Wirtschaft | SCENARI INDUSTRIALI

Più export, più PIL

Export e investimenti spingono non solo l’economia altoatesina, ma pure quella italiana. Ecco l’analisi del Centro Studi Confindustria, che guarda molto anche all'Europa.
Hinweis: Dies ist ein Partner-Artikel und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.
centrostudi.jpg
Foto: Assoimprenditori-Unternehmerverband

Gli anni della crisi economica ci hanno abituati a ripetute revisioni al ribasso delle previsioni economiche. Tanto più fa notizia la correzione al rialzo – da 0,8% a 1,3% - della crescita del PIL italiano stimata per il 2017 dal Centro Studi di Confindustria.  A spingere l’economia nazionale – proprio come sta avvenendo anche in Alto Adige – sono l’aumento delle esportazioni e una fiducia tornata a livelli molto alti che fa da traino per gli investimenti aziendali e i consumi delle famiglie.

 

Le attese disattese

Tre elementi sono mutati in misura rilevante rispetto alle previsioni di sei mesi fa: il dollaro si è indebolito rispetto all’euro, l’annunciata stretta in favore di un maggiore protezionismo non si è avverata e il populismo è uscito ridimensionato dalle diverse tornate elettorali del 2017. Il Centro Studi Confindustria rileva comunque diversi fattori di rischio: l’incertezza politica (dalla Brexit alle diverse elezioni che ci saranno nei prossimi mesi in molti Paesi tra cui la Germania, principale partner estero dell’Italia, oltre che delle imprese altoatesine) e un debito pubblico ancora molto alto.

 

I driver della crescita

Il rapporto di Confindustria è molto chiaro: l’accelerazione del PIL si deve a export e investimenti. Merito di strategie aziendali lungimiranti e di prodotti di qualità che vengono apprezzati soprattutto dai mercati avanzati e più ricchi, oltre che da quelli emergenti. Prosegue anche il recupero degli investimenti che riguarda macchinari, mezzi di trasporto, abitazioni e fabbricati. Accanto a un costo del denaro ancora basso, a trainare gli investimenti sono misure specifiche come il piano nazionale Industria 4.0 ma soprattutto una ritrovata fiducia sia delle imprese che delle famiglie. Tutto positivo? Purtroppo no. C’è potenziale di miglioramento in diversi campi. A livello politico, dove ci si augura che le riforme strutturali vengano portate avanti, e in campo economico: anche se in calo, resta elevata la disoccupazione e anche se in crescita, il PIL italiano si muove più lentamente rispetto al resto dell’Eurozona.

 

La centralità dell’Europa

Proprio all’Europa è dedicata un’ampia parte del rapporto: "L’Unione europea – scrive Confindustria - è un gigante economico. Nel 2016 il suo PIL valeva più di 14.800 miliardi di euro, il 21,8% del totale mondiale con solo il 6,9% della popolazione globale. Con oltre 500 milioni di consumatori e 23 milioni di aziende, il mercato unico europeo è la più grande area economica del pianeta dove merci e persone possono circolare liberamente. Il progetto di integrazione europeo ha garantito per oltre 70 anni pace, democrazia, libertà, sviluppo economico e diffusione del benessere a una popolazione sempre più numerosa, come mai era accaduto prima nella storia”. La vera sfida? Rendere l’Europa ancora più forte e con essa tutti i Paesi che ne fanno parte, le imprese che ci lavorano e le famiglie che ci vivono.