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“Era il nostro sogno, e lo sarà ancora”

La perdita del marito, la quarantena e il nuovo laboratorio a Bolzano, tra abiti reinventati e mascherine. La sarta Delia Masi: “Vado avanti, lo devo a Patrizio e a me”.
Delia Masi
Foto: Salto.bz

La storia di Delia Masi l’avevamo raccontata su salto.bz qualche anno fa. Giovane sarta e imprenditrice originaria di Avigliano, in Basilicata, si era trasferita per amore in Alto Adige, a Cornaiano e, mettendo le proprie forze al servizio delle proprie idee, aveva aperto un negozio, il Fingerhut, nel quartiere di Gries a Bolzano, votandosi a una filosofia ben precisa: riciclare abiti in disuso dando loro nuova vita. L’idea funziona, l’attività ingrana, i clienti arrivano e restano, finché una improvvisa tragedia famigliare e successivamente il lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19 non spostano il punto di fuga. “Il primo pensiero è stato quello di chiudere per sempre il negozio”, ammette Delia, “ma ne valeva davvero la pena dopo tanti sacrifici?”.

 

Quando tutto è cambiato

 

Lo scorso settembre il marito di Delia, Patrizio Campone, insegnante di sostegno e già presidente di Amici Trentini, un’associazione che si occupa di cooperazione e adozioni internazionali, perde la vita in un incidente stradale a Bolzano. In sella alla sua moto si scontra con un’auto in via Castel Firmiano. “Ci eravamo sposati a marzo, a giugno è nato il nostro primo figlio e a settembre Patrizio se n’è andato. L’impulso iniziale è stato quello di tornarmene ad Avigliano, ma è la memoria che mi tiene legata all’Alto Adige, in questo posto ho tutti i miei ricordi con Patrizio, che al mio sogno di imprenditrice ci credeva quasi più di me. Per questo ho scelto di rimanere, glielo devo, e in più è la mia rivalsa, voglio dimostrare a me stessa che posso farcela”.

 

La decisione ha a che fare anche con l’esigenza di togliersi di dosso un’etichetta: “Non voglio che le persone mi vedano come la povera vedova da compatire, Patrizio era il compagno di vita ideale, insieme abbiamo sempre fatto quello che volevamo fare e che ci rendeva felici, per questo se guardo indietro non ho rimpianti, abbiamo vissuto appieno per 5 anni. La spontaneità ci ha sempre caratterizzato, ricordo che vivevo a Bologna e avevo un contratto a tempo indeterminato in una sartoria, ma mollai tutto per venire a vivere con lui fra le montagne dopo 7 mesi che ci conoscevamo”. Ed è in Alto Adige che Delia vuole continuare a crescere suo figlio, “perché anche se non potrà conoscere il padre ne apprenderà la cultura legata a questa terra bilingue, saprà quali sono le sue radici”.

 

La doppia ripartenza

 

Allo spaesamento della sofferenza Delia contrappone una determinazione granitica e dopo due settimane dalla morte del marito si rituffa a capofitto nel lavoro. Passano i mesi e arriva la “palla curva” della quarantena. L’affitto a Gries diventa quindi troppo da pagare, serve un locale più accessibile economicamente, anche se di dimensioni più ridotte. Poco dopo la fine dell’isolamento domestico e il via libera ai negozi il nuovo capitolo si apre in via Streiter, 10. Le commissioni non mancano, l’entusiasmo nemmeno, “dovevo rimettermi in sesto, un’altra volta”. E così succede.
Nel laboratorio in centro, ancora in divenire, con il suo febbrile battere e levare la macchina da cucire in azione scandisce il ritmo di lavoro. Tutt’intorno manichini, vestiti appesi, stoffe fantasiose e rocchetti di filo multicolori. Su un tavolo una lunga fila di mascherine.

 

 

“Me le avevano chieste in tanti, all’inizio ero scettica, le faranno già molte ditte, mi sono detta, e poi guadagnare da una situazione così grave dal punto di vista sanitario mi faceva sentire a disagio. Le richieste però continuavano ad arrivare, anche da altre zone d’Italia e perfino da Londra, e constatando l’effettiva necessità delle mascherine mi sono convinta, ma le avrei fatte a modo mio, colorate, riciclando camicie o t-shirt, o ancora utilizzando vivaci tessuti di cotone africano”, spiega Delia. Dalle grandi aziende alla micro-imprenditorialità la riconversione della produzione ai tempi del Covid è del resto una necessità conclamata per far quadrare quanto più possibile i conti. E dopo, quando questa difficile fase sarà finita? “Vivo un giorno alla volta, se c’è una cosa che ho imparato a mie spese - dice Delia sorridendo - è che fare programmi proprio non mi conviene”.