Chronik | Il racconto

“All’improvviso non respiri più”

Maurizio Bosatra guarito dal Covid-19: 12 giorni in ospedale, 8 chili persi, l’ossigeno salvavita e la sofferenza del reparto. “Emergenza del secolo. Nessuno si arrenda”.
Bosatra, Maurizio
Foto: facebook/M.Bosatra

La febbre, poi un insolito affaticamento respiratorio che secondo gli esperti è uno dei sintomi precisi del Covid-19, la malattia causata dal coronavirus Sars-Cov-2 che si sta facendo beffe di tutte le autorità e frontiere del mondo. Ancora, il pronto soccorso e dodici giorni di ricovero nel reparto infettivi del Sacco di Milano, diretto da Massimo Galli, ospedale in prima fila in queste settimane nella lotta al virus. Per Maurizio Bosatra, originario di Lodi, da un anno commissario della Lega in Alto Adige, un’esperienza che non si dimentica facilmente. Ma che contiene anche spunti di riflessione per l’impegno di ciascuno nel tutelare la propria salute - e quella di tutti. Ecco il racconto di quei giorni, dall’improvvisa fatica a respirare (“Come essere sott’acqua” spiega), alla sofferenza degli altri pazienti attorno a lui. Fino al ritorno a casa: “A me è andata bene - dice a salto.bz -, ma non ho mai smesso di pensare che sarei tornato a casa. Nessuno deve arrendersi. Bisogna rispettare le regole, stare a casa”.

 

salto.bz: Maurizio Bosatra, com’è andata, dall’inizio?​

Maurizio Bosatra: è partito tutto da una febbre, attorno al 5 marzo, all’inizio pensavo per cause comuni, non certo questo virus. Otto giorni di alterazione che però successivamente lasciava capire, in contatto con il mio medico, che ci fosse una polmonite in arrivo o già in corso. Sono andato a fare una lastra e in pronto soccorso ho dichiarato di avere la febbre, all’ospedale Sacco, numero uno in Italia nelle malattie infettive, che noi tutti qui a Milano conosciamo per la grande professionalità e competenza. La lastra dava i segnali di una polmonite, la radiografia successiva invece era bordeline e la terza ha smentito la patologia. Mi hanno comunque ricoverato. Pur non avendo la polmonite ho avuto bisogno dell’ossigeno, ma non nelle modalità dei malati gravi che ho visto in reparto. 

Mi è andata bene. Ho visto una grande sofferenza attorno a me. Pazienti che arrivano intubati nel pronto soccorso con l’emergenza del secolo

Che situazioni aveva attorno a lei?​

Una grande sofferenza, Quando va bene gli altri pazienti avevano il caschetto per l’ossigeno, altrimenti erano intubati in terapia intensiva. Io me la sono cavata prima con il respiratore e la mascherina classica di plastica davanti, dopo con una modalità ancora più leggera. Dopo due giorni volevano mandarmi via, mi hanno trattenuto per alcuni accertamenti, alla fine sono rimasto 12 giorni nel reparto malattie infettive.

Il tampone è risultato positivo?

Sì, quando sono arrivato in pronto soccorso. Mi hanno fatto tutti gli accertamenti. Ma me l’hanno detto guardandomi in faccia. Il medico mi fa: febbre da una settimana, ti vedo e ti sento i polmoni, è chiaro che hai quello. All’inizio non volevo crederci, ma quando hai 37,5 di febbre in questo periodo hai il coronavirus, non è influenza intestinale.

Come si sentiva?​

All’inizio si trattava di una febbriciattola con mancanza di appetito, poi è salita fino al massimo di 38,5. Non ho avuto grossi problemi, però un certo affanno quando fai le scale sì. Quando ho cominciato ad avere quell’ansia, dopo un po’ che parlavo al telefono dovevo fare un sospiro, ho capito che c’era qualcosa che non andava nella respirazione. Il mio medico mi ha consigliato di chiamare l’ambulanza o di recarmi al pronto soccorso. Sono andato da solo in auto, ce la facevo, per non gravare sulle ambulanze.

È partito tutto da una febbre. Poi quella fatica a respirare che arriva all’improvviso. Apri la bocca e non entra nulla, come sott’acqua. Una cosa bruttissima

Anche se non era grave ha comunque avuto bisogno dell’ossigeno?​

Sì. Sono arrivato là e non avevo una soglia di respirazione così bassa, però i miei polmoni sono stati aggrediti in modo forte. Il virus va lì dentro e finisce il suo corso nelle vie respiratorie. Se ce la fa ti distrugge, ti fa venire la polmonite, se non ce la fa comunque ti indebolisce lo stesso. Io ho fatto qualche fatica in più perché non fumo più da due anni ma sono stato fumatore per trenta. Quanto all’ossigeno, per dare l’idea, tutti quelli passati per la mia camera avevano bisogno del casco, che ha un flusso di 15-20 litri mentre la semplice cannetta che avevo io circa 4. Vuol dire però che hai l’aria fredda sulla faccia tutto il giorno, te la senti nella testa, una specie di centrifuga, e non riesci a dormire. I pazienti dopo sette, otto, dieci giorni uscivano. Io ne ho fatto qualcuno in più per la botta forte che avevano preso i miei polmoni.

Il risultato dei tamponi l’ha “scagionata”?​

Verso la fine del ricovero, concluso martedì 24 marzo, ho fatto due tamponi risultati negativi nell’arco di 24 ore. A quel punto ero un uomo libero, altrimenti avrei dovuto fare la quarantena per 15 giorni.

Tirando le fila, le è andata bene?​

Altroché. Io ero sempre lucido, con la sicurezza di andare a casa. La mancanza di respiro ti arriva all’improvviso, nell’arco di mezz’ora, una o due ore. Apri la bocca e cerchi di buttare dentro aria ma non entra nulla, come quando vai sott’acqua e non respiri. Una cosa bruttissima. Ho visto quelli che entravano con le barelle, attaccati ai respiratori, nel pronto soccorso in cui c’era l’emergenza del secolo. Avevano una tosse fortissima che faceva male a me solo a sentirla. Ricordo una donna anziana a fianco a me. Sentivi che era una cosa potente, diversa dalle patologie normali.

Come sono stati i medici, infermieri e sanitari in generale?

Speciali. Di un’umanità incredibile. Noi di Milano conosciamo la qualità del Sacco, ma è stata un’ulteriore prova. Fai due parole con l’infermiera, ma anche con la donna delle pulizie, e ti senti considerato. Io poi avevo la persona a fianco con il respiratore e potendo camminare lo aiutavo nelle cose minime.

Niente visite.

Ovviamente, ti fanno portare al massimo un borsone da un parente. Però con gli strumenti di oggi, le videochiamate da whatsapp o skype, non sei lontano dal mondo. Dodici giorni in ospedale senza telefono sarebbe stato più difficile

Cosa ha pensato tornando a casa?​

Che il virus è pericoloso ed è invisibile. Questa è una guerra senza bombe che lascia morti e feriti, ma di cui non vedi il nemico. Bisogna adottare tutte le precauzioni del caso e non uscire di casa. Una volta tornato sono andato a fare la spesa, con mascherina e guanti, e ho fatto acquisti per 15 giorni, anche se in teoria sono immune. Meno si esce dalla porta di casa e meglio è. Il contatto personale e anche quello che tocchi può risultare nocivo. Anche al bar ti potevi contagiare, toccando la maniglia della porta infetta. Estremizzo, ma per far capire. Ecco perché le misure restrittive sono fondamentali. 

Il virus è pericoloso e invisibile. Questa è una guerra senza bombe che lascia morti e feriti, in cui non vedi il nemico

Se la sente di dare un messaggio di speranza?​

Io ce l’ho fatta e quando si è lì non bisogna mai abbattersi. Prenderla con filosofia e affidarsi ai dottori. Se ti abbatti anche il tuo corpo non reagisce alle cure. Io non ho mai smesso un secondo di tornare a casa. La cura antivirale, antireumatica, sperimentale ma che funziona, l’ho passata bene senza problemi. Avevo appetito, mentre quand’era a casa no. Ho perso 8 chili, una buona dieta (sorride, ndr).

Ha ricevuto messaggi di solidarietà, anche dall’Alto Adige?​

Sì, mi ha chiamato anche Salvini la notte in cui ero al pronto soccorso. Poi Calderoli e tanti altri. Ho avvisato tutti di quello che avevo, dall’inizio. Avevo fatto una riunione con i segretari regionali e parlamentari il martedì prima e li ho avvisati, perché prendessero le opportune precauzioni anche loro.

Con la nuova Lega Salvini ci sarà un nuovo segretario altoatesino, ma per ora resto io. Ripartiremo quando torna il sereno

Rimarrà commissario in Alto Adige?

Sì, stavamo iniziando a partire con il nuovo soggetto, la Lega Salvini. 

Ci sarà un nuovo segretario provinciale? ​

Quello entro fine anno, prima ci saranno le segreterie di sezione al voto, Bolzano, Merano, Laives e Bressanone. Ma quando tornerà il sereno, adesso non si può fare nessuna attività.