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Guardare dentro la natura

Christian Passeri, videomaker e fotografo naturalista, racconta il percorso che lo ha portato a "vivere di immagini" e quanto lavoro si cela dietro lo "scatto perfetto".
concentrato
Foto: Christina Biagini

Stare appostati in attesa dell’apparizione di un animale selvatico la maggior parte del tempo è noioso, lo ammetto. Accampamenti in tenda sinceramente li sto facendo da poco. Però, come adesso con gli orsi in Slovenia, stare cinque ore o di più là seduti ed aspettare che avvenga qualcosa richiede molta, molta pazienza. Però sinceramente ho quasi più pazienza con gli animali che con le persone, quindi mi trovo a fare attese lunghe senza grossissimi problemi, direi”. Christian Passeri, bolzanino, che da 6 anni vive a Berlino è un fotografo amatoriale “pluripremiato” che regala ai follower sui social network scatti “naturalistici” di altissimo livello.

Uccelli rari inquadrati nei parchi nei dintorni della capitale germanica, o animali selvatici come l’orso oppure uccelli “comuni” ritratti in situazioni particolari: mentre cantano, corteggiano la femmina, oppure mentre fanno il nido. Tutto questo peró come hobby, perché di professione Passeri fa il cameraman e videomaker. 

salto.bz: Cosa ti colpisce nel documentario e perché ti ispira? 

Christian Passeri: Credo che i documentari siano un punto di vista sulla realtà molto interessante. Spesso portano alla luce fatti di cui non siamo a conoscenza. Inoltre, soprattutto nel documentario naturalistico, (per esempio nei documentari di David Attenborough) vengono mostrate cose che noi probabilmente non vedremo mai nella nostra vita. Immagini straordinarie di animali che spesso nemmeno conosciamo. Sintetizzando, danno un accesso per vedere cose, che nella vita normale non potresti mai vedere.

Come è nata la tua passione?

Sin da piccolo ero affascinato dagli animali e dall’ambiente. Ma soprattutto gli animali mi affascinavano, perciò mi guardavo molti documentari, leggevo tutte le enciclopedie sugli animali possibili e immaginabili e ne conoscevo anche i nomi. Oltretutto i miei genitori mi hanno sempre insegnato ad amare gli animali e la natura. Attraverso gli studi poi la consapevolezza e il rispetto per l’ambiente si sono concretizzati e amplificati. Ho studiato scienze e tecnologie per l'ambiente e il territorio a Padova. Dopo sono tornato a Bolzano dove ho lavorato come giornalista e quindi presso l´Ökoinstitut. Ad un certo punto ho avuto bisogno di cambiare aria, uscire da una routine che in quel momento sapeva troppo di monotonia. Così decisi di trasferirmi a Londra per immergermi in uno stile di vita diverso e trovare vie e mezzi diversi per esprimermi.

E cosi sei arrivato al mondo dei film?

A Londra ho partecipato ad un corso per documentarista, offerto dalla MET film school of London. Ma le opportunità a Londra, in questo ambiente nuovo non si sono presentate immediatamente, così nel frattempo ho raccolto esperienze in campi diversi e inaspettati. Cose casuali, come fare il venditore di scarponi da sci. Dopo due anni trascorsi a Londra ho deciso di provare una nuova avventura in un'altra capitale europea e mi sono trasferito a Berlino.

E a Berlino il vento è cambiato?

Si, lavorando alla MET film school di Berlino ho iniziato a raccogliere sempre piú esperienze sui set ed entrare in contatto con tanta gente. Poi un giorno ho scoperto che cercavano persone per una produzione in Alto Adige, dove dopo un paio di chiamate ho ricevuto un posto come second Camera Assistant sul set di “Die Einsiedler”, di Ronny Trocker. E cosí ha avuto inizio questo cammino.

Adesso lavori stabilmente come freelancer a Berlino?

Si, come first o second camera assistant, soprattutto in film e serie TV televisive. E sono felice perche mi permette di curare il mio hobby della fotografia naturalistica. La fotografia si sposa bene con il film making, campo che ormai caratterizza la mia carriera professionale, dato che le conoscenze in un ambito possono aumentare quelle dell’altro ambito. Ma soprattutto permette di vedere il mondo con occhi diversi, più aperti (dice sorridendo, spiacendosi quasi subito di aver usato una “frase fatta, ndr). La fotografia rilassa e (ri-)sintonizza con il mondo, e mi permette di prendermi il tempo per concentrarmi su una cosa sola.

E ti sei subito specializzato nella fotografia naturalistica? 

No, non era la mia  direzione iniziale, o perlomeno non avevo le intenzioni che ho adesso di specializzarmi in questo campo. Sono passato per la fotografia di città o ritratti di persone. soprattutto in città sconosciute. Era un buono strumento e una motivazione per scoprire e conoscere posti nuovi.

È difficile mantenere il contatto con la natura vivendo in cittá cosí grandi?

La situazione perfetta non esiste. Certo, mi piace viaggiare e ho fatto alcuni viaggi importanti. Ma spesso basta uscire ed osservare a occhi aperti, per notare quanta natura ci circonda persino in una metropoli come Berlino. Un esempio: ho osservato una trentina di specie di uccelli solo in un cimitero nel bel mezzo di Berlino. Mi piace fare foto perché penso che attraverso immagini potenti si possa Sensibilizzare le persone sula bellezza di quello che abbiamo e di quello che ci resta. Far conoscere la bellezza della natura e la biodiversità aiuta a comprendere quanto ci sia da fare per proteggere quello che abbiamo.

In Africa hai fatto una serie fotografica che ti è anche valsa un paio di premi. Puoi raccontarci?

Si tratta di una serie di quattro fotografie scattate in Uganda, nel parco naturale di Kibale. Vedere questi scimpanzé selvaggi, anche se abituati alla presenza dell’uomo, è stata una bellissima che mi ha dato grandi emozioni. Si tratta di un maschio seduto per terra che guarda gli alberi e i suoi compagni di branco. Sembra tranquillo  mentre viene fotografato e immortalato nelle sue diverse espressioni. L'animale ha delle delle espressioni che fanno riflettere sul legame “parentale” che abbiamo con gli scimpanzé, che hanno un DNA uguale per il 98%. Si tratta di animali minacciati e cacciati. La foto singola in cui lo scimpanze sbadiglia è una delle mie preferite. Con questa serie ho ottenuto il silver prize nel Tokyo international Foto award nella subcategoria “nature-Wildlife, non-professional. 

Com'è stare lì ad aspettare la prossima opportunità per uno scatto? La pazienza la si trova con il tempo?

La fatica è stare lì fermo ad aspettare e a guardare, senza che succeda nulla per il 99 per cento, o talvolta persino il 100 per cento del tempo. Ma la difficoltà maggiore è poi farsi trovare pronti quando poi l’animale arriva. Se si spaventa scappa via subito, perció un po’ di sangue freddo devi averlo. Poi non sempre sono lì fermo nello stesso punto, magari passeggio, mi sposto. Più importante, nella maggior parte dei casi, è stare fermi invece di rimanre nascosti. Stare fermi e lasciare che l’animale venga da te, non andare a rincorrerlo. A parte che gli causi stress inutile, devi lasciar decidere all’animale se per lui sei un pericolo o no. Ed è anche così che ho fatto gli scatti migliori. La soddisfazione poi naturalmente è grande quando si riesce a fotografare un animale che stavi aspettando per ore, oppure un animale che nemmeno ti aspettavi di vedere. Aggiungi che questo tipo di attività di rende sempre maggiormente conscio che non siamo gli unici in questo mondo, e che gli animali si fanno la loro vita e stanno benissimo così come sono. Osservare e fotografare gli animali nella natura ti apre prospettive nuove sugli esseri viventi con cui dividiamo questo pianeta.

Come scegli gli appostamenti?

Qui sono ancora in una fase di crescita, e sto imparando, perché non è solo fare la fotografia che conta, ma anche sapere dove mettere la tenda e dove fare gli appostamenti. Bisogna conoscere il posto giusto, sapere quali animali vengono ... eccetera. Recentemente mi sono comprato una fototrappola, e penso che in futuro questo mi possa aiutare per decidere dove mettermi ad aspettare gli animali, perché se vedo che in determinati punti c’è un passaggio di animali posso mettermi lì ed aspettare che venga qualcuno o qualcosa.

Come é nata la foto "damselfly"? 

Si tratta di una damigella. Ho affittato delle lenti macro, era da un po’ che volevo immergermi in questo tipo di fotografia. Allora ho preso e sono andato un pó nella natura che circonda Berlino, e sperimentando un po’ sono riuscito a fare questa foto che è ispirata ad uno scatto di un altro fotografo. E' stato divertente sperimentare per la prima volta la fotografia macro, ti si apre ancora un altro mondo.

Piani per il futuro?

Vorrei coniugare i miei studi ambientali e la mia passione per la natura con la mia professione, e lavorare per diventare direttore della fotografia. Mi piacerebbe molto fare dei documentari a tema ambientalista, per dare un contributo alla salvaguardia del pianeta.