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Lo Stelvio diviso

Manca una visione unitaria del Parco nazionale. Secondo gli ambientalisti la tutela è limitata perché prevale l’interesse di Lombardia, Trentino e Alto Adige. Un’analisi.
Stelvio, parco
Foto: Salvatore Rossi

Il Parco nazionale dello Stelvio non esiste più. C’è questo, tra le righe, nel comunicato con cui l’Osservatorio sul Parco nazionale dello Stelvio (di cui fanno parte Cai, Fai, Federazione pro natura, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Mountain wilderness, Touring club italiano e Wwf) commenta le proposte di piano, le zonizzazioni e le norme di attuazione (NTA) per l’area protetta, prodotte da Regione Lombardia e dalle Province di Trento e Bolzano.

Negli atti esaminati manca - secondo l’Osservatorio - “un quadro unitario, coerente e dinamico” che serva a far conoscere ed amare il capitale naturale costituito da specie e habitat caratteristiche dell’ambiente montano delle Alpi centrali. Ciò si lega, in modo inequivocabile, alla “frammentazione del Parco nazionale [che] ha inciso negativamente sul percorso di partecipazione degli enti locali e del territorio. Per questo - spiegano le organizzazioni riunite nell’Osservatorio - chiediamo, se si vuole davvero rendere la partecipazione sostanziale ed efficace e prima che il ministero dell’ambiente dia il suo parere motivato vincolante previsto per legge, di convocare una conferenza conclusiva della Valutazione ambientale strategica che serva a definire un Piano e norme di attuazione coerenti, coordinate e rispettose della normativa quadro nazionale sulle aree protette (legge n. 394/1991)”, norme “che permettano di confermare quella unitarietà dell’area protetta nazionale, che sinora non è stata garantita, nonostante quanto viene stabilito chiaramente dall’Intesa siglata tra Ministero ed enti locali nel 2015 e confermata dal decreto legislativo 14/2016”.

Lo Stelvio, istituito come Parco nazionale nel 1935, con i suoi 130.700 ettari è un tipico parco montano d’alta quota, con circa tre quarti del suo territorio al di sopra dei 2.000 metri (tocca i 3.905 m sulla cima dell’Ortles), un contesto che non pare vincolare le scelte di gestione. Per questo, l’Osservatorio è preoccupato “per il disegno che emerge dall’approccio alla tutela e valorizzazione  delle risorse ambientali e paesaggistiche e allo sviluppo sostenibile dall’esame della documentazione sin qui prodotta”.

Tra le principali criticità, una riguarda l’assenza di chiari interventi di adattamento e mitigazione proposti dai tre piani, per affrontare i cambiamenti indotti nell’ambiente alpino dalla drammatica crisi climatica, che incide sulla quantità delle risorse idriche, sull’innevamento, sullo stato dei ghiacciai e sulle specie e gli habitat alpini.

 

 

Le amministrazioni interessate prevedono inoltre deroghe per costruire nuovi bacini idrici per l’innevamento artificiale e anche la costruzione di nuovi impianti sciistici o il potenziamento di quelli esistenti, non considerando che l’innevamento sotto i 2mila metri di altezza è sempre più scarso. Secondo la nota dell’Osservatorio, in particolare, “la Provincia di Bolzano prevede, a ridosso di siti della rete Natura 2000, nuovi impianti  a Solda (impianto di risalita di 1.310 metri e nuova pista da sci in un’area di 4,47 ettari nel Comune di Stelvio), espressamente vietati dalle Linee Guida condivise. La Regione Lombardia, invece, prevede la realizzazione del collegamento a fune tra gli impianti di Bormio e di Santa Caterina in Valfurva, in un’area fondamentale per la pernice bianca, quando esiste un divieto a livello nazionale e della stessa Regione per interventi di questo tipo localizzati in piena ZPS”. 

Secondo le associazioni ambientaliste, invece, il Parco dovrebbe diventare un laboratorio di eco-sostenibilità e di promozione di tecniche agricole e zootecniche ”a prova di clima” e biologiche, con servizi coordinati di informazione e gestione di flussi turistici differenziati per tipologia di domanda (sci, sentieristica-trekking, naturalistica, termale), potenzialmente della sharing economy nel settore della mobilità, sostegno ad attività imprenditoriali pilota di green e circular economy. “Un Parco che sia più simile ad un soggetto di eccellenza nel campo della tutela della biodiversità e dello sviluppo sostenibile, piuttosto che una Super Pro Loco”. 

Secondo Luigi Casanova, presidente onorario di Mountain wilderness, “è dal 1951 attraverso petizioni e mozioni che la Südtiroler Volkspartei (SVP, il partito autonomista sudtirolese) insiste nel demolire il Parco Nazionale dello Stelvio. Si tratta del più vasto parco delle Alpi, il più ricco di biodiversità dell’intera Europa. Un patrimonio mondiale di cultura, risorse, paesaggio. Ma ha un difetto: per la SVP è il parco imposto dal fascismo, nel 1935, con il preciso intento di italianizzare la montagna sudtirolese - scriveva Casanova nel 2015 su Altreconomia -. Su questo aspetto hanno ragione gli altotesini, ma dal 24 aprile del ’35 sono trascorsi 80 anni e i nazionalismi provocano lacerazioni, conflitti, impediscono sviluppo e dialogo. Per uscire da questo conflitto, fin dal 1971 Italia Nostra e il Club Alpino Iitaliano hanno proposto per lo Stelvio l’istituzione di un parco dell’Europa”. 

“Negli anni ’90 Mountain Wilderness, sostenuta dalla intelligenza e visione di Alexander Langer, rilanciavano la proposta del parco PEACE (Parco dell’Europa Centrale, il parco della pace) per proporre una nuova attenzione verso un’area protetta dimenticata, e per rilanciare, attraverso la difesa della natura e della biodiversità, nuovi contenuti nei rapporti fra Stati, un nuovo modo per superare i confini amministrativi e ritrovare sentieri di pacificazione transfrontaliera” continuava l’articolo di Casanova. Un appello, il suo, che è rimasto inascoltato.