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Alex, Alessandro, l'Albania

"Dialogo sull'Albania", un libro con articoli e reportage di Alexander Langer e Alessandro Leogrande. Ieri è stato presentato a Bolzano con il curatore e Goffredo Fofi.
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Foto: Gilberto Cavalli

Nel 1990 il politico sudtirolese Alexander Langer viene inviato in Albania dalla Comissione politica del Parlamento europeo, per preparare una relazione su una proposta di risoluzione tra l'Albania e la Comunità Europea, durante il processo di democratizzazione del paese. L'Albania sta uscendo dalla dittatura comunista di Enver Hoxha e gli studenti si riuniscono e manifestano, il nascente Partito democratico muove i suoi primi passi. Langer si occuperà della questione albanese per tutti gli anni successivi. A raccogliere il testimone sarà Alessandro Leogrande, giornalista e scrittore tarantino, tra i massimi autori di reportage della sua generazione.

Dialogo sull'Albania è un libro che raccoglie alcuni articoli e reportage di Alexander Langer e Alessandro Leogrande sugli ultimi 30 anni di storia albanese. Il libro è stato presentato ieri a Bolzano con il curatore Giovanni Accardo, il critico Goffredo Fofi, Gentiana Minga (che ha tradotto alcuni testi dall'albanese) e Gabriele Di Luca. Dalle manifestazioni degli studenti durante il processo di transizione democratica alla storia rinnegata della presenza italiana in Albania e al naufragio della motovedetta Katër i Radës, i due intellettuali, Langer e Leogrande, si sono incontrati sulle pagine di questo libro, per offrire diversi punti di vista. I due non si sono mai incontrati davvero: il primo è morto suicida nel 1995; il secondo, invece, è morto improvvisamente nel 2017 a soli 40 anni, lasciando tutti quelli che lo hanno conosciuto nello sconcerto e nel dolore. Langer era altoatesino, Leogrande era pugliese, di Taranto. Eppure, entrambi, hanno saputo raccontare l'alterità di mondi che non erano i nostri. Dagli scritti del Viaggiatore leggero a La Frontiera, i due si sono fatti portatori di istanze e storie (individuali e collettive) di chi in quel momento non ne aveva le possibilità. Teoria e prassi, pensare e raccontare per trasformare la realtà, accendere una scintilla: è quello che hanno fatto, l'uno con la scrittura e l'azione politica; l'altro con gli articoli, i reportage e i libri di denuncia sociale come Uomini e caporali o Fumo sulla città.

 

 

Il libro, come ha ricordato Di Luca, nasce da diversi spunti: il primo si può trovare nella serata celebrativa che si è tenuta a Bolzano in onore di Leogrande il 6 marzo 2018, in cui il curatore Accardo aveva dedicato parte del suo intervento al legame tra Leogrande e l'Albania (a Tirana una via è intitolata a lui). L'altra riguarda l'affinità tra i due intellettuali: il tarantino considerava Langer uno dei suoi maestri (L'eredità di un politico impolitico è il capitolo del libro che contiene gli articoli di Leogrande su Langer) ed entrambi avevano visitato e scritto della questione albanese. Leogrande, inoltre, ha anche un rapporto con l'Alto Adige e la città di Bolzano, luogo centrale nel reportage sulla migrazione, La Frontiera.

Alex e Alessandro riportavano alla concretezza, all'intervento nella polis. (Goffredo Fofi).

“Leogrande aveva un progetto”, dice Gabriele Di Luca, “far tradurre alcuni testi di Langer in albanese dalla sua casa editrice che pubblicava già i suoi. Dialogo sull'Albania convoca due figure sulla pagina, senza che si siano mai incontrate. Si compie una cosa che solo la letteratura è in grado di fare: far incontrare le persone che ci sono ancora (noi), con le persone che non ci sono più”, continua Di Luca, che ricorda la capacità di Leogrande di coniugare l'indagine giornalistica alla letteratura. Delle questioni del metodo e della scrittura ha parlato anche il critico Goffredo Fofi. Fofi ha conosciuto entrambi gli scrittori e ne è stato maestro: Leogrande, infatti, ha scritto anche per il periodico Lo Straniero, mensile fondato e diretto da Fofi; Langer aveva scritto per Linea d'ombra e La Terra vista dalla Luna. “Alex e Alessandro riportavano alla concretezza, all'intervento nella polis (politica è una parola sacra), a quello che – in modo concreto – tenevano sempre presente. Alex era un intellettuale viscerale, Alessandro era un loico, un ragionatore”, dice Fofi, il quale ora non si considerà più solo maestro dei due, ma anche un loro allievo.

Langer aveva compreso bene le difficoltà del processo di democratizzazione. (Gentiana Minga).

I due avevano individuato, attraverso la scrittura, la politica e l'attitudine intellettuale, un 'paradigma Albania', spiega ancora Di Luca, “il primo banco di prova con una immigrazione definibile 'di massa'. E certi atteggiamenti si sono rivelati tipici, sono stati poi ripetuti. Langer e Leogrande stanno lì a cercare di chiarire che si è trattato di un approccio sbagliato e provano a indicare soluzioni alternative, sempre partendo da questo presupposto: non si può trattare l'altro dall'esterno, bisogna contaminarsi, porgere un ascolto concreto, saltare i muri”. Il concetto di 'saltare i muri' è al centro, infatti, della riflessione intellettuale e pragmatica di Alexander Langer, tradotta in seguito da Leogrande nel suo lavoro di ricerca sulle vicende del tempo presente, per offrire ai lettori una visione che facesse da controcanto alla propaganda politica e al pensiero egemone.

“Il 'paradigma Albania' è importante per tantissime cose”, dice Accardo, “Intanto perché l'Italia ha dimenticato che sul finire del 1400 è stata più accogliente, con gli albanesi che scappavano dall'Impero ottomano. E l'Italia ha occupato l'Albania negli anni nel fascismo. Quando sono arrivati gli albanesi negli anni '90, la cosa era stata percepita come se fosse un'invasione. Oggi la storia ci dice che gli albanesi sono studenti e lavoratori perfettamente integrati. Molti sono ritornati in Albania per aprire delle attività, l'invasione non c'è stata”. Leogrande e Langer avevano saputo scalfire - attraverso lo sguardo acuto del viaggiatore, di chi viene da fuori - il muro di confusione intorno alla vicenda albanese, nel corso dei decenni. “Langer aveva compreso bene le difficoltà del processo di democratizzazione”, dice Gentiana Minga, “Spero che molti albanesi lo leggeranno per capire quello che non ha funzionato, come ha raccontato Langer, il quale ha lasciato a Leogrande un'Albania danneggiata”. Un legame indiretto, quello appena descritto, che ridà vita alle questioni centrali della storia albanese e di quella italiana, un legame intellettuale e civile che permette di avere una visione completa del tempo presente.