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Gesellschaft | Avvenne domani

I Panzer al Brennero!

Potere evocativo di un luogo della storia

Non fosse per il dramma di quei poveracci che, nel tentativo di passare il confine, rischiano di restare asfissiati, congelati  o schiacciati da un camion o da un treno, la storia dei controlli austriaci al Brennero potrebbe essere la trama di un'operetta scritta nella Vienna di fine secolo.

Gli elementi, a ben guardare, ci sono tutti a cominciare dal protagonista, il giovane Ministro degli interni Sebastian Kurz, che sembra uscito da un copione di Franz Lehár.

Il canovaccio della rappresentazione, che si replica ormai con grande successo da oltre un anno, prevede che, di quando in quando, dal mezzanino di uno dei palazzi che si affacciano sulla Heldenplatz  parta un preciso segnale. La notizia, per produrre il suo magico effetto, deve avere delle caratteristiche ben precise. Si parte con l'evocazione del pericolo di un'invasione straniera, si prosegue con l'annuncio di drastiche contromisure consistenti nell'invio, sui confini, di robusti contingenti militari. L'importante, però, è che nell'annuncio sia contenuta la parola Brennero.

Non so se qualcuno l'ha notato ma in tutta questa vicenda nessuno, a Vienna o altrove, nomina mai gli altri confini austriaci, quello di Tarvisio, ad esempio, dal quale passa una parte consistente dei traffici di frontiera tra Italia e Austria e che pure risulterà pur appetibile per le orde musulmane che intendono avventarsi sulle pianure danubiane per completare l'opera interrotta nel 1863, quando un esercito polacco riuscì a rompere l'assedio della capitale asburgica da parte degli ottomani guidati da Kara Mustafa Pasha.

Eppure il giovane ministro viennese,  se non altro abile comunicatore , sa benissimo che il suo annuncio cadrebbe più o meno nel vuoto se si limitasse a dar notizia dell'invio di qualche militare a Tarvisio.

No, ci vuole il Brennero.

Il motivo non è difficile da intuire. Quello stretto passaggio largo solo qualche centinaia di metri nella catena di montagne che separa il bacino idrografico del Danubio da quello che porta le acque verso il Mediterraneo è divenuto, per effetto di una storia millenaria, un luogo carico sino all'inverosimile di suggestioni e di paure.

Forse non vale la pena di scomodare Jung  e il suo inconscio collettivo, ma certo è che basta la parola, Brennero, per evocare, soprattutto nella mente degli italiani, una serie di immagini inquietanti e di ataviche diffidenze.

Per secoli e secoli dai valichi alpini, e da quello che, da un certo momento in poi, si sarebbe chiamato Brennero arrivarono in effetti più che altro cattive notizie. Invasioni su invasioni, a cominciare dai Cimbri che scendevano slittando sui loro scudi per arrivare agli eserciti di Federico Barbarossa, sino ai Lanzichenecchi e agli Ussari del Maresciallo Radetzky.

Che poi da quella strada siano transitate per secoli merci e ricchezze di ogni tipo, che dal Brennero si siano affacciati geni della musica e della letteratura come Mozart e Goethe poco importa. In fondo al retaggio delle paure primitive di ogni italiano resta la sottile angoscia per l'invasione teutonica e non vale a placarla il fatto che oggi, a discendere con orgogliosa sicurezza le valli (copy Diaz) siano solo milioni di turisti che non trainano cannoni ma roulottes.

La paura resta e basta un semplice annuncio per scatenare una serie di reazioni che hanno del tragicomico.

"L'esercito austriaco al Brennero". "Gli austriaci con i carrarmati al Brennero". Bastano i titoli dei lanci d'agenzia per scatenare il panico più totale ed assoluto ai vertici di tutte le redazioni di Roma e Milano. Alla Rai i responsabili dei Tg nazionali iniziano a martirizzare le redazioni locali. Vogliono, a tutti i costi, in tempo reale, le immagini dei carri armati schierati sulla frontiera. Inutile spiegare che di carri armati non si vede nemmeno l'ombra. È una giustificazione che non viene accettata in quanto la realtà non ha diritto di cittadinanza di fronte al proclama costituito da una notizia di agenzia.

E intanto per far fronte all'inaudita provocazione partono verso nord convogli inviati speciali ben appoggiati da mezzi di trasmissione e stazioni satellitari. I commandos, armati di microfono, piombano sul confine.

E ogni volta non trovano niente. Nei Tg della sera gli equilibrismi per raccontare un'emergenza che non c'è sono degni dei migliori artisti del circo Barnum. Dopo le rituali interviste agli abitanti del luogo, che alla prima emergenza erano sinceramente preoccupati per il loro destino, ma che alla quinta cominciano ad essere seriamente scocciati, seguono immagini di repertorio ricavate dai giorni in cui gli austriaci si schierarono in forza per respingere l'assalto dei no global italiani venuti a manifestare contro una chiusura che non c'era e che non ci sarebbe stata.

In mancanza di meglio c'è sempre la possibilità di chiamare "Panzer" i carriarmati austriaci. Vuoi mettere l'effettaccio che il solo nome produce. "I Panzer al Brennero": il titolo è fatto e sembra quasi di tornare all'8 settembre 1943, e con le colonne corazzate che scendevano a punire i traditori badogliani.

Nel frattempo, al Passo, la vita continua come prima. Le uniche colonne sono quelle dei Tir e dei turisti che corrono via veloci. In pochi si fermano ad ammirare la bellissima opera dell'artista Fabrizio Plessi conservata nell'edificio che un tempo accoglieva tutti gli uffici di frontiera. Qualcun altro si dedica al primo o all'ultimo shopping della vacanza in un centro commerciale che raccoglie l'eredità del vecchio mercatino di frontiera, vissuto per decenni grazie alla vendita di enormi quantità di mortadella agli austriaci che l'adoravano ma non la trovavano, chissà perché, nei loro negozi. Tutto questo sul lato italiano. Sul versante austriaco doveva nascere invece un mega-bordello. Del progetto poi non si è più saputo nulla, ma chissà che con la crisi incombente non se ne riparli.

Ogni emergenza-Brennero  dura al massimo due o tre giorni. I giornalisti ripartono con le loro stazioni satellitari, ma sanno già che torneranno, novelli difensori della patria, la prossima volta che, a Vienna, la parola Brennero uscirà dalla bocca di un giovane ministro il cui cognome ha solo una lettera in meno di quello di un colonnello che, in un famosissimo film, attaccava il nemico facendo suonare dagli elicotteri la cavalcata delle valchirie. Grandi comunicatori tutti e due.

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Hartmuth Staffler So., 27.08.2017 - 14:53

Maurizio Ferrandi farebbe bene a documentarsi un pochino prima di scrivere un articolo. Così avrebbe scoperto che Sebastian Kurz non è Ministro degli interni austriaco. Se non sa neanche questo, figuriamoci quanto valgono le altre "informazioni" che ci vuole dare. Sembra che Ferrandi segua la dottrina di tanti giornalisti italiani: Se non lo so io, neanche i mie lettori lo sapranno, e così sono libero a scrivere quello che voglio. Complimenti.

So., 27.08.2017 - 14:53 Permalink
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Massimo Mollica Mo., 28.08.2017 - 16:54

Al di là delle gesta del sig. Kurz, un bambino che a mio avviso ha ricevuto pochi ceffoni da parte dei suoi genitori, in questo articolo emerge una situazione disastrosa della realtà del giornalismo in Italia. E senza una coscienza critica dello stesso, ma semmai con la volontà unica di fare show, non andiamo molto lontano!

Mo., 28.08.2017 - 16:54 Permalink