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Studiare "paga" sempre

L'Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche fotografa gli scenari occupazionali per i giovani tra i 20 e i 34 anni. Anche in una prospettiva di genere.
Scuola
Foto: upi

Chi ha l'opportunità di studiare, e di investire nella propria formazione universitaria, lo faccia. Questo suggerisce, in particolare alle ragazze adolescenti, la nota "Esiti dell'istruzione terziaria sul mercato del lavoro", un'analisi realizzata e diffusa nel mese di settembre dall'INAPP, l'Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche.

Studiare, evidenzia il Policy Brief, curato da Marco Centra e Andrea Ricci, che hanno utilizzato come base i dati dell'Istat, migliora sempre le prospettive occupazionali per i giovani tra i 20 e i 34 anni; il dato diventa ancor più evidente se lo leggiamo in una prospettiva di genere: il tasso di disoccupazione per le giovani in possesso di un diploma universitario, di una laurea di primo livello o di una laurea magistrale è inferiore rispetto a quello medio dei giovani uomini loro coetanei, ed inferiore in maniera significativa rispetto a quello dei maschi con licenza elementare o media.

L’investimento in istruzione, spiega l'INAPP, offre prospettive occupazionali migliori per le donne rispetto a quanto avvenga per gli uomini: studiare paga di più, perché in termini percentuali incide di più sul futuro lavorativo, e "questo è vero per ogni livello e tipologia di percorso scolastico preso in esame, a prescindere dagli indirizzi di studio" spiega la nota. Ad esempio, se si considerano le donne con laurea magistrale, la probabilità di inserimento lavorativo aumenta (rispetto alla categoria di riferimento dei diplomati di scuola media inferiore) del 44% per l’indirizzo scientifico, del 40% per quello professionale e del 38% per le materie umanistiche; nel caso degli uomini, invece, le corrispondenti stime sono del 28%, del 24% e del 22%, rispettivamente.

 

La nota dell'INAPP può essere tradotta in uno slogan, che è "studiare paga". L'elaborazione statistica offre un supporto approfondito ai policy maker: "L’occupabilità dei laureati è superiore rispetto a quella dei diplomati e, al contempo, i tassi di disoccupazione sono più bassi per i giovani in possesso di titolo di laurea o post laurea -si spiega-: questo avviene indipendentemente dal tipo di titolo di laurea, di master o dottorato, quindi anche per i titoli umanistici".

Avere l'opportunità di studiare, quindi, è importante a prescindere, anche perché -come spiega Stefano Sacchi, presidente dell'Istituto, "i risultati dell'analisi suggeriscono che le conoscenze di natura astratta e generalista che si accompagnano ad un elevato investimento in istruzione portano sostanziali vantaggi occupazionali", e che "tali conoscenze possono essere ulteriormente valorizzate quando si declinano in competenze di natura tecnica o scientifica".

Quest'analisi quantitativa non esaurisce il tema giovani e lavoro, e infatti l'INAPP oggi è impegnato in attività di ricerca volte a capire se il "lavoro svolto" è coerente con il percorso di studi effettuato, "sia in termini di professione che di inquadramento nel rapporto di lavoro” dice Sacchi.

Nel mese di luglio è stata anche la Commissione europea a ricordare all'Italia -nell'indagine 2017 sull'occupazione e sugli sviluppi sociali in Europa (Esde)- che più del 15% di coloro che riescono a trovare un lavoro ha contratti atipici (fra i 25 e i 39 anni, nel Regno Unito è meno del 5%, dati 2014), e che questo rende i giovani lavoratori "considerevolmente più a rischio precarietà" (ANSA).