Gesellschaft | Zeitgeschichte

„Es bedarf auch der Zeichen vor Ort“

Una mostra e una città – Bozen, Stadt der Erinnerung: Eine Rede im Stadttheater Bozen – Un discorso presso il Teatro civico di Bolzano zum Tag der Erinnerung 2022
Memoriale
Foto: Comune Bz
Was ich Ihnen hier – molto brevemente – vortrage, ist lediglich eine Problemstellung: es ist die Problemstellung, die Theodor W. Adorno 1966 in seinem zu Recht berühmten Essay „Erziehung nach Auschwitz“ wunderbar auf den Punkt gebracht hat.
Er schrieb vor 56 Jahren, im gewohnten Adorno-Sound, die Zeilen: „Aller politische Unterricht (…) sollte zentriert sein darin, daß Auschwitz sich nicht wiederhole. Das wäre möglich nur, wenn zumal er ohne Angst, bei irgendwelchen Mächten anzustoßen, offen mit diesem Allerwichtigsten sich beschäftigt. Dazu müßte er in Soziologie sich verwandeln, also über das gesellschaftliche Kräftespiel belehren, das hinter der Oberfläche der politischen Formen seinen Ort hat.“
Also hier und jetzt, hic et nunc und damit auf immer, ist Auschwitz zu verhandeln. Als etwas Unabgeschlossenes. Zwar glaubt niemand von uns, es könne sich je wiederholen. Aber die Folterer und auch die Schreibtischtäter und Ideologen werden nicht aussterben. Einmal Nachrichten hören genügt hier ja.
 
 
Zwar glaubt niemand von uns, Auschwitz könne sich je wiederholen. Aber die Folterer und auch die Schreibtischtäter und Ideologen werden nicht aussterben.
Pertanto ritengo importantissima l‘iniziativa, nel contesto di Bolzano Città della Memoria, della mostra organizzata dalla Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano e curata da Alessandra Minerbi, con la consulenza di Liliana Picciotto e Michele Sarfatti. E ci riporta con forza alle cose nostre, al “cuore di tenebra” (per citare Joseph Conrad e la sua famosa novella con la sentenza finale: “Aveva tirato le somme e aveva giudicato: L'orrore!” – “He had summed up—he had judged: The horror”).
Ecco, l’orrore. 15 Stolpersteine, dal freddissimo 15 gennaio del 2015, ricordano le vite spezzate di cittadini ebraici e cittadine ebraiche di Bolzano. Lo fanno nello spazio pubblico, dinnanzi all’ultima dimora liberamente scelta delle vittime del nazifascismo. Sono una memoria disseminata dell’orrore anche di qui, ma si ricollegano idealmente al ricordo riflessivo dell’Olocausto nel suo insieme. Sono oggi una memoria universale. Dimenticare mai. Il più vicino da qui è posto in via della mostra, e ricorda Josef Weinstein, un piccolo commerciante. Arrestato dai fascisti vicino a Bergamo, dove si era rifugiato, fu dapprima rinchiuso nel Campo di Bolzano e deportato il 24 ottobre del 1944 ad Auschwitz-Birkenau, dove fu subito assassinato. Dei suoi quattro figli solo Hilde sopravvisse alla Shoah.
Es genügt eigentlich ein Leben, ein Schicksal, um das Grauen des europäischen Genozids zu erfassen.
 
 
Aber es gibt Gegenkräfte. In dieser Ausstellung sind sie. Aber sie waren auch damals gegenwärtig. Es ist der aktive Widerstand gegen Faschismus und Nationalsozialismus. Es ist, es sind – le due resistenze, racchiuse in nomi nobilissimi quali, per esempio, Manlio Longon, capo del CLN di Bolzano, ucciso dalla Gestapo il 1° gennaio del 1945 nel Corpo d’armata, o ancora: Josef Mayr-Nusser, membro dell’Andreas-Hofer-Bund, morto il 24 febbraio ad Erlangen, in un vagone merci, dopo maltrattamenti e gli stenti del viaggio che lo doveva portare al Campo di Dachau, perché si era pubblicamente rifiutato di giurare fedeltà al Führer.
E poi i partigiani Franca “Anita” Turra e Hans Egarter, i due nomi adottati dall’ANPI di Bolzano e di cui andiamo fieri. Sappiamo che le due resistenze cercarono di incontrarsi, gettando così idealmente la base di un’autonomia plurilingue, antifascista e progressista.
Ich nenne keine weiteren Namen, deren es viele gäbe. Was mir wichtig ist zu sagen: Ihre Resilienz, ihre Verweigerung, ihr Zeugnis sind der wertvollste Rohstoff des Künftigen.
Und die Jugendlichen aus Trento, aus Bozen und aus Innsbruck, die sich alljährlich – ungefähr um diese Zeit – im Rahmen des „Zugs der Erinnerung“ auf die Reise nach Krakau machen – sie tragen dieses Gedächtnis, dieses antifaschistische Bewusstsein, diese nach vorne gerichtete Erinnerungskultur in sich.
 
 
Hannah Arendt ci dice invece e dicendolo ci conforta, che i dittatori non avranno mai l’ultima parola, ma spetta a noi, alla società civile, repubblicana e democratica che resiste.
 
Aber es bedarf auch der Zeichen vor Ort. Die Mauer des ehemaligen Durchgangslagers in der Reschenstraße ist ein solcher Ort. Die dortige Lichtinstallation, die an die Tausenden Inhaftierten erinnert, wurde im November 2019 von den beiden Staatspräsidenten Österreichs und Italiens, Alexander van der Bellen und Sergio Mattarella, gemeinsam mit Bozens Bürgermeister und Südtirols Landeshauptmann Arno Kompatscher, offiziell besucht. Ein wichtiges Zeichen gemeinsamen Gedenkens und zugleich postnationaler Erinnerung.
Und van der Bellens Vorgänger Heinz Fischer und seine Frau Margit haben im Juni 2016 die Dauerausstellung des Siegesdenkmals im Rahmen ihrer letzten offiziellen Reise aufgesucht. Keine kleine Sache, wie ich finde. Im selben Jahr wurde dem Ausstellungs-Projekt “BZ 18-45: one monument, one city, two dictatorships” der Anerkennungspreis des European Museum oft he Year Award verliehen.
 
Ecco, anche questi luoghi offrono gli antidoti, qui, hic et nunc. Ne potrò parlare dopodomani nell’ambito di Euroclio, l’associazione europea “The Contested Histories onsite”, situata a L’Aia e co-finanziata dalla Comunità europea all’interno del suo programma di cittadinanza attiva europea. Tanto per dire che i riflettori si sono accesi sull’esperienza regionale e che la caricano di una particolare responsabilità memoriale.
 
 
Con quest‘occasione: Ich möchte Sie daran erinnern, dass Bozens Sinti von ihrer Microarea in der via Trento 50 wieder einmal vertrieben werden sollen, da es um „Wichtigeres“ geht – Lagerplatz für Aushubmaterial des geplanten Virgltunnels. Ein örtlicher Legaexponent hatte noch 2020 bitterlich beklagt, dass dieses Stückchen Land zwischen Eisen- und Autobahn den “nomadi di etnia Sinti“ überlassen worden sei, da damit ein „piazzale per cani dotata di fontanella“ den Hundebesitzern entzogen worden sei. Hic et nunc.
Ich möchte Sie daran erinnern, dass Bozens Sinti von ihrer Microarea in der via Trento 50 wieder einmal vertrieben werden sollen, da es um „Wichtigeres“ geht – Lagerplatz für Aushubmaterial des geplanten Virgltunnels.
Il caso di Bolzano, l’elaborazione della sua memoria difficile, desta appunto interesse anche al di fuori dell’area regionale. Certo, quest’elaborazione non è conclusa e deve andare avanti, espandendosi ulteriormente. Questo è il senso della Stadt der Erinnerung del 2022. Ma che la città dei due fascismi, quello italiano e il nazionalsocialismo, abbia oggi un ruolo attivo nella Vergangenheitsbewältigung, non è da ultimo legato a una grande donna, forse la più grande filosofa del Novecento: Hannah Arendt.
Dal 2017 ci illumina in Piazza Tribunale. La sua divina frase “Kein Mensch hat das Recht zu gehorchen“ – nessuno ha il diritto di obbedire a comandi ingiusti, contrari agli inalienabili diritti umani – si sovrappone a l’effigie del sanguinario clown del Ventennio che ebbe a dire: Credere, obbedire, combattere. Hannah Arendt ci dice invece e dicendolo ci conforta, che i dittatori non avranno mai l’ultima parola, ma spetta a noi, alla società civile, repubblicana e democratica che resiste.
Vi ringrazio molto dell’attenzione – Ich danke Ihnen für Ihre geschätzte Aufmerksamkeit