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“La Costituzione resti un caposaldo”

Cristina Masera, segretaria generale Funzione Pubblica Cgil-Agb, spiega le ragioni del suo No al referendum del 4 dicembre.
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Foto: CGIL

“Avevo già deciso di votare No per le stesse motivazioni espresse dalla Cgil ancora prima che il mio sindacato le rendesse note. Il mio è dunque un No convinto. Ho letto con molta attenzione il testo, nessuno dice che non sia da cambiare la Costituzione ma quello che non condivido sono le modalità con cui si vuole procedere. Se il governo avesse piuttosto spacchettato i termini della questione anziché puntare sul cambiamento massiccio del 'o tutto o niente' avrebbe fatto una saggia scelta perché alcuni aspetti delle modifiche che si vogliono applicare a determinati articoli della Costituzione sarebbero stati anche condivisibili. Sindaci e consiglieri regionali faranno la spola al Senato rischiando di non fare bene né un lavoro né l’altro. Peraltro, per quel che riguarda l’Alto Adige, secondo quanto afferma lo Statuto di Autonomia, c’è anche un’incompatibilità delle cariche, che non è chiaro come si risolverà.

"Vorrei che la Costituzione rimanesse un caposaldo fermo e stabile, una garanzia per i cittadini, indipendentemente da chi vince le elezioni"

Si crea come detto, e qui c’è la contraddizione, una sorta di 'Senato delle regioni' e contemporaneamente, con la riforma del Titolo V, si sottrae la possibilità di prendere decisioni a livello regionale a favore di una centralizzazione. Quello che non turba invece la CGIL, a differenza di quanto si possa pensare, è l’abolizione del CNEL da cui ci siamo già ritirati perché è un ente che non funzionava a dovere. Un altro problema è quello del combinato disposto con la legge elettorale, legge che si voleva cambiare, e cosa che sarebbe stato opportuno fare prima di andare a votare per il referendum. Il punto è che vorrei che la Costituzione rimanesse un caposaldo fermo e stabile, una garanzia per i cittadini, indipendentemente da chi vince le elezioni. L’aspetto preoccupante poi, dal punto di vista politico, è che il dibattito sulla riforma si sia ridotto a un “pro e contro” che somiglia a un contrasto personale fra i sostenitori del sì e quelli del no e questo certamente non giova ai cittadini”.