Kultur | SALTO WEEKEND

Il crepuscolo dell'imbonitore

Più convincente della prima parte, “Loro 2” racconta un Berlusconi non più in grado di realizzare i suoi sogni.
cristo_loro.jpg
Foto: Foto: Salto.bz

Loro 2 ha più ritmo, migliori dialoghi e risulta insomma più rotondo, quindi più godibile di Loro 1. Un'amica mi ha chiesto se anche nella seconda parte ci sono i “famosi tempi morti di Sorrentino, con gli animali, i fenicotteri, le giraffe, i rinoceronti, le suore ecc...” che c'erano negli altri suoi film. Ma in effetti, a parte l'assidua presenza del cane Dudù (ma perché non l'ha chiamato Alfredo o Gennaro?) in braccio al premier, quasi una resurrezione della pecora schiantata dall'aria condizionata all'inizio di Loro 1, qui il focus sul personaggio non viene sottoposto a scosse significative, se si eccettuano quelle telluriche che hanno flagellato la città de L'Aquila (davvero impressionanti le scene).

Il tema crepuscolare, la fine del matrimonio tra Silvio e Veronica giunge a compimento in una sequenza che è anche il confronto indecidibile tra posizioni non più convergenti (“perché te ne sei accorta solo ora, Veronica...?”), un dissidio drammatico tra Weltanschauungen, eppure più vicine tra loro di quanto possa sembrare (i soldi e la politica di merda che fa girare il mondo, da un lato, la fuffa cultural-spirituale che ci alita sopra disprezzo, dall'altro). Il circo delle veline riassume in modo coreografico la parabola del venditore-imbonitore che ci prova un'ultima volta, un'ultima grandiosa volta. “Scusi, chi è lei, perché lei sa tutto di me?”, chiede smarrita la signora sorpresa come Costantino nella sua tenda dipinto da Piero. “Io conosco il copione della vita”, fa l'imbonitore, implacabile, rifilandole “il sogno” di un nuovo appartamento da costruire nei paraggi, in una delle tante Milano 2, Bari 2, Pescara 2, Vigevano 3, Terni 11 che entrano ed escono dai cataloghi patinati degli immobiliaristi con l'outfit studiato a tavolino. Naturalmente continua la fitta trama delle citazioni (disfatte e ricostruite come fondali), il grande cristo felliniano che viene appoggiato lentamente e solennemente sulle macerie della Repubblica.

Si chiama Stella, uno dei personaggi chiave del film. Collega esplicitamente le due parti, giacché era la ragazza che doveva scegliere quale asciugamano sollevare dal depositario del vero potere (Dio) per compiere la sua veloce marchetta. E lei toglie quello “più pulito”, lasciando la faccia coperta. Stella, l'unica che non si diverte alle feste del Drago, che poi sono anche noiosissime sedute di barzellette e canzoni napoletane (“La differenza tra cristianesimo e comunismo? Il primo predica la povertà, il secondo la realizza”), e che quando riceve le sue attenzioni più esplicite gli dice che ha l'alito di suo nonno, né buono né maleodorante, ma solo quello di un vecchio. Neppure la delusione di essere messo, per una volta, davanti alla verità che non si può negare, cambia l'umore e la maschera e quindi il copione che non è già più “della vita”, ma della farsa. Un credibile Confalonieri interroga Berlusconi: “Silvio, ma te che ti aspettavi, di poter essere l'uomo più ricco del Paese, di fare il premier e che tutti ti amassero alla follia?” E lui, con l'accento milanese di sempre, risponde: “Sì, io mi aspettavo proprio questo...”. Ed è stata tale aspettativa, forse, la vera tragedia: sua e di chi ci ha creduto.

Con un po' più di coraggio Sorrentino avrebbe però potuto rinunciare a cercare proprio in Silvio Berlusconi, l'uomo, il soggetto del suo film su “Berlusconi”, cioè, ancora una volta, sull'Italia laida e farlocca. Con un po' più di coraggio si sarebbero potuti saldare i due spezzoni di “Loro” in qualcosa di ancora più estremo e “visionario”. Certo, nel complesso il film è bello, a tratti anche molto bello (la fine), ma ha la forma di un taccuino disordinato, sfogliando il quale lo spettatore resta lì a chiedersi se ci saranno ancora sviluppi futuri (possibilmente non un “Loro 3” o una “Grande Bellezza 2”). Da un regista che usa così bene la macchina da presa – e ciò resta innegabile – pretendiamo almeno un altro, spiazzante, capolavoro.