Wirtschaft | Intervista

Lo sguardo del trader sul “post” Covid

Stefano Serafini, vincitore del campionato mondiale di trading nel 2017, racconta la sua esperienza e i cambiamenti portati dalla crisi sanitaria nel mercato mondiale.
Stefano Serafini
Foto: Stefano Serafini

Il coronavirus ha influito pesantemente sull'economia mondiale, stravolgendo i mercati e rendendo difficile capire cosa ci aspetta nei prossimi mesi e nel futuro. Stefano Serafini, trader di fama internazionale, che nel 2017 ha riportato il titolo di campione nella 34esima edizione della WorldCup Trading Championship - a cui sta partecipando con ottime prestazioni anche quest'anno - ci dà la sua visione del mondo del trading e della situazione attuale. 

salto.bz: Quando è nata e dove l’ha portata la sua passione per il trading?

Sono trentino, anche se sono nato a Vienna da una famiglia che lavora nell’ambito dei gelati. Ho studiato finanza all’università di Trento, poi ho fatto un paio d’anni in cui ero nel consiglio d’amministrazione di una banca e intanto lavoravo nell’attività di famiglia. Nel frattempo mi sono interessato al trading, soprattutto alla parte sistematica ovvero all’automatizzazione del processo di decisione e di investimento. All’inizio come molti sono partito dal mondo delle valute per poi spostarmi sul mercato regolamentato dove ci sono operatori molto più grossi. 

Oggi ho più o meno 350 algoritmi che lavorano un po’ sui mercati di tutto il mondo. Il mercato azionario è a New York, tutto il resto del mercato è a Chicago che è più importante di New York in termini di contrattazione. Le altre piazze mondiali sono Francoforte, per quanto riguarda l’Europa, e Hong Kong per la parte asiatica. “Il denaro non dorme mai” per questo ho delle selezioni che decidono quali algoritmi devono essere attivi o spenti: di notte ho degli algoritmi che lavorano sulla parte asiatica, di giorno altri che lavorano sulla parte europea, mentre altri ancora di sera sulla parte americana. 

Perché molti cominciano a fare trading partendo dal mercato valutario?

Probabilmente, come ho fatto io in passato, in tanti cominciano dal mondo delle valute perché la parte di marketing della maggior parte dei broker è indirizzata verso quell’ambiente. Quando si frequenta questo mercato ci si accorge di uno dei problemi che affliggono il mondo del trading, ovvero la leva finanziaria. Le valute, essendo un rapporto tra due forze, per esempio euro contro dollaro, non hanno di per sé un grande movimento. Quindi per amplificare il movimento in termini monetari i broker danno la possibilità di agire su un nozionale molto più grande rispetto al conto di cui si dispone. Molti pensano che con 1.000 euro depositati su un conto di questi broker con un effetto leva di cento volte, quindi muovendo 100.000 euro, si possano raggiungere rendimenti fantasmagorici e finire su un’isola deserta con la pancia al sole. Niente di tutto questo è più falso in questo ambiente. Questo è a mio avviso il primo motivo di fallimento della maggior parte dei trader. Do dei numeri ufficiali: l’85% dei trader perde denaro nell’arco di un anno e il 95% nell’arco di più anni, più si va avanti più è quasi matematico perdere denaro. Questo è dovuto a una leva finanziaria il cui rischio non è adeguato, ma anche, secondo me, all’aspetto ludopatico che è molto forte. 

Molti si sono avvicinati al trading durante il lockdown, secondo lei cosa spinge le persone “non addette ai lavori” a entrare in questo ambiente?

Durante il lockdown molti si sono avvicinati al trading, forse anche per curiosità o per noia essendo chiusi in casa. L’aspetto ludopatico  è probabilmente il primo aspetto che avvicina  le persone a questo mondo; il secondo aspetto è il desiderio di avere una rendita o comunque un flusso di incassi secondario rispetto allo stipendio. Queste aspettative nella stragrande maggioranza dei casi sono infondate e si possono rivelare anche pericolose. 

Nel 2017 ha vinto il campionato mondiale di trading a cui sta partecipando anche quest’anno, quali sono le maggiori differenze tra queste due edizioni?

Si tratta di due contesti completamente diversi: nel 2017 la volatilità era molto bassa, da record. Era il primo anno dopo le elezioni di Trump, quindi sostanzialmente non c’erano grosse preoccupazioni nel mercato con un vincitore molto forte e delle prospettive di crescita molto alte. Quest’anno siamo totalmente in un altro scenario. Abbiamo esaurito l’aspetto di stimolo fiscale da parte dei governi. La Banca centrale americana compra qualsiasi asset obbligazionario, compresi i titoli tossici, dall’altro lato il governo americano ha promesso una sorta di contributo a pioggia, un helicopter money con cui regala soldi al popolo. Questo perchè nelle dinamiche di prezzo quello che sta venendo a mancare è la crescita degli utili futuri dovuta al coronavirus: bloccandosi l’economia il mercato azionario soffre di questa prospettiva incerta del futuro. Quando ci sono incertezze all’orizzonte la volatilità si alza parecchio, l’indecisione tra un giorno e l’altro diventa molto alta. Per dare dei numeri nel  2017 la volatilità era a 12 vix -ovvero l’indice di volatilità americano- contro un vix di 30 di quest’anno. Questo vuol dire che un titolo poteva muoversi nell’arco di trenta giorni con una probabilità del 95% entro i 12 punti nel 2017. Oggi le aspettative dei titoli si possono muovere di trenta punti percentuali nell’arco di trenta giorni con una probabilità del 95%. Uno scenario completamente diverso, ma non è detto che sia un male, ci sono algoritmi che prediligono la bassa volatilità, altri quella alta. Io mi aspettavo in generale un anno abbastanza volatile, quindi ho settato gli algoritmi per il campionato su questo tipo di scenario e in questo senso ci ho beccato. I miei algoritmi sono andati bene fino a circa un mese fa, poi quando il mercato ha rialzato, cronicamente la volatilità si è abbassata e quindi sto subendo qualche perdita, ma siamo comunque al 130% di performance.

Cosa ci può dire della sua strategia? Su quali mercati si sta concentrando quest’anno?

Ho partecipato al campionato già diverse volte, ci sono delle grandi meteore che esplodono con delle performance stellari, ma poi se le rimangiano tutte, queste sono tipicamente delle persone che rischiano il tutto per tutto e non progettano alla base un guadagno piuttosto costante nel tempo, la scelta è se fare il maratoneta o lo sprintista. Secondo me visto che questa è una gara molto lunga bisogna fare i maratoneti, bisogna cercare nel limite del possibile di limitare le escursioni, anche se i rischi sono sempre molto ampi quando si vogliono raddoppiare o più che raddoppiare le cifre. L'obiettivo è quello di non bruciare il conto di non fare performance a tre o quattro cifre per poi rimangiarsele in pochi giorni.

Ho dei database con degli algoritmi scritti che performano in maniera diversa a seconda dei periodi. L’obiettivo principale di un trader è creare degli algoritmi che siano il più possibile deforellati: quando guadagna uno l’altro non perde e viceversa. Se sono troppo simili rischi di bruciare il conto essendo che le leve sono altissime. 

In questo momento sto operando sull’indice del mercato azionario americano, che ormai è un default di quasi tutti i trader automatici che è l’S&P500; poi sto operando sul trentennale americano, quindi parliamo di obbligazioni a trent’anni, c’è un titolo che si chiama treasury bond trentennale; inoltre sto operando sulla soia e il frumento e su oro e platino. Nel 2017 invece avevo lavorato tanto con le carni, sempre S&P500 e oro. Oggi è normale vedere variazioni del 2-3%, nel 2017 non si era mai vista in giornata una variazione del 2%. 

Quali sono i macro trend alla fine di questa prima metà del 2020?

Gli stimoli monetari si sono tradotti in un aumento dell’oro che è sicuramente uno dei macro trend in atto. L’oro è un contraltare della moneta in circolazione, lievitando i bilanci delle banche centrali molti grossi istituti hanno paura che il denaro non valga più niente visto che ne circola così tanto. Un’altro macro trend rispetto al passato, a sorpresa, è il petrolio: ci si aspettava dovesse costare moltissimo perchè doveva diventare un bene scarso, mentre quest’anno si è dimostrato il contrario. Addirittura molti Paesi non riuscivano più a stoccare petrolio, la sovrabbondanza ha portato il prezzo in consegna anche in negativo, per cui si era costretti a pagare purché qualcuno si prendesse a carico il petrolio pur di non lasciarlo nelle petroliere. L’affitto delle petroliere nei porti è stato un altro trend di quest'anno, passata la pandemia è poi imploso completamente. Un altro grosso mondo che continua a crescere imperterrito da anni  è quello dell’obbligazionario perché i tassi si continuano ad abbassare, siamo un mondo con pochissima inflazione e stimoli finanziari ovunque. Molti operatori si stanno chiedendo però cosa succederà il giorno che finiranno questi stimoli perché dal punto di vista macro siamo completamente lontani dalla realtà, abbiamo aziende che calano dell’ordine di fatturato del 30% e azioni che non perdono nulla - parlo del mercato azionario americano.

Secondo lei cosa dobbiamo aspettarci dal futuro? 

Secondo me dobbiamo aspettarci ancora molta volatilità. Il mercato è stato spinto al rialzo da tutta la gente che ha cominciato recentemente a comprare e vendere, molti trader professionisti e fondi di investimento sono completamente disinvestiti dal mercato azionario e questa è la prima volta nella storia in cui i retail trader battono i professionisti. L’altro motivo per cui sta andando a rialzo è che la Federal Reserve con questi programmi di riacquisto di bond sta offrendo una liquidità immensa a istituti che non sanno come investirla con un mercato che ha moltissimi tassi negativi. Quindi bisogna che si spingano su qualcosa di più a rischio per far rendere il portafogli. Seguendo il bilancio della Banca centrale americana in questo ultimo mese si è appiattita la crescita del bilancio, non cresce più, e infatti anche il mondo dell’azionario si è appiattito. Negli ultimi anni i rialzi nei mercati azionari sono stati quasi tutti guidati dalle banche centrali, perché le quattro più grosse banche centrali - la Federal Reserve, la Banca centrale europea la Banca del giappone e la Banca cinese - hanno inondato il mercato di liquidità in maniera spaventosa. I bilanci tutti assieme di queste quattro banche sono quadruplicati negli ultimi 10 anni e rispetto ad un PIL mondiale di cento, se prima del 2008 lo stimolo delle banche centrali era del 10% ora siamo sul 40%. Questo è un mondo completamente drogato con nuove teorie finanziarie sulla quantità di moneta e l’idea che non sia un problema monetizzare il debito. 

É positivo o negativo rispetto ai prossimi mesi?

Molti pensano che l’emergenza ormai sia finita e che il mercato riprenderà normalmente il prossimo anno. Personalmente non credo che sarà così per vari motivi tra cui la disoccupazione che si creerà quest’anno e comporterà un calo dei consumi che sarà strutturale, penso che ci metteremo molto tempo a tornare ai volumi di prima. Nel caso specifico dell’Italia la vedo particolarmente problematica: ora c’è un blocco forzato dei licenziamenti che viene sostenuto in tutto il mondo con una cassa di integrazione in deroga a carico del contribuente medio. In Italia non è chiaro chi pagherà il conto, si cerca sempre di appoggiarsi all’atto europeo, ma io non confido che l’Europa ci permetta di continuare a fare deficit in questo modo senza trovare soluzioni alternative. Un secondo lockdown poi, altro tema caldo di questi giorni, porterebbe veramente il mondo in una recessione difficilissima da superare.