Gesellschaft | La scuola in Alto Adige

Una scuola plurilingue? Na ja, aber erst irgendwann...

Settimana lunga o settimana corta? Calendario unico oppure diversificato? Sono davvero questi i problemi più gravi della scuola altoatesina? Dopo decenni di "politicamente corretto" immobilismo si stanno aprendo i primi spiragli per un cambio di rotta. Oppure no?

"Ich habe die Vision, dass Jugendliche nach Abschluss der Oberschule über ausgezeichnete Kenntnisse ihrer Muttersprache und gute Kenntnisse in Italienisch und Englisch verfügen", ha dichiarato l'assessore Sabina Kasslatter Mur in un suo recente intervento. Una visione che, come cittadino di questa provincia, come insegnante e forse soprattutto come padre sento di condividere pienamente. Ma spesso fra il dire e il fare c'è di mezzo la realtà. Una realtà che ci racconta come il nostro sistema scolastico non sia ancora efficiente, come forse vorremmo, soprattutto per quel che riguarda l'apprendimento delle lingue. I dati sul conseguimento del patentino parlano chiaro, ma ancor di più lo fa la quotidianità nella quale ci confrontiamo. Tre, quattro o cinque ore a settimana di seconda lingua non bastano per poter dire di aver confidenza con l'italiano, il tedesco o l'inglese, soprattutto quando questi spazi sono limitati all'aula di una scuola. Nelle piccole realtà di provincia la situazione è ancora più difficile, proprio perché, e parlo dell'italiano, alunni e alunne non hanno alcuna possibilità di esprimersi nella seconda lingua al di fuori della scuola. Ma le richieste dei genitori sono sempre più insistenti: "la scuola deve fare di più per insegnare le lingue" dicono in coro .Ma cosa si potrebbe fare? Di immersione non si può parlare, di insegnamento veicolare forse un po' di più, ma rimane comunque un'opzione sfumata. Negli ultimi mesi si stanno pubblicizzando maggiormente progetti come quello di "un anno in L2", oppure le settimane di "viaggi linguistici" che offrono agli studenti la possibilità di "immergersi" nella loro seconda lingua, ma allo stesso tempo i tagli all'istruzione dettati dal momento di crisi stanno rimettendo tutto in discussione facendo emergere anche gli sprechi perpetrati negli anni precedenti. Viviamo quindi in una situazione di stallo confermata anche dal paradosso di continue riforme burocratiche e amministrative che ci chiedono di adeguarci all'Europa del futuro, ma allo stesso tempo rinsaldano una didattica vecchia ormai di decenni. La soluzione allora quale potrebbe essere? A Brunico le iscrizioni alle scuole d'infanzia e di primo grado in lingua italiana sono aumentate fino al170% negli ultimi dieci anni, nonostante il censimento indichi che la popolazione dichiaratasi di lingua italiana abbia registrato un aumento di appena l'1%. Che sia un'indicazione del nuovo trend che vede sempre più famiglie "tedesche" inserire i loro bambini in un contesto scolastico "italiano"? La scuola non basta per rendere reale la visione dell'assessore Kasslatter Mur. Serve una stretta collaborazione con gli altri settori della società nei quali le giovani generazioni possano conoscere e vivere ciò che ancora vedono come estraneo. Una collaborazione che però richiede un grande e coraggioso passo in avanti da parte di una politica (della quale l'assessore fa parte) che fino ad ora ha preferito preservare un fragile equilibrio etnico-partitico a discapito di un concreto sviluppo di una nuova cultura condivisa.

 

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Elisabeth Oberrauch So., 24.03.2013 - 20:51

Ja gut...und wie immer sollten die Erwachsenen mit gutem Beispiel vorangehen...nicht nur die Kinder sollten die zweite Sprache lernen, sondern auch ihre Eltern.

So., 24.03.2013 - 20:51 Permalink
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Barbara Benetti So., 24.03.2013 - 21:06

Kinder lernen die zweite Sprache gerne und mit Leichtigkeit, wenn zwei Voraussetzungen erfüllt sind, die beide weder mit Didaktik noch mit Pädagogik zu tun haben:
1. Es gibt eine Person, die sich nur der zweiten Sprache bedient, und das Kind möchte mit dieser Person in Kontakt treten/bleiben und mit ihr kommunizieren. Es geht also um Beziehung.
2. Es erfährt in der Familie, dass es sinnvoll ist, die zweite Sprache zu erlernen (weil es Familienmitglieder in der 2. Sprache kommunzieren hört, die Eltern gute Kenntnisse in der zweiten Sprache wertschätzen).
Es geht also um Einstellung zur zweiten Sprache.

So., 24.03.2013 - 21:06 Permalink

Ich bin voll bei Ihnen, Barbara Benetti. Und trotzdem glaube ich verstanden zu haben, das der Autor des Blogs mit seinem Beitrag nicht der Schule und den Lehrern L2 eine Schuld zuweisen wollte. Ich glaube, dass besonders die italienische Sprachgruppe in den letzten Jahren endlich begonnen hat, einen entschlossene Mentalitätswechsel zu vollziehen. Die Politik hinkt wie so oft nach. Und leider kann ich auch Pädagogen verstehen, die behaupten, dass es nicht damit getan ist, ausschliesslich die Kinder in zweisprachige Klassen zusammenzuwürfeln. Hier wurde auch seitens der pädagogischen Institute zu wenig konkrete Fortbildung geboten, weshalb sich die Katze in den Schwanz beisst. Und wie geht's weiter. Begmügen wir uns mit einer 20jährigen Sperimentation?

So., 24.03.2013 - 21:18 Permalink
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Barbara Benetti Mo., 25.03.2013 - 14:04

Antwort auf von Maximilian Ben…

Hab aus dem Beitrag des Autors herausgelesen, dass die Schule gefordert ist, mehr zu tun. Dieses Mehr ist aber eben nicht didaktischer oder programmatischer Natur, und es betrifft alle Lehrpersonen. Was meiner Ansicht nach einen guten Lehrer ausmacht, ist die Fähigkeit, in Beziehung zu treten. Dann kann er sich frei entscheiden, welches didaktisches Modell ihm und seiner Klasse mehr liegt. Aber um in Beziehung treten zu können, muss ein Lehrer eine gut strukturierte Persönlichkeit besitzen und den Lehrerberuf aus Berufung und Liebe zu dieser Tätigkeit machen. Damit mehr gute Lehrer nachkommen, muss auch das Ansehen dieser Tätigkeit gehoben werden. Besonders gefällt mir Finnland in dieser Hinsicht.
Höhere Löhne (besonders in Kindergarten und Grundschule), Selektion bei der Vergabe der Studienplätze, entsprechendes Studienprogramm haben meines Wissens in Finnland das gewünschte Ergebnis gebracht.

Und dann ist eben auch die Familie gefordert, der Zweitsprache den Wert zuzumessen, der erforderlich ist, damit der Spracherwerb den Kindern erstrebenswert erscheint. Hier denke ich, dass Offenheit in den öffentlichen Einrichtungen (wie es in den meisten Sportclubs schon geschieht, wo beide Sprachen gleichermaßen genutzt werden) ein erfolgersprechender Weg sein wird. Salto hat diesen Weg ja schon beschritten. :-)

Mo., 25.03.2013 - 14:04 Permalink
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Matteo Pozzi Mo., 25.03.2013 - 14:40

Antwort auf von Barbara Benetti

Cara Barbara, abbiamo praticamente la stessa opinione a riguardo. Quando dico che la scuola è tenuta a fare di più intendo che le istituzioni che regolano la scuola hanno fino ad ora evitato di fare passi coraggiosi, non che gli insegnanti stiano sbagliando tutto. Come insegnante sono pienamente d'accordo quando dici che è essenziale creare un certo rapporto con la classe, ma credo che anche la didattica abbia un suo peso, proprio perché è grazie al modo in cui uno fa lezione, e ai contenuti che porta, che si può creare, o meno, un buon rapporto fra alunni/e e insegnante capace di motivare l'apprendimento, in particolare di una lingua. Il discorso che tu fai sulle associazioni sportive poi, è proprio quello a cui volevo arrivare. Così come con Salto.bz, la società ha bisogno di spazi di condivisione, quegli stessi spazi che secondo me sono stati ostacolati per molti anni da giochi politici (di entrambi i gruppi linguistici). Per questo dico e sottolineo che la scuola non può bastare, ma può comunque rappresentare un utile trampolino dal quale poi saltare verso nuovi modelli di condivisione e partecipazione:)

Mo., 25.03.2013 - 14:40 Permalink

Condizioni che sperimento ogni giorno con mia figlia e che condivido pienamente. La scuola non può sostituire certe relazioni sociali essenziali per l'apprendimento dell'esperienza. Anzi, non dovrebbe nemmeno provarci. Il problema, secondo me, è che per molti anni il sistema scolastico provinciale ha rappresentato una parte importante di quell'apparato della divisione etnica sponsorizzato dalla politica come strumento strategico. E questo ha portato al consolidarsi di mentalità e comportamenti socio-familiari che hanno inciso sulla situazione attuale.

So., 24.03.2013 - 21:20 Permalink

Condizioni che sperimento ogni giorno con mia figlia e che condivido pienamente. La scuola non può sostituire certe relazioni sociali essenziali per l'apprendimento dell'esperienza. Anzi, non dovrebbe nemmeno provarci. Il problema, secondo me, è che per molti anni il sistema scolastico provinciale ha rappresentato una parte importante di quell'apparato della divisione etnica sponsorizzato dalla politica come strumento strategico. E questo ha portato al consolidarsi di mentalità e comportamenti socio-familiari che hanno inciso sulla situazione attuale.

So., 24.03.2013 - 21:20 Permalink
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Profil für Benutzer kurt duschek
kurt duschek Mo., 25.03.2013 - 13:52

Matteo ich eile absolut Deine Meinung! Für die südtiroler Schulpolitik scheint es das Wichtigste zu sein, monatelang über 5 oder 6 Tagewoche zu streiten! Dies müssen wir Bürger (Eltern) ändern!!
Je mehr Bürger eine mehrsprachige Schule fordern, umso mehr wird früher oder später auch die Politik diese absolute Notwendigkeit für die Zukunft unserer Kinder erkennen müssen und einführen.
"EMPÖREN WIR UNS"

Mo., 25.03.2013 - 13:52 Permalink
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Profil für Benutzer Cristina Belloni
Cristina Belloni Di., 26.03.2013 - 20:24

Siamo tutti d'accordo. E, da insegnante di italiano L2, vi posso assicurare che non sono solo i genitori a volere una scuola bilingue, ma sono gli stessi alunni. Comunque qualcosa comincia a muoversi anche nella scuola tedesca: piccoli passi, che devono anche fronteggiare non pochi ostacoli, ma incoraggianti.

Di., 26.03.2013 - 20:24 Permalink
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rosanna oliveri Sa., 30.03.2013 - 20:59

Si parla molto spesso di scuola plurilingue e quasi tutti sembrano essere d'accordo. Certo, una scuola capace di formare le nuove generazioni al bilinguismo sarebbe un evidente vantaggio. In molti però vedono anche dei rischi. Per prima cosa c'è il pericolo che per favorire l'insegnamento delle lingue si trascuri quello legato alla disciplina, pertanto se insegno storia in tedesco a uno studente di madrelingua italiana può succedere che per farmi capire semplifico non solo la lingua, rendendola quindi non naturale, ma anche i contenuti, eliminandone alcuni.
Sicuramente però varrebbe la pena di approfondire la questione. Il primo passo da fare in questa direzione è allora la didattica. Dobbiamo cercare di capire il metodo migliore per mettere in pratica questa opportunità. Quali sono i metodi giusti? In quale caso e, soprattutto in che modo, l'insegnante può, o deve, intervenire aiutando gli allievi sul piano linguistico? Quali competenze deve avere un insegnante di questo tipo?
Si dimentica poi molto spesso che una lezione, fatta bene, di questo tipo necessita di una preparazione superiore e sarebbe quindi opportuno pensare all'eventualità di cattedre più leggere (15-16 ore settimanali) per insegnanti che accettino di svolgere questo tipo di insegnamento.

Sa., 30.03.2013 - 20:59 Permalink