Kultur | La memoria

"Sarà una guerra contro l'Italia"

Alla proclamazione della necessità della guerra e dell'unione di tutti gli italiani in difesa della patria, una sola voce ebbe il coraggio di opporsi. Quella di Filippo Turati.

Giovedì 20 maggio 1915: la Camera dei Deputati del Regno di Italia viene convocata in seduta straordinaria per deliberazioni che incideranno sui destini del paese. L’ordine del giorno recita ”Conferimento al governo del Re dei poteri straordinari in caso di guerra”

Dopo lunghe trattative, condotte contemporaneamente colle potenze della Triplice Alleanza e dell’Intesa, in guerra fra loro, governo e maggioranza erano passate da una iniziale propensione alla neutralità, compensata dalla cessione di quasi tutto il Trentino e di parte del Friuli, caldeggiata da Giolitti, alla guerra contro l’Impero austroungarico. La lettura del testo stenografico di quel dibattito è illuminante.

Alla proclamazione della necessità della guerra e della unione di tutti gli italiani in difesa della patria, echeggiante nei discorsi del Primo Ministro Salandra, degli esponenti della destra nazionalista, e, con diverse motivazioni ,degli interventisti democratici, dei socialisti interventisti, di esponenti radicali, una sola voce si levò contro, accompagnata da clamori, invettive, interruzioni.

Mentre questi ultimi movimenti si illudevano che la guerra sarebbe stata una sorta di palingenesi della nazione, e le socialdemocrazie europee chiamavano le masse popolari dei rispettivi paesi a massacrarsi a vicenda sui campi di battaglia, spettò a un vecchio “ riformista”, Filippo Turati, l’imperituro onore di pronunciare in Parlamento il no del Partito socialista italiano, l’unico dell’occidente ad essere schierato contro la guerra .

Il suo discorso fu una denuncia del costo terribile che l’Italia avrebbe dovuto pagare. C’è in esso una frase profetica che si proietterà sui drammatici decenni successivi :“Ogni guerra dell’Italia, che non sia di difesa necessaria nel senso più rigoroso del vocabolo, appare a noi in realtà una guerra contro l’Italia". 

Turati criticò così gli indegni mercanteggiamenti del governo Salandra con le due coalizioni in conflitto, ad una delle quali offriva la neutralità, ed all’altra la guerra. L’Italia doveva invece restare fuori dal conflitto, senza rivendicazioni territoriali, e contribuire alla restaurazione della pace, colloquiando con tutte le potenze belligeranti.

E qui emerge il miope bellicismo del governo e la chiaroveggenza del leader socialista. Decisivo per l'entrata in guerra fu il timore, in caso di vittoria degli Imperi centrali, di una loro rivalsa contro l’Italia, per le annessioni estorte in nome ”dei sacri interessi della nazione”, dopo 30 anni di alleanza, denunciata dall’Italia appena 20 giorni prima della dichiarazione di guerra.

Ma ciò non era più attuale. Il piano strategico tedesco di mettere in ginocchio e occupare la Francia al primo urto era già fallito. Era sopravvenuta una lunga e sanguinosa guerra di posizione. Gli Imperi centrali si trovavano in guerra, oltre che con la Francia, con paesi dai possedimenti e dalle risorse sterminate, come la Russia, l’Inghilterra, e in prospettiva, gli Stati uniti. Erano in pratica in guerra col mondo, oltre che isolati, e costretti alla fame da un ferreo blocco navale.

Ebbene, Salandra, in preda ad un inveterato eurocentrismo, non valutò la irrimediabile inferiorità strategica degli Imperi centrali che li rendeva impari all’obiettivo di dominare l’Europa, e quindi non giustificava l’entrata in guerra dell’Italia. Al contrario il “pacifista” Turati, fautore di una neutralità attiva, si rivelò il portatore di una autentica Realpolitik.

La sua linea avrebbe consentito all’Italia di evitare i tremendi costi della guerra e di aumentare il suo prestigio nel mondo. Ed anche di soccorrere le popolazioni di lingua italiana, che da molti secoli, e con proprie forme di autogoverno, erano parte dell’Impero d’Austria, falcidiate dalla guerra e stremate dalla fame, anziché, come invece accadde, trasformare le loro terre in un campo di battaglia; e di accoglierle infine nella comunità nazionale, dopo l’inevitabile crollo per implosione degli Imperi centrali.

L’entrata in guerra dell’Italia fu un errore fatale. Da essa la democrazia italiana uscì ferita a morte. Ad essa seguì la dittatura, la seconda guerra mondiale, la sconfitta, ed il rischio di perdere tutto quanto il Risorgimento aveva costruito.

Va reso onore a quanti combatterono e morirono per portare a compimento gli ideali del Risorgimento, ma in uguale misura, anche a quelli che, pur maledicendo la guerra e coloro che la avevano promossa, consci che era in gioco ormai l’esistenza stessa dello stato italiano, fecero il loro dovere di cittadini in armi, e tennero duro fino alla conclusione vittoriosa del conflitto.

Però, guardando indietro, vengono alla mente le parole di Cavour, quando il moto risorgimentale era appena agli inizi. Valutando il crescere dello spirito nazionale e degli appoggi internazionali, e fondandosi sul primato della politica, alternativo a scorciatoie avventuristiche, egli proclamò di essere, nei confronti della nascente nazione, “prodigo di speranze, ma avaro di sangue italiano”.

* L'autore, ex parlamentare Pci ed ex consigliere regionale, è stato Presidente della Commissione dei Dodici. 

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Giancarlo Fr., 27.06.2014 - 21:10

Sì, onore alla memoria di Filippo Turati, una bella figura di socialista riformista e una delle poche menti illuminate di allora, che dovrebbe essere ricordato di più, specie nelle scuole. Per dire, all'epoca fu quasi accusato di essere un traditore della patria dai tanti retori e demagoghi che inneggiavano alla "bella guerra, igiene del mondo". Se avessero dato ascolto a lui, a Giolitti e a pochi altri, l'Italia si sarebbe risparmiata 600.000 morti e 2 milioni di mutilati, non avrebbe avuto il fascismo, il Sudtirolo sarebbe rimasto con l'Austria, il Trentino in tutta probabilità si sarebbe congiunto pacificamente all'Italia, magari dopo un plebiscito, senza il fascismo forse si sarebbe evitata anche la seconda guerra mondiale, ecc. ecc. Tanta roba.

Fr., 27.06.2014 - 21:10 Permalink