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Appunti per 10 azioni possibili

Lebensereignisse, Halbtagsträume, Halluzinationen: Serena Osti schreibt, um "in einer lautschreienden Gesellschaft mehr Raum für ruhige Notwendigkeiten" zu finden.
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Foto: Foto: SAAV

Mitte Februar stellte die Südtiroler Autorinnen und Autorenvereinigung (SAAV) im Rahmen des Leseabends SAAV DreiPunktNull die neuen Mitglieder vor. 
SALTO bringt sie online, mit Fragebogen und Textauszug. Teil 6: Serena Osti

Wenn du dir drei Räume aussuchen kannst, in denen du dich verorten möchtest: Wie schauen sie aus?
Die Insel Stromboli und die Herberge La Casa del Sole, der Latemar und seine Torre di Pisa-Hütte, meine Wohnung in der Bozner Altstadt und der Obstmarkt.
Alle haben mit einer gewissen, zauberhaften Höhe zu tun, in allen fühle ich mich daheim, von dort aus, kann ich über ein Stück bessere Welt staunen.

Ein selbst geschaffener Neologismus?
Hey, ich bekomme einen Herzanschlag!
Südtirol: mein nahes Deutschland, mein weites Italien.

Proporre delle azioni che non sono mai state fatte e ridistribuirle come il software libero Linux con apposita licenza Creative Commons. Unica richiesta: documentare l’esito delle azioni proposte, ossia come sono state ridistribuite, modificate, applicate, ecc.

Warum schreiben?
Wann wir es endlich schaffen, die Stille zu schätzen – denn wir brauchen sie –, erst dann fangen Wörter an uns mit ihrer magischen Kraft zu berühren. In einer lautschreienden Gesellschaft brauchen wir mehr Raum für ruhige Notwendigkeiten.

Welche Motive tauchen in deinem Schreiben immer wieder auf?
Meine Lebensereignisse, meine Halbtagsträume, Halluzinationen.

Welche Frage möchtest du dir selbst gerne stellen?
Wenn Du groß bist, was möchtest Du werden?
Wann hast Du wieder mal nichts zu tun?
Woran denkst Du eigentlich die ganze Zeit, aber traust Dich nicht zu sagen?
 

Textauszug

Appunti per 10 azioni possibili

1.
Spostare un peso invisibile con molta, troppa fatica tanto che lo
spostamento non è quasi visibile e colui che fa l’azione sembra stare
faticosamente fermo. Questa azione viene realizzata nel tempo più lungo
che la persona riesce a sopportare.

2.
Le piagnone. Ne immagino tre, vestite a lutto, forse il loro vestito è
pacchiano, cangiante, di un verde scuro misto a un grigio topo. Sono
delle signore di una certa età, corpulente, troppo truccate, ingioiellate
vistosamente, quasi volgarmente, un po’ come nei programmi televisivi.
Non mi dispiacerebbe se avessero come copricapo un cappello a falda
larga, quasi da colazione inglese in giardino, e magari il velo sul volto
come una calza a rete. Piangono guardando gli indici della borsa su uno
schermo, o forse lo schermo è quello di un’agenzia per scommesse
ippiche. Piangono alle notizie del TG sulla crisi, ogni tanto intervallate da
previsioni meteorologiche, servizi sui nostri amici animali e l’estrazione
dei numeri dell’enalotto. Sarebbe bello se si potessero sedere su un
divano mangiando biscotti e Nutella, come per consolarsi. Inoltre sono
delle pessime attrici, e così fanno il loro lavoro un po’ pigramente. Cioè
piangono, sì, però malamente, non in maniera troppo sentita. Ogni tanto
si annoiano e pensano ad altro, si distraggono.

3.
Una persona vestita bene, magari come un cameriere di un ristorante un
po’ su, va in giro (forse in una piazza, comunque per strada) con una
struttura di legno dalla forma quadrata e con dei ripiani mensolati
all’interno, un po’ come una di quelle cornici porta-chincaglierie che
adornano le pareti di famiglie intente a collezionare l’improbabile fra il
probabile (tipo sorpresine Kinder, piccole statuine, giocattoli, gadget,
ecc.). Per l’esattezza la sua funzione della scatola è come quelle dei
venditori ambulanti africani, sui ripiani si possono appoggiare e fissare
molte cose e in cima c’è una fessura/gancio per le mani. Le scatole sono
due e il cameriere va in giro a chiedere alla gente di regalargli qualcosa,
che forse non riceverà.

4.a (proposta per la serata d’inaugurazione)
Tutti quelli che entrano indossano una maschera che verrà loro data
all’ingresso. In questa maniera non si capirà più chi sono gli artisti, chi i
curatori, chi i loro conoscenti e chi il pubblico. Nessuno dovrà fingere di
guardare se non gli interessa e allo stesso tempo di guardare che cosa gli
interessa. Ma soprattutto non si vedranno le reazioni sui volti delle
persone, se cioè quello che si sta presentando piace o no, e non ci si
sentirà obbligati a sorridere o stare seri se quello che si vede commuove
o turba.

4.b (proposta per la serata d’inaugurazione)
Andare in giro chiedendo alla gente “Come sta?”, dando importanza alla
loro risposta, chiedendo anche una seconda volta “Sì, ma come sta
veramente?”. Questo è un esperimento che non so a cosa porterà.

5. (dal poetry slam allo spam slam)
Una sfida/guerra fra due persone a dirsi tutto quello che viene in mente.
Unica regola: deve starci tutto in una frase, altrimenti si deve passare il
turno. Il gioco finisce quando non viene più in mente nulla da dire.
Questa azione è scaturita dai commenti di Filippo al mio eccesso di
interventi (“Il mio desktop è pieno”).

6. (il problema dell’attenzione)
Una serie di esercizi sul fare le cose e basta in contrap-posizione al
momento in cui si ha l’intenzione di farle, che non ci permette di farle
davvero in quanto lo stiamo solo pensando o desiderando.

7. (una performance per performer)
Ognuno incarica gli altri del gruppo nell’eseguire delle azioni, riferimenti
più o meno espliciti all’esperienza del laboratorio. E’ una sorta di libera
interpretazione per la quale si possono utilizzare episodi, situazioni,
riferimenti, ecc. dal proprio vissuto che uno dedica ad un altro o un
insieme di persone. Ognuno riceve delle azioni da eseguire ma non può
personalmente far parte delle proprie. Non c’è pubblico, il pubblico è il
gruppo.

8. (riflessioni metalinguistiche)
DIY-performance (Do It Yourself performance): le azioni diventano delle
istruzioni su una casella di un gioco da tavola come quello dell’oca, la
gente se lo può portare a casa e giocarci. Non si può comprare ma solo
prestare, c’è una copia in prestito come alla ludoteca dei bambini.

9.
Proporre delle azioni che non sono mai state fatte e ridistribuirle come il
software libero Linux con apposita licenza Creative Commons. Unica
richiesta: documentare l’esito delle azioni proposte, ossia come sono
state ridistribuite, modificate, applicate, ecc.

10.
Ricerca sulle aspettative di una mostra. Il pubblico non è un’entità
astratta ma è costituito da una quantità di persone finita, è quindi
misurabile e concretamente esplorabile. Che aspettative hanno i
visitatori? In che maniera queste aspettative determinano la percezione
delle proposte fatte? E’ possibile illudere il pubblico di venire a vedere
qualcosa quando in realtà il pubblico stesso diventa oggetto dello
“spettacolo” e quindi i perfomer stessi diventano il pubblico?

Serena Osti, Milano 2011

SALTO in Kooperation mit: Südtiroler Autorinnen und Autorenvereinigung (SAAV)