Kultur | Salto weekend

Carosello, spiaggia e saltimbanchi

Esposti alcuni scatti di Erich Dapunt di un suo viaggio compiuto nella Francia del sud al Palais Mamming di Merano, organizza Kunsthalle West
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Foto: Erich Dapunt3

Dieci fotografie in formato 70 x 50 cm appese alle pareti di due stanze al terzo piano del Palais Mamming, il museo civico di Merano, dieci scatti a colori e in bianco e nero che mostrano situazioni colte in strade o piazze o altri luoghi in cui convivono tracce di vita umana e della natura. Raccolte sotto il titolo Repos animé, ossia “riposo animato”, sono esposte fino al 29 giugno e visitabili negli orari del museo. Autore di queste foto è Erich Dapunt, classe 1961, che vive e lavora a Bolzano, come libero professionista e insegna presso la Scuola professionale di grafica, dopo aver fatto pratica per anni anche all’estero nei campi architettura, ritrattistica e pubblicità.


Nella prima stanza ci accoglie sulla destra una serie di tre vedute di una giostra per bambini denominata “La Belle Epoque” che nelle diverse prospettive sembra animarsi, di immagine in immagine, nonostante una delle tre sia persino in bianco e nero: è lo sguardo intenso volto verso alcuni dettagli che ci cattura? La fotografia ti ruba l’anima, pensarono gli indigeni quando videro per la prima volta un obiettivo puntato verso di loro, ma forse non “ruba” l’anima quanto la fa poi scaturire da quelle forme che ci vengono incontro nell’osservare le singole inquadrature che rimandano a porzioni di realtà esistite là davanti, in un altro momento e in un altro spazio. Testimoni al contempo di un tempo e di uno spazio che fu, i tre scatti rappresentano scene di vita dove genitori o nonni portano i piccoli a fare un giro per pochi minuti su un cavallino o altro.

Tra fotografia di architettura e di strada vi è una simbiosi capace di immortalare lo spirito del tempo
(Alessandro Romanini)

Sulla parete in fondo della prima stanza troneggia un formato gigante in bianco e nero dalla composizione astratta di volumi e linee che a ben guardare corrispondono a sedie pieghevoli sbattute dal vento sopra una piattaforma posta sul retro di una insegna luminosa che recita “Beau Rivage”. Non c’è anima viva, qui, ci viene comunicato infatti abbandono, bufera, orizzonte marino infinito. Mentre, volgendo lo sguardo verso la parete a sinistra, saltimbanchi in cartongesso si stagliano allegri contro un cielo blu acciaio, e che ripresi dal basso in diagonale scompigliano la visione offrendo inoltre uno dei due un “clash” col sole. Come? Dapunt ha beccato esattamente l’angolo in cui il corpus del saltimbanco copre il disco di fuoco che a sua volta avrebbe reso invisibile l’intero insieme in totale controluce ampliandone, al contrario, i raggi dietro, come se fosse in procinto di esplodere.

Entrando nella seconda stanza colpiscono da subito i tre scatti marini, posti uno accanto all’altro, e che di primo acchito sembrano formare una spiaggia unica, cioè un unico scatto suddiviso in tre parti. Invece no, essi si distinguono per diverse visuali benché il ciottolato della spiaggia sia sempre lo stesso così come il colore del mare, segni che rimandano davvero a un’unica spiaggia. È quella diversa prospettiva che soffia dentro la vita laddove è difficile crearla. La fotografia numero uno a sinistra appare come un dipinto realista, esprimendo una calma statica con mare piatto e tanti bagnanti stesi sui loro teli, alcuni protetti da ombrelloni variopinti. La numero due posta al centro sembra un freeze restituendo quel tipico movimento originariamente presente davanti a una macchina fotografica: la visuale leggermente spostata in diagonale lascia intravvedere diverse persone in azione, un uomo che corre in acqua sollevando spruzzi d’acqua, un balloon che si sta per innalzare nell’aria per i fili trascinati da una coppia contrassegnata dai passi compiuti in avanti, una donna cammina tra un telo e l’altro, ecc. La terza e ultima di questa triade mostra nuovamente un punto di vista statico, dall’alto: un altro tratto di quella stessa spiaggia o semplicemente lo  smascheramento di alcuni interventi umani, come pannelli in legno e altri di piante finte, per separare spazi attrezzati da spazi più selvaggi?


La parete di fronte ospita tre vedute di architetture urbane, quasi del tutto prive di presenze umane, di nuovo due a colori e una in bianco e nero. Nella prima, a colori, il moderno si pone versus il vecchio sgangherato dal cui insieme le linee di un palazzo in cemento bianco e in vetro si ergono verso il cielo bluette. Spuntano come una figura appariscente dietro una serie di facciate piatte, dichiaratamente appartenenti a edifici industriali insignificanti. La foto mediana coglie in un quasi accecante bianco e nero serbante in sé tutte le sfumature di grigio le silhouette di quattro torri snelle slanciate verso le nubi in alto, mentre in primo piano lo sguardo cade su un pontile in disuso con la staccionata rotta in più punti. Chiude questa serie un’altra immagine a colori di uno squarcio urbano situabile in una qualsiasi periferia di città se non ci fossero i tanti cartelli e la segnaletica che rivela di trovarsi in Francia. Qui le tracce ben visibili di una scala come fatta di mattoni sulla facciata di una casa indica l’abbattimento di un’altra, lasciando un vuoto come la presenza umana astratta in un deserto animato unicamente dai segni del passaggio, la cartellonistica, appunto, che appone gli unici colori - oltre alla protezione in plastica dura del cantiere – in una foto contenuta in colori dai toni sbiaditi, quasi un bianco e nero. Persino l’uomo che, incuriosito, si appoggia all’entrata del cancello è fedele all’impostazione della foto: capelli neri e carnagione scura, veste una maglietta nera, pantaloncini bianchi e scarpe nere.


“Tra fotografia di architettura e di strada vi è una simbiosi capace di immortalare lo spirito del tempo”, si legge nella breve descrizione di Alessandro Romanini della mostra curata da Sara Salute, collaboratrice da un paio d’anni della Kunsthalle West di Lana, collettivo artistico che da un lasso di tempo analogo in quei due spazi all’ultimo piano del Mamming allestisce mostre intriganti sul contemporaneo con artisti locali e non.