Wirtschaft | Effetto pandemia

L’impatto del lockdown “autonomo”

Alto Adige, i numeri della “via altoatesina” alle chiusure. Lontani dal blocco di un anno fa, “ma tante aziende sono stremate dalla crisi”. I dati Ire per salto.bz:
FFP2
Foto: Pixabay

Oltre tremila imprese bloccate in tutta la provincia per quasi novemila addetti. A cui si aggiungono le attività colpite nei Comuni “super-rossi”, circa 2.500 per 6.300 e più dipendenti. Così si quantificano le ulteriori restrizioni rispetto alla zona arancione nazionale applicate dalle ultime ordinanze provinciali in Alto Adige, territorio la cui “via autonomistica” alla pandemia è finita nel mirino della Corte costituzionale (nel caso della Valle d’Aosta, ma il discorso è estensivo). Riguardo all’impatto sul tessuto economico locale, anche se le misure attuali sono meno drastiche rispetto al lockdown generalizzato di marzo 2020, “bisogna considerare la condizione critica in cui versano molte aziende sudtirolesi, già indebolite da una crisi economica senza precedenti”. Così nota Nicola Riz, esperto dell’Istituto di ricerca economica della camera di commercio di Bolzano che ha fornito i dati a salto.bz. Per la Provincia impegnata a preparare il secondo pacchetto di aiuti sono elementi da soppesare attentamente.

 

Il lockdown locale e le polemiche

 

Nel territorio altoatesino nel suo complesso vale attualmente l’ordinanza numero 10, che proroga fino a domenica 14 marzo 2021, con alcune modifiche, l’ordinanza numero 8 del 18 febbraio. Gli effetti sulle attività si concentrano su commercio e servizi alla persona, mentre per i Comuni “ultra-rossi” vale l’ordinanza numero 9, che tocca anche le attività produttive e commercio all’ingrosso: naturalmente con eccezioni, ad esempio le filiere essenziali, l’alimentare, le produzioni sanitarie, le costruzioni e le infrastrutture di valenza provinciale.

Nelle ultime settimane le decisioni del governo provinciale erano state oggetto di polemiche per la scelta di discostarsi dalle classificazioni nazionali (ora vale la zona arancione, anche in Trentino). La riapertura delle scuole in presenza dopo l’Epifania a gennaio, il successivo aumento dei contagi complice il dilagare delle varianti, infine la necessità di ripristinare il lockdown, prima morbido e poi accentuato. Con l’individuazione di ulteriori zone “super-rosse” nei Comuni di Merano, San Pancrazio, Malles Venosta, Lana, Rifiano, Moso, San Martino, Caines, San Leonardo in Passiria e da oggi (1 marzo) anche nei Comuni di Parcines, Tirolo e Silandro (fino a domenica 7 marzo), causa variante sudafricana. Queste le tappe recenti della “via altoatesina”, com’è stato definito l’esercizio dell’autonomia in fatto di pandemia. Gestione che però oltre a finire bersaglio delle critiche, locali e non, è passibile della censura della Consulta, intervenuta sulla legge regionale valdostana (a Bolzano vale quella sulla riapertura del maggio 2020).

Altro aspetto critico quello dei ristori. Il tema è noto: gli aiuti statali valgono per le imprese chiuse in base alle norme nazionali, ma se la Provincia di Bolzano decide un’ulteriore stretta non è automatico che da Roma arrivino soldi per le attività colpite “in più”. Un tema considerato nelle trattative con il nuovo governo Draghi, che però nel frattempo ha impugnato le leggi provinciali di bilancio e di stabilità con la prima tranche di aiuti locali.

Da tutti questi rilievi si è difeso Arno Kompatscher, che ha difeso l’operato dell’amministrazione e ha annunciato il secondo pacchetto di aiuti locali, una piccola manovra da 500 milioni per famiglie e imprese.

 

 

Quali numeri dalle norme provinciali?

 

L’interrogativo riguarda le cifre dell’impatto delle recenti disposizioni provinciali in più rispetto a quanto prevede la zona arancione. L’Istituto di ricerca economica della camera di commercio attraverso Nicola Riz ha fornito un’analisi condotta sui dati del Registro delle imprese (Stockview). In pratica il confronto tra le misure restrittive dell’ordinanza 8 con quelle vigenti nella zona arancione nel resto d’Italia.

  • Per l’intera provincia, le ulteriori restrizioni che colpiscono parte del commercio al dettaglio, molti servizi alla persona e le attività sportive impattano su 3.363 unità locali di imprese attive sul territorio provinciale e 8.610 addetti.
  • Nei comuni oggetto di particolari restrizioni, identificati dalle ordinanze 8 e 9/2021, le ulteriori misure restrittive alle attività ritenute non essenziali colpiscono ulteriori 2.510 unità locali attive in quei Comuni, con 6.396 dipendenti.

Ci sono poi due considerazioni da fare. Le stime non tengono conto caso per caso di tutte le eccezioni e deroghe per le filiere essenziali, dunque tendono a sovrastimare gli effetti nei Comuni rossi. Secondo, le stesse stime sono state fatte non considerando eventuali ulteriori impatti sul settore dell’alloggio e della ristorazione. Per quanto riguarda il settore dell’alloggio, L’Ire assume che fosse già ridotto all’inattività pressoché completa, “pertanto non si evidenzierebbe alcun impatto aggiuntivo delle misure”. Il discorso si fa più articolato considerando il settore della ristorazione. In questo caso, infatti, non è possibile stimare quante imprese abbiano potuto organizzare servizi di consegne a domicilio o da asporto, motivo per cui sono anch’essi sono stati esclusi dall’analisi. Anche in zona arancione gli esercizi della ristorazione possono comunque rimanere aperti solo a pranzo per l’asporto.

La maggiore differenza in Alto Adige riguarda invece i bar, cui è stata proibita anche la vendita d’asporto. In tutta la Provincia ci sono 1.524 unità locali di imprese attive con l’ATECO 56.3 (Bar e altri esercizi simili senza cucina), con 4.328 addetti. Un settore di tutto rispetto di fatto bloccato.

 

La tenuta dell’economia

 

L’Ire a metà marzo uscirà con i dati che sta raccogliendo sui fatturati delle imprese. Si potrà quantificare il costo della pandemia e delle restrizioni sull’intera economia provinciale. In attesa del report, c’è un ulteriore considerazione da fare sulla situazione in corso a un anno dall’emergere del coronavirus. Tutti ricordano il lockdown generalizzato da marzo a fine aprile-inizio di maggio 2020. Il Dpcm del 22 marzo 2020 aveva decretato la chiusura in Alto Adige di poco meno di 30.000 unità locali di imprese attive per oltre 98.700 addetti, su un totale rispettivamente di 67.388 aziende e 235.724 lavoratori. Praticamente un taglio della metà di tutta l’economia altoatesina.

Siamo lontani dai numeri del lockdown del 2020, ma queste misure colpiscono imprese già  indebolite da una crisi economica senza precedenti (Nicola Riz, Ire)

Sicuramente, nota l’Ire, si può affermare che le misure attualmente in vigore per l’intera provincia di Bolzano sono ancora lontane dal lockdown dello scorso marzo (in quanto limitano le attività solo del commercio al dettaglio, dello sport e dei servizi alla persona, oltre che della ristorazione), mentre le restrizioni in vigore nei comuni ci si avvicinano già di più, pur prevedendo però numerose deroghe specificate nell’ordinanza numero 8 del 2021.

Ma c’è il pregresso da valutare. “Nonostante le misure restrittive attivate in questa seconda fase dell’epidemia appaiano meno drastiche rispetto al lockdown della scorsa primavera - afferma Nicola Riz -, occorre tenere conto della condizione critica in cui versano attualmente molte imprese altoatesine. A un anno dallo scoppio della pandemia, infatti, queste misure colpiscono imprese già indebolite da una crisi economica senza precedenti”. Alla Provincia le valutazioni.

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Salto User
simon tinkhauser Mo., 01.03.2021 - 07:24

Leider kann jede/r Unternehmer/in in dieser Phase nur auf sich selbst bauen. Wer jetzt auf irgendwelche Hilfen angewiesen sein sollte, hat schon verloren.
Außer der Möglichkeit sich zu verschulden, wurde noch nichts Greifbares präsentiert.
Das Verständnis für die täglichen Probleme der Unternehmer/innen der von den dauernden lockdowns direkt betroffenen Sektoren und deren Mitarbeiter/innen fehlt leider völlig.
Die Realität ist leider, dass die Belegung von 40-100 (man weiß es ja nicht genau) Intensivbetten der einzige Parameter ist, von dem die Existenz 1000er Unternehmen und deren Beschäftigten abhängt.
Traurig, aber wahr.

Mo., 01.03.2021 - 07:24 Permalink