Film | salto afternoon

Pleasure

Un viaggio non lubrificato nell’industria del porno americana, fra logiche capitalistiche e patriarcali, lasciando a casa la morale.
Pleasure
Foto: Screenshot

Piccola nota introduttiva: Pleasure, il primo lungometraggio della regista svedese Ninja Thyberg (disponibile su MUBI), è un film sull’industria del porno contemporanea, quindi, signora mia, c’è da aspettarsi gente che fornica. Astenersi puritani.

Cos’è

La storia è quella di Linnéa, nome d’arte: Bella Cherry (l’esordiente e bravissima Sofia Kappel), giovane attrice di film per adulti, che dalla Svezia si trasferisce negli Stati Uniti, a Los Angeles, determinata a fare carriera nel circuito pornografico statunitense; pronta a dimostrare, come lei stessa afferma, perché “non è come le altre ragazze”.

In un ambiente che dipende dalla mercificazione del corpo femminile, che è dominato dal “male-gaze”, da set tossici, e da una feroce competizione, Bella - tutt’altro che un’ingenuotta ragazza di campagna ma nemmeno così esperta come crede di essere - cerca caparbiamente ruoli più importanti, più visualizzazioni per i suoi video e più followers. Ma mentre punta a diventare una pornostar affermata la sua ambizione avrà la meglio sui legami che aveva creato lungo la strada, oltrepassando i propri confini morali verso una cinica desensibilizzazione.

PLEASURE | Official Trailer

 

Com’è

Pleasure è una pellicola audace, provocatoria e grafica, che si muove su un arco narrativo classico, con l’eroina che da sconosciuta raggiunge la notorietà fino al nichilismo e alla disillusione. Non è il sesso in sé il focus del film ma le persone interessate al sesso. È un ritratto complesso sul mondo del porno - uno sguardo studiato su un’industria in cui l’estremo è la norma, perché a quanto pare questo è ciò che richiede il mercato -, realistico, grazie anche all’ottima direzione del cast, attori che provengono quasi interamente dal cinema per adulti, capaci quindi per formazione di improvvisare e conferire al proprio personaggio un naturalismo e una credibilità da 10 e lode.

Non è il porno in quanto tale, nel film, a essere sottoposto a giudizio ma lo sono piuttosto, da un punto di vista femminile, le dinamiche di potere di un sistema capitalistico permeante e la matrice patriarcale che caratterizzano anche il settore del lavoro sessuale. Thyberg, fermamente consapevole di ciò che vuole raccontare, mette a nudo - letteralmente - le contraddizioni dell’industria pornografica: prima che le telecamere si accendano tutto è stato concordato, le interpreti sono protette da contratti dettagliati e protocolli di sicurezza sul set, sono rassicurate dal fatto di potersi esibire in contesti monitorati, ma alla fine dei conti sono costrette a scegliere tra limiti e sacrifici personali da una parte e il successo professionale dall’altra. Rivelatrice in questo senso è la giustapposizione, per nulla sottile, di due scene in Pleasure: l’esperienza appagante sul set di Aiden Starr, una regista donna di video bondage, durante la quale Bella viene costantemente accudita dai membri della troupe e dal suo co-protagonista maschile (Aaron Thompson), contro la successiva ripresa di una scena di sesso violento a tre, diretta da un uomo, dove la linea di demarcazione fra performance e realtà, tra consenso e coercizione, sfuma in modo inquietante.

L’ambigua inquadratura finale rappresenta lo zenit delle aspirazioni di Bella, una sponda per una riflessione su ciò che accade dietro le quinte del business della masturbazione, il lato oscuro a cui è più comodo non voler pensare.

Voto: ***½