Umwelt | Trentino

Orsi pericolosi, uccisione “inevitabile”

Il rapporto di Ispra e Muse sugli animali problematici (fino a 15 in più). L’abbattimento è l’extrema ratio. Alla Provincia: “Più trasparenza, evitare fake news”.
Orso bruno, Trentino
Foto: Robert Balog/pixabay

Maggiore trasparenza su tutti gli episodi critici nella convivenza uomo-orso in Trentino. Per informare meglio i cittadini, evitare conflitti e fake news, nonché favorire il contributo “degli enti scientifici locali, nazionali e internazionali” verso una corretta gestione dell’orso bruno. Specie che si conferma in crescita. Tra i 124-129 animali previsti nel 2025 non mancheranno gli esemplari “potenzialmente pericolosi” o “ad alto rischio”, come Daniza, o Jurka fino a M49, JJ4 e M57. Le stime parlano di 5 (ma anche fino a 15) nuovi esemplari problematici nei prossimi cinque anni. Pertanto, per ridurre il rischio di potenziali attacchi occorre evitare che gli animali si avvicinino ai centri abitati, attratti dai cassonetti per l’umido che vanno resi “anti-orso”. Infine, laddove “inevitabile” andrà accettato l’abbattimento come extrema ratio. A patto però di avere protocolli e iter autorizzativi rigorosi.

Questi in sintesi i punti salienti del rapporto sugli “Orsi problematici in Trentino” elaborato dall’Ispra con il supporto tecnico-scientifico del Museo delle scienze di Trento.

 

Il rapporto di Ispra e Muse

 

Un’indagine datata gennaio 2021 (resa nota venerdì 22 gennaio, lo stesso giorno del sit in di Oipa Italia per gli orsi nel recinto del Casteller) che mette assieme i ricercatori del museo provinciale con quelli dell’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale. Gli autori - Giulia Bombieri (Muse), Valentina La Morgia e Piero Genovesi (Ispra), con il contributo di Paolo Pedrini e Mattia Brambilla (sezione zoologia dei vertebrati del Muse) - non fanno sconti nemmeno alla Provincia di Trento. Che è competente sulla gestione del plantigrado, dovendo però rispettare le prerogative sull’ambiente e i grandi carnivori in capo allo Stato e quindi al ministero dell’ambiente (è noto il conflitto di attribuzione proprio sulle misure per i casi più problematici).

Provando a interpretare la definizione di “orso pericoloso” non fornita dal Pacobace, scrivono gli autori, vengono individuate “due principali categorie di comportamenti”. Prima categoria, “gli orsi confidenti”, ovvero gli esemplari che perdono la naturale paura dell’uomo e tendono a entrare nei centri abitati, attratti soprattutto dalle fonti di cibo di origine antropica (i cassonetti dell’umido o scarti di ristorante). In Trentino questi animali censiti sono 11 (Jurka, DJ3, JJ1, JJ3, JJ5, KJ1G1, KJ2G1, M13, F20, M49, M11). Seconda categoria, balzata purtroppo all’attenzione delle cronache anche la scorsa estate, con l’aggressione al giovane carabiniere a Andalo, è formata dagli “orsi che hanno attaccato persone”. “Quattro individui si sono resi protagonisti di attacchi a persone con ferimento delle stesse (Daniza, KJ2, JJ4, M57). Nessuno di tali attacchi è risultato fatale”.

L’abbattimento potrà, nei casi in cui le azioni di prevenzione e dissuasione risultassero inefficaci, diventare un’opzione necessaria e inevitabile

Vengono poi distinti gli “orsi potenzialmente pericolosi” da quelli “ad alto rischio” (come Daniza, KJ2, M57), la cui “rimozione è suggerita immediatamente”. La casistica trentina dal 2003 al 2020 ha registrato 19 orsi in totale che hanno manifestato comportamenti per i quali è prevista anche la messa in cattività.

Seguono le stime sull’incremento demografico dei plantigradi trentini, 129 animali nel 2025 oppure 124 a seconda dei metodi utilizzati.

 

 

Nuovi orsi pericolosi: fino a 15 in 5 anni

 

Non è esclusa da qui avanti “l’insorgenza di un numero limitato di orsi pericolosi o potenzialmente pericolosi (valore medio stimato di 5 nuovi individui nei prossimi 5 anni, con un range di 0-15 animali), che negli scenari più pessimisti potrebbe riguardare dunque fino a 15 individui in 5 anni, anche tenendo conto delle proiezioni demografiche e quindi dell’incremento previsto del numero totale di orsi nella popolazione”.

È essenziale una rendicontazione più trasparente da parte della Provincia di Trento di tutti gli episodi critici

Diventa quindi cruciale tra le diverse misure di prevenzione il lavoro sulle fonti di cibo antropiche, per evitare in altre parole che gli animali siano attirati nei centri abitati. “Cassonetti dell’umido o scarti di impianti di ristorazione non adeguatamente gestiti in prossimità di centri abitati rappresentano un problema rilevante”, si legge nel rapporto. Tutti i vecchi bidoni dell’umido sul territorio vanno sostituiti con cassonetti “anti-orso”, dotati di una maniglia che l’animale non riesce ad aprire. Quanto fatto finora va bene ma non basta. “Nella zona della Paganella e valle dei Laghi ne sono stati installati circa 200 a partire dal 2009, 44 dei quali sono stati distribuiti nel 2020 in sostituzione o in aggiunta a quelli già presenti. In val di Sole, invece, i primi 6 cassonetti anti-orso sono stati installati nella primavera 2020 (su un totale di 409 cassonetti per l’umido presenti sul territorio)”. Si suggerisce uno sforzo ancora maggiore.

 

Abbattimenti e trasparenza

 

L’indagine si conclude con due parti di interesse. L’abbattimento, viene detto, “potrà, nei casi in cui le azioni di prevenzione e dissuasione risultassero inefficaci, diventare un’opzione necessaria e inevitabile, rendendo ineludibile che si definiscano in modo rigoroso condizioni di attivazione, percorsi autorizzativi, protocolli operativi e verifiche indipendenti degli iter di tali azioni”.

Infine il rimprovero sulla scarsa trasparenza che chiama in causa la Provincia autonoma di Trento. La chiarezza nell’informazione pubblica e nella ricostruzione degli episodi critici - “con dettagli riguardanti le circostanze, le parti coinvolte e altre informazioni utili a ricostruire l’evento in modo il più possibile chiaro ed oggettivo” - aiuta anche le valutazioni scientifiche e il contributo degli esperti esterni. Impedisce inoltre il proliferare di fake news e l’insorgere di potenziale conflitto tra animali e persone. Così concludono i ricercatori.