nazional-socialismo e il comunismo.
Questa storia, che gira attorno al personaggio principale Raethoa e si svolge tra la vita del contadino, la pratica di contrabbando dello zio, la guerra, la prigionìa in America e il matrimonio con una afro-americana, pone il protagonista (e chi legge) dentro la storia narrata e al contempo lo innalza attraverso il linguaggio e l’uso di metafore mitologiche a un altro livello di percezione per (far) comprendere la Storia in generale. Attraverso una veduta più ampia che affonda le radici nell’universo letterario e mitologico.


Il nostro farmacista/attivista/scrittore Unterpertinger gestisce la farmacia di Malles ed è studioso nel suo campo a tutto tondo, motivo per cui si è lanciato a capofitto a suo tempo nella lotta per l’ambiente avendo compreso i pericoli che derivano non soltanto per la sua famiglia in mezzo a quei meleti permanentemente esposti agli spruzzi di veleni, lui è stato e ne è consapevole a livello globale e sa che cosa significa per l’intera zona. Per questo è nato l’intero progetto della Via di Malles, che per altro ormai ha fatto scuola non solo in Europa.
Il nostro farmacista, appunto, scrive e pubblica col nome abbreviato in Hans Perting facendo uscire i suoi libri col Provinz Verlag o in autoproduzione, come i quattro interessanti quadernetti su diversi temi quali informazioni storico-culturali sulla Val Venosta, o visioni critiche riguardo i non tanto amati dalla chiesa cattolica funerali con urna o l’esagerato turismo di massa sovvenzionato dalla provincia con una agenzia apposita, dei quali uno è uscito anche in italiano: Nel cielo sopra Solda, dal promettente sottotitolo Il tempo dei sogni verticali, in cui racconta nel suo tipico stile leggermente mitologico e mai privo di ironia la grande passione per la montagna. Una passione che ha messo da parte, però, nel momento in cui è diventato padre, sapendo che era molto (troppo) pericoloso innalzarsi sulle alte vette alpine, dove ogni tipo di pericolo è sempre in agguato dietro ogni angolo. Quando si è responsabili della crescita di bambini e quindi di nuovi esseri umani, meglio riporre nel cassetto per un po’ le proprie ambizioni avventurose.


Torniamo a Der Kranich, un libro che vorremmo uscisse presto anche in italiano e che dovrebbe godere di una maggiore notorietà. Già è molto letto soprattutto in Germania, dove ha raccolto notevoli recensioni da parte di giornalisti e intellettuali su pubblicazioni rinomate, e ci auguriamo che sia letto di più soprattutto in Alto Adige. Nel suo stile mitologico a ritmo rap gli eventi storici passano rapidamente davanti agli occhi di chi legge, sotto forma di un flusso di parole che conferisce al romanzo l’immagine metaforica di un fiume che nasce in montagna e scrosciante con tutta la forza di un ruscello che scendendo dalle altitudini verso la pianura porta in superficie tutto ciò che trova e scova: dall’incesto all’odio interfamigliare che arriva fino all’omicidio colposo, al suicidio, a inganni reciproci e sfruttamenti à gogo. Una storia altoatesina narrata senza alcun bavaglio e senza paraocchi, in un linguaggio e un ritmo che risucchia l’attenzione del lettore o della lettrice e apre scenari mitologici che al contempo rimandano a fatti realmente accaduti, in chiave letteraria. In chiave metaforica, nella forma di parabola, in cui tutto torna, in cui l’arco ampio si tende per far fioccare alla fine la freccia nella direzione voluta: la consapevolezza della verità storico-politico-sociale e cultural-tradizionale. Ad esempio a pagina 87 scrive: “E tutti sono colpevoli. Complici. Corresponsabili./ Perché avevano giurato su Hitler./Perché avevano oliato la sua macchina./Grazie alla loro obbedienza. Fino alla pen-ultima pallottola./Esistono tanti mondi./E tanti mondi sotterranei./Hanno combattuto per uno di questi./ Senza essere interpellati. Se davvero avessero voluto combattere./Hanno combattuto. E hanno perduto./ Giustamente./”


Fa venire la pelle d’oca in certi momenti il suo linguaggio asciutto, ridotto al minimo, all’essenzialità, un’essenzialità che a volte colpisce come una pallottola di verità storica che è andata finire dritta nella melma diffusa per anni sui tanti libri di storia, redatti per le scuole e/o per la gente. Perting descrive un intero paese, anzi che dico, un’intera valle, con tutti i personaggi che ci erano vissuti, dal parroco (rappresentante il clero) fino al giudice (rappresentante la giustizia) passando per la famiglia nobile che abita(va) nel castello (rappresentante l’élite). In questo modo riesce a fornire un quadro completo, dalle ambiguità clericali per manipolare e influenzare il popolo, alle ambiguità sociali che in egual maniera manipolano e influenzano il popolo, ossia quelle praticate ai livelli alti della società (nel castello) e la giustizia di un tempo, prima, quando ancora era praticata con buonsenso da un giudice cosiddetto “rivoluzionario”, il quale invece di mettere in cella il contrabbandiere lo mandava a svolgere lavori utili per la comunità facendolo soltanto pernottare nel carcere. E la giustizia, dopo, cambiata radicalmente con l’avvento del fascismo, dove il giudice (un altro giudice, ormai) aveva condannato immediatamente lo stesso contrabbandiere che – curioso di incontrare il nuovo arrivato si era persino fatto sorprendere da un gruppetto di finanzieri - a un isolamento di sei mesi su un’isola nel Mediterraneo. Tornato dimagrito fino alle ossa, un lato positivo c’era stato, come sempre nella vita di chi si applica in modo creativo per sbarcare il lunario: il contrabbandiere di nome Valentin aveva imparato l’italiano! A questa scena, Perting fa seguire la descrizione della madre di Raetho, il nipote del contrabbandiere, e nel descrivere prosegue come se fossimo in un film, in modo fotografico, descrive le mani, parla delle mani che per il figlio sono l’immagine della madre, avendo lui mai avuto davanti a sé la figura ricurva, o la voce della persona che lo aveva messo al mondo, nonostante lui la sentisse ogni giorno nel sentirla pregare per ore, con fervore, l’infinito rosario, oppure individuare il santo adatto per curare ogni male, sapendo bene, lei, a chi rivolgersi per attacchi reumatici o per la sfortuna, per il mal di gola o per il mal d’amore…

Der Kranich (1-5)


Hans Perting non manca di accennare nel suo poema mitologico, che meriterebbe anche essere messo in scena come musical per meglio diffonderlo anche tra i giovani, la storia dei Bambini di Svevia (diventata nota in Italia grazie al bel romanzo omonimo di Romina Casagrande uscito per Garzanti), quel destino terribile dei bimbi della Val Venosta, i quali erano stati “affittati” a famiglie nella Svevia germanica per togliersi di dosso per un po’ le troppe bocche affamate nelle famiglie contadine numerose, perché lo stesso Valentin, il contrabbandiere, era stato uno di quei bambini, prima, e il loro accompagnatore, poi, fino al 1925.
E l’autore tocca anche un altro aspetto affacciatosi in Alto Adige (il libro è del 2000, da subito in terza edizione): i migranti. Infatti, Raetho quando torna dalla prigionìa al termine della seconda guerra mondiale, torna sposato, con una negra, sì, scrive così Perting, appositamente, “negra”, in quanto in quei lontani anni cinquanta ancora non si usava il termine addolcito “nera”. Leggiamo a pagina 109: “La sensazione è perfetta./Lo scandalo anche./ Persino l’onorevole parroco è scosso./ Il cavaliere./ l’ex Gran Fascista, Don Antonio Maggiocavallo./ Ancora./Sebbene sia tornato a firmare col nome tedesco originale Anton Mairösl./ In modo illegale./ Lo fa per capriccio./ E il maresciallo dei carabinieri lo copre./ Come sempre. Ancora sempre./Il parroco vede per la prima volta nella sua vita una donna nera./ Un essere umano nero./ Una negra./Persino lui. L’uomo di mondo./ Che sa parlare col vento./E intimare il tempo, il meteo./E che la domenica successiva predica l’eguaglianza delle persone. Delle razze umane. Dei colori della pelle./Invano./ Lei rimane la larva ombrosa sul maso di Hochalt./”


La dice tutta, venti righe bastano per ricreare l’impatto che ancora oggi per una parte della popolazione suscitano le presenze di migranti africani nei paesi piccoli e nelle città altoatesine. Non vuole indicare soluzioni o giudicare; Hans Perting si limita a narrare, e a far volare quei Kraniche che danno il titolo all’opera, e che incisi sotto forma di un disegno segnano la bara di legno in cui Raetho, morto chissà per quale motivo, viene sepolto alla fine del romanzo con l’augurio del (nuovo) parroco che alle parole “Il Signore ce la mandi buona” alza gli occhi al cielo e, stupito, scorge proprio una di quelle rare gru volare, in alto, sopra la valle…