Politik | Autonomia

Quando il Dolomiten strigliò Magnago

Il 30 settembre di 60 anni fa nell'Svp nasceva la corrente Aufbau guidata da Toni Ebner e Roland Riz. Il gruppo costrinse "Silvius" ad ammorbidire la linea.
Silvius Magnago
Foto: Othmar Seehauser

Oggi è conosciuto per le posizioni fieramente conservatrici ma c’è stato un tempo in cui il quotidiano Dolomiten si faceva portavoce del Sudtirolo “progressista”e contemporaneamente, nella SVP, il confronto avveniva pubblicamente e non solo, come avviene ormai da decenni, nella grande sala al primo piano di via Brennero. Il salto da fare all'indietro per tornare a quel momento è esattamente di 60 anni.

Corre l’anno 1961. Da 4 anni Silvius Magnago non fa che ripetere lo slogan più efficace della storia autonomista: los von Trient.  Il "capoluogo regionale" per l’SVP è ancora una sorta di Roma a 50 km di distanza, con la destra Dc che non è ideologicamente troppo lontana dal MSI e in Consiglio detta legge senza cedere di un millimetro. La tensione è costantemente molto alta. Il 12 di giugno gli uomini del BAS con la Notte dei fuochi danno il via a un tentativo di insurrezione e di lotta di liberazione in stile algerino che spaventa l’Italia, allerta il mondo, ma non decolla, restando negli anni “semplicemente” terrorismo. Nella Svp Magnago si pronuncia contro l’uso della violenza ma resta su posizioni molto rigide. Per alcuni dei suoi, troppo rigide.  

Le cronologie storiche non lo ricordano ma in questo contesto il 19 agosto 1961 nasce un partito di lingua tedesca denominato Südtiroler Dableiber Partei (SDP) in piena contestazione con la SVP e la sua dirigenza, “contro l’irredentismo, il terrorismo e la politica di separazione”. Un partito che non va molto lontano, “che tuttavia – osservano Mauro Marcantoni e Giorgio Postal nell’interessante volume “Il Pacchetto, dalla Commissione dei 19 al secondo Statuto”- Museo storico di Trento) rappresenta un segnale indubitabile di insofferenza di una parte del mondo produttivo”. E’ un’estate turbolenta nel “partito unico” (così lo chiama l’Alto Adige). I falchi, fra cui viene annoverato lo stesso Magnago, vengono continuamente accusati di insufficiente flessibilità nel conflitto con il Governo italiano e di eccessiva ostilità nei confronti del settore industriale (che fu proprio il bersaglio principale dei terroristi della prima ora) e causa primaria della arretratezza economica della Provincia.

Il primo settembre 1961 il Consiglio dei ministri italiano insedia la Commissione dei 19, a cui viene attribuito il compito di studiare la questione altoatesina sotto tutti i punti di vista e di presentare delle proposte al Governo per la stesura dell’attesissimo secondo Statuto. E’ composta da sette sudtirolesi, un ladino e undici italiani. Pubblicamente l’atteggiamento di Magnago non cambia molto ed è costantemente sotto tiro del quotidiano in lingua italiana e dei politici romani.

Il 30 settembre l’insofferenza delle colombe SVP si materializza in un manifesto che appare sulle colonne del Dolomiten sottoscritto dai vertici di una nuova corrente denominata Aufbau, termine che all’epoca veniva tradotto alternativamente con “ricostruzione” o “progresso”. La sostenevano numerosi personaggi di area moderata e cattolica: spiccavano – ricordano Marcantoni e Postal -  le firme di Toni Ebner, parlamentare e direttore del giornale stesso, e di altri parlamentari come Karl von Braitenberg e Roland Riz, oltre a Erich Amonn, Walter von Walther, Alois Pupp e a una settantina di sindaci, esponenti del Bauernbund e delle ACLI tedesche, dirigenti della SVP, imprenditori e uomini di cultura. Si trattava, cioè, di una vera e propria corrente di opposizione alla dirigenza raccolta intorno a Silvius Magnago.

 

Una classe dirigente quella dell’Svp dell’epoca che, per dirla con Claus Gatterer (ripreso sempre nel volume di  Marcantoni e Postal) “non aveva un personale passato democratico alle spalle e non aveva esperienza parlamentare. Era stata spiritualmente e politicamente plasmata dal fascismo e dal nazismo. Conosceva gli eventi di ieri solo secondo la prospettiva distorcente offerta dalla storiografia nazionalista di entrambe le parti”. Persone il cui stile “corrispondeva all’educazione che era stata loro impartita nelle scuole naziste e fasciste. Queste scuole che avevano trasmesso loro una spaventosa povertà di patrimonio concettuale, la tendenza alla pericolosa semplificazione anche nelle questioni riguardanti il proprio gruppo etnico”.

L’Alto Adige, allora unico mezzo di informazione di riferimento per il gruppo di lingua italiana, nell’edizione del primo ottobre assegna alla notizia il titolo di apertura. “Alzata di scudi nella Volkspartei contro il monopolio degli oltranzisti”. II Dolomiten, riferisce il giornale, presenta la notizia col seguente titolo “Uomini pronti per l'azione - Nuovo programma ricostruttivo in seno alla SVP - 70 sindaci e vice sindaci e 100 rappresentanti di enti o categorie vi hanno aderito”. Il quotidiano in lingua italiana mette quindi uno dopo l’altro tutti i 170 nomi di persone che hanno siglato il manifesto.

 

I firmatari, si legge nel manifesto, “si sono convinti dell'urgente necessità di prendere posizione in mento alla situazione generale nel Sudtirolo, di esporre le linee fondamentali del loro pensiero e di indicare la strada che essi ritengono indispensabile percorrere, onde assicurare la conservazione ed il benessere del gruppo etnico. La corrente Progresso "intende far valere i propri fini politici all'interno dalla SVP. Chiede pertanto di essere adeguatamente rappresentata in tutti i competenti organi di partito”.

Gli estensori del documento dicono che negli ultimi anni nel partito “è cresciuta l’influenza di gruppi estremisti che vogliono deviare dalla politica originaria dell’Svp e non sono disposti a svolgere una politica costruttiva”. Viene poi espressa preoccupazione per lo scarso sviluppo industriale e si riconosce che nel gruppo italiano vi sono persone pronte al dialogo. Aufbau ritiene che il gruppo tedesco  debba “sempre difendere i propri diritti ma occorra riconoscere i doveri verso lo Stato Italiano e mirare ad una pacifica convivenza dei gruppi etnici della provincia”. La corrente si professa poi europeista e anti-nazionalista (e nel 1961 voleva dire vedere molto in là), invita a puntare sulla formazione dei giovani, al rinnovamento spirituale. Insomma, un vero manifesto progressista. Leggendo le cronache dei giorni successivi si capisce Magnago la prende male, non si aspettava di essere attaccato pubblicamente dal "giornale della minoranza", dalla maggioranza dei sindaci, dalla gran parte dei nomi che contavano nell’economia. Insomma, l’uomo forte, il falco, si trova alle corde ed è quindi costretto a cambiare rotta e toni.

Nel volgere di poche settimane dall’inizio dei lavori della Commissione dei 19, il clima complessivo della Commissione subisce un miglioramento e un certo merito va ascritto senza dubbio alle "colombe" Svp. A livello locale le redini della Dc vengono prese dalla sinistra berloffiana che fa capo direttamente ad Aldo Moro. Nel giro di pochi anni, nonostante la pioggia di bombe a regia neonazista, viene scritto il grosso secondo Statuto che viene poi approvato all’interno della riforma costituzionale del 1972. Un piccolo posto, magari un sassolino, nella piazza davanti a Palazzo Widmann, accanto al padre della patria, Silvius Magnago, lo meriterebbero forse anche i protagonisti di Aufbau.