Wirtschaft | Il caso

Solland, una flebile speranza

60 giorni di cassa integrazione per i 97 lavoratori. Forse c’è un acquirente. Parrichini (Cgil): “Tentare il tutto per tutto prima di pensare alla bonifica”.

Una storia infausta inabissata dentro false promesse e ripetuti fiaschi quella della Solland Silicon di Sinigo e dei suoi lavoratori, novelli Sisifo che ancora attendono di poter trovare la scorciatoia di un miracolo che non c’è mai stato. Dopo l’annuncio della decisione, da parte della giunta provinciale, di procedere allo spegnimento dell’impianto dato che anche la terza asta fallimentare per l’acquisto dello stabilimento produttore di triclorosilano di grado elettronico è andata deserta, ora sembrerebbe profilarsi all’orizzonte l’ennesima, presunta via di salvezza. Le statistiche di successo, tuttavia, fino a questo momento sono state feroci.

Eppure, dalla riunione di ieri a cui hanno partecipato organizzazioni sindacali e Provincia - il governatore Arno Kompatscher, il quale ha voluto dimostrare la propria “vicinanza ai lavoratori”, l’assessora Martha Stocker e il direttore della Ripartizione lavoro Helmuth Sinn -, è emerso che un potenziale acquirente avrebbe mostrato il suo interesse per la Solland. Motivo per cui la Provincia, fino a che il quadro sarà più chiaro, chiederà all'INPS la proroga della cassa integrazione per i prossimi 60 giorni per i 97 dipendenti. Con cauto ottimismo il sindacalista della Cgil Stefano Parrichini dichiara: “L’incontro è andato meglio del previsto, la prospettiva di questo eventuale acquirente lascia ben sperare. Del resto era impensabile credere che qualcuno, a fronte di un impianto che valeva 30 milioni di euro, base della prima asta, non si sarebbe fatto avanti per rilevarlo a una cifra ora nettamente minore”.

Ma se l’interessato - la cui identità è ancora sconosciuta (“bocche cucite” in merito, sottolinea Parrichini) - dovesse alla fine dare forfait e non si presentasse nessuna altra offerta cosa succederà? Semplice, almeno sulla carta: occorrerà smantellare l’impianto (tempo stimato: un paio d’anni) e asportare le sostanze chimiche presenti, secondo le direttive del decreto Ronchi sullo smaltimento dei rifiuti speciali. Una volta svuotati i silos ed eliminato il prodotto in questione, si procederà con lo smantellamento vero e proprio e a quel punto bisognerà capire quante persone serviranno allo scopo.

Attualmente ci sono 70 operai - di cui una decina che lavorano a rotazione - impiegate per garantire la sicurezza dell’impianto, 22 persone sono in cassa integrazione a zero ore. “Se fra 60 giorni non si dovesse riuscire a trovare un acquirente per queste 22 persone si dovrà aprire una procedura di licenziamento collettivo, mentre gli altri potrebbero essere occupati per smantellare la struttura”, spiega il rappresentante sindacale. Dopodiché la zona andrà bonificata, che tradotto significa dover scavare nel sottosuolo, in profondità, per evitare che inquinanti chimici possano intaccare le falde acquifere.

Il sindaco di Merano Paul Rösch opta direttamente per la bonifica così da poter successivamente instaurare una nuova zona produttiva. “Ho subìto recentemente anche duri attacchi da parte della SVP perché ho voluto chiarire fin da principio la mia posizione personale in merito alla questione Solland”, dice il primo cittadino aggiungendo che “serve un progetto di più ampio respiro e a lunga scadenza in grado di garantire alla popolazione posti di lavoro sicuri. L'obiettivo dev’essere quello di attrarre imprese innovative e solide la cui attività sia più compatibile con le caratteristiche della città di Merano”. Piccolo particolare: la bonifica, che peraltro richiederebbe diversi anni per essere compiuta, costerebbe 100 milioni di euro. Chi metterà sul piatto questi denari?

La Provincia, va ricordato, non è la proprietaria dell’impianto ed è unicamente responsabile per quanto riguarda la sicurezza e la tutela della salute di lavoratori e residenti. L’ormai ex titolare, l’imprenditore irpino Massimo Pugliese, se l’è data a gambe. E dunque? “Se si arriverà alla chiusura e quindi alla bonifica - sostiene Parrichini - sul fattore economico ci sarà un rimpallo di responsabilità fra Provincia e Comune, mentre una ripartenza dell'impianto vorrebbe dire mantenere quasi 100 posti di lavoro, è ovvio che come sindacato puntiamo alla piena occupazione dei dipendenti. Quanto prima ci incontreremo con il curatore fallimentare per presentare la domanda di cassa integrazione che andrà fatta con accordo sindacale. Auspichiamo che la situazione possa risolversi per il meglio, entro un paio di mesi sapremo se il destino della Solland potrà essere ribaltato”. 

 

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Dietmar Holzner Do., 27.07.2017 - 09:24

Liebe Gewerkschafter, wie um alles in der Welt kann man nur so naiv und sturschädlig sein und hoffen, dass dieses Ungetüm jemand kauft? Anstatt froh zu sein, dass es niemand kauft, damit endlich was Sinnvolles und Nachhaltigeres draus gemacht werden kann. Ich versteh's einfach nicht...

Do., 27.07.2017 - 09:24 Permalink