Gesellschaft | colonialismo

Sudtirolesi brava gente?

1500 soldati di lingua tedesca hanno combattuto a fianco dei fascisti durante la campagna d’Africa. Un convegno per fare i conti con l'altra faccia della nostra storia.
Andrea di Michele
Foto: Academia.bz

Da alcuni anni a questa parte, in Italia e in altri paesi del mondo si sta cominciando a fare i conti con un passato coloniale scomodo, prima all’interno di stretti circuiti accademici e ora, gradualmente, anche al centro del dibattito pubblico e mediatico. La colonizzazione italiana dei territori africani durata quasi un secolo fatica ancora ad essere riconosciuta per la propria efferatezza mentre l’Alto Adige Südtirol, che con 1500 soldati di lingua tedesca ha affiancato l’esercito fascista durante la campagna d’Africa ancora non riesce a fare i conti con un certo passato.
Il convegno di questo pomeriggio (24 novembre) “Verso una storia condivisa? Nuove narrazioni sul colonialismo“, organizzato da Libera Università di Bolzano, OEW-Organizzazione per Un Mondo solidale e Centro di Ricerca e Formazione sull’Intercultura, intende riscoprire le tracce di una memoria, anche scomoda, andata perduta e offuscata. Tra gli interventi, anche quello dello storico bolzanino Andrea di Michele.

salto.bz: Professor Di Michele, come è nata questa iniziativa?

Andrea Di Michele: Il convegno di oggi parte dall'esigenza degli organizzatori di parlare dell’esperienza del colonialismo sia a livello nazionale sia a livello locale, canalizzando l'attenzione non solo sulla storiografia in sé, ma indagando anche sugli interventi concreti che hanno riguardato sia il contesto italiano che quello tedesco. Si porterà l'esperienza del quartiere di  Bologna, “resistenze in Cirenaica” e della ridenominazione, pur non ufficiale ma comunque di grande interesse, della toponomastica fortemente improntata sulla missione colonizzatrice. Si parlerà del ruolo dei media nel raccontare e deresponsabilizzare quello che è stato il colonialismo italiano, ancora da molti considerato mite, poco violento che ha portato infrastrutture e civilizzazione. Fortunatamente gli storici da decenni stanno dimostrando il contrario, portando alla luce la violenza estrema esercitata sulle colonie prima dall’Italia liberale e poi da quella fascista, con tanto di campi di concentramento e gas contro i civili. 

In che modo la stampa contribuisce a rafforzare il mito del “colonialismo buono”?

Un esempio che mostrerò durante il convegno è questa vignetta di Frangi apparsa nel 2006 sulla stampa locale in cui veniva disegnato Gheddafi intento a presentare le sue richieste di risarcimento all’Italia per i danni subiti dall’invasione, mentre dall’altra parte si mostra lo stato italiano presentare il conto per tutte le opere e le infrastrutture che sarebbero state fatte dai colonizzatori e di cui ancora oggi starebbero beneficiando i libici. Per fortuna questa narrazione sta cominciando gradualmente ad essere intaccata grazie al lavoro di un certo tipo di storiografia

Questa rappresentazione bonaria e squilibrata del rapporto tra “noi” e “loro” continua a sopravvivere anche oggi

Sì, permane sempre questo senso di superiorità tipico di chi parla da una posizione diversa, che può decidere chi può e vuole aiutare. È sempre una questione di “gentile concessione”, un dare o non dare, quando invece sarebbe importante, al di là della doverosa messa in discussione e autocritica del come ci rappresentiamo, cominciare ad ascoltare anche il loro punto di vista.

C’è una sorta di dissociazione che permane: gli italiani facevano questo, gli italiani usavano il gas sulla popolazione ma in quel contesto, il soldato sudtirolese tedesco era assolutamente confondibile con qualsiasi italiano stesse partecipando alla campagna bellica.

Quanto ha influito il colonialismo su Bolzano? E qual è stato il ruolo dei sudtirolesi di lingua tedesca durante le guerre coloniali?

C’è un’enorme difficoltà sul territorio di raccontare l’offensiva coloniale, di accettare che anche i sudtirolesi di lingua tedesca vi hanno preso parte. In molti casi sopravvive un certo tipo di autorappresentazione, ben spiegata nei racconti di Claus Gatterer, in cui sostanzialmente si dice che i sudtirolesi erano “dalla parte del Negus e dei suoi abissini” perché si sentivano simili a loro, perchè anche loro venivano attaccati e conquistati dagli italiani e per questo l’esperienza era simile. Sono circa 1500 i soldati sudtirolesi di lingua tedesca che hanno preso parte alla colonizzazione dei territori d’Africa ma questa memoria rimane sempre sotto traccia. C’è una sorta di dissociazione che permane: gli italiani facevano questo, gli italiani usavano il gas sulla popolazione ma in quel contesto, il soldato sudtirolese tedesco era assolutamente confondibile con qualsiasi italiano stesse partecipando alla campagna bellica. Sono interessanti e preziose le testimonianze scritte e fotografiche, il modo che avevano nel fotografare e oggettificare i locali, soprattutto le donne anche in questo caso fotografate sempre a seno scoperto, o altre forme di violenza - spesso gratuita - esercitata sui civili. In altre parole, il tipico comportamento che qualsiasi occidentale maschio bianco degli anni ‘30 assume quando va a conquistare territori altrui.

Cosa è successo al ritorno?

Dagli scritti è emersa una certa dose di freddezza nell’accoglienza di questi soldati che hanno fatto ritorno alla fine della guerra, specie se comparata al trattamento che la società sudtirolese riservava, con un’aura di eroicità, agli ex soldati della Wehrmacht dopo il 1945. Anche degli ambienti degli ex combattenti, quando si parla di guerre d’Africa non si fa mai riferimento all’esperienza accanto al fascismo, ma solo ai soldati che hanno combattuto nei corpi africani germanici. 

Eppure la città di Bolzano conserva ancora, architettonicamente parlando, delle tracce di questo passato..

Sì e sono molte, a partire dall'obelisco dedicato ai Caduti delle guerre d’Africa e di Spagna collocato appositamente dietro al monumento alla Vittoria a celebrazione degli sforzi bellici della Prima Guerra Mondiale: il Fascismo ha sempre voluto proporre una soluzione di continuità a quella che è stata la Grande Guerra. Ma troviamo anche altri esempi come la stessa via Locatelli o i bassorilievi sotto il portico che conduce a via Aldo Giuliani; anche queste immagini mostrano un’Italia vittoriosa intenta a conquistare e sottomette gli indigeni d’Africa ma il caso forse più eclatante di queste tracce non è imputabile al Fascismo. Sto parlando di via Amba Alagi, una delle poche a sopravvivere oggi all'interno della toponomastica italian: tutti danno per scontato sia stata istituita durante il Fascismo ma invece risale a diversi anni dopo, in piena Italia repubblicana. Siamo esattamente nel 1953, una richiesta partita dall'esponente missino Mitolo viene votata dal Consiglio comunale e assecondata persino dalla Svp in una fase in cui ci si stava spartendo la toponomastica della città. Ma anche in questo caso ci si scontra con una grande difficoltà nel riconoscere e parlare di questa esperienza.

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a richter Mi., 24.11.2021 - 17:57

Ho un problema con questa visione. Mi pare di nuovo coloniale.
Noi bianchi decidiamo che il colonialismo fu buono noi bianchi decidiamo che il colonialismo fu un male estremo.
Penso che il colonialismo va letto in una maniera molto piu complessa. Si fu terribile: madamismo, sfruttamento, gas nervini,
Ha lasciato anche la forma di stato e le possibilita (non sempre sfruttate) di crescita che questo offre, ha significato la fine dello schiavismo anche se in tanti stati e stato reintrodotto (penso qua all’Eritrea) e ha rappresentato un periodo di relativa pace se poi confrontato ai macelli, genocidi, guerre interminabili con milioni di morti del immediato periodo postcoloniale.
Non si sentono le voci dell’africa eppure abbiamo tanti immigrati dal continente africano da noi.

Una riflessione. non sono anche loro in fondo parte di questa storia che ci unisce.

Si concordo: e ora di scrivere una storia condivisa

Mi., 24.11.2021 - 17:57 Permalink
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Julian Kofler Do., 25.11.2021 - 18:23

La colpa dell'invasione dell'etiopia è esclusivamente Italiana e non può in nessuno modo essere imputata al Sudtirolo. I pochi soldati sudtirolesi furono obbligati a combattere per un regime fascista che li opprimeva e per una nazione straniera.

Il titolo è completamente fuorviante. Nessun politico sudtirolese ha mai sostenuto l'idea di invadere terre straniere, come invece fecero politici italiani e tedeschi durante i loro fascismi.

Do., 25.11.2021 - 18:23 Permalink