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Politik | Avvenne domani

Tutti in Collegio

Antefatti, fatti e misfatti del collegio elettorale di Bolzano, terreno di scontro principale nelle prossime elezioni politiche.

I meccanismi della legge elettorale approvata poche settimane fa dal Parlamento (il cosiddetto "Rosatellum") sono tali, per quel che riguarda il Trentino Alto Adige, da favorire in maniera estrema e clamorosa la Suedtiroler Volkspartei, che si trova nella felice condizione di poter fare conto, ancor prima che le urne si aprano, su un consistente numero di seggi sia al Senato che alla Camera. Scontata affermazione della Stella Alpina nei collegi di Merano e Bressanone, per ambedue i rami del Parlamento, l'attenzione degli osservatori si punta sul terzo collegio, quello di Bolzano che comprende, oltre al capoluogo, anche il Comune di Laives e gli altri centri del comprensorio della Bassa Atesina.

È su questo terreno che si giocano le residue speranze dei partiti italiani di poter mandare un rappresentante a Roma ed è in questo collegio, quindi, che i giochi politici, a tre mesi dalle elezioni, si fanno più articolati e complessi.

Vale forse la pena quindi di raccontare la singolare storia di questo "territorio elettorale", le cui vicende percorrono un po' tutti gli ultimi decenni di cronaca politica altoatesina.

Le scelte del 1948

Quando, con l'approssimarsi delle prime elezioni politiche del dopoguerra, indette in Italia, nella primavera del 1948, si trattò di definire i confini delle varie circoscrizioni elettorali, a Roma si decise che per la Camera, il Trentino Alto Adige formasse un unico collegio. Così avvenne allora e così continua ad essere ancora oggi. Per il Senato invece il territorio regionale fu diviso in sei collegi, ma la distribuzione tra le due province non fu paritaria. Il Trentino ebbe quattro collegi (Trento, Rovereto, Pergine e Mezzolombardo) e l'Alto Adige solamente due: quello di Bressanone che comprendeva l'alta valle d'Isarco, la Pusteria e la Venosta è quello di Bolzano, con il capoluogo, Merano e la parte meridionale della provincia. Questa disparità di trattamento trovava la sua ragion d'essere in una differenza notevole nel numero di elettori chiamati al voto. E Trentino ne aveva allora quasi centomila in più dell'Alto Adige. Una disparità causata, oltre che da una differenza demografica anche da un ben preciso fattore politico. In provincia di Bolzano erano allora esclusi dal voto tutti gli optanti per la Germania in attesa di riacquistare, attraverso il meccanismo delle riopzioni, il passaporto italiano. Queste procedure furono portate a termine nel giro di qualche anno è già un decennio dopo la differenza fra le due province nel numero degli elettori si era ridotta di due terzi. La ripartizione dei collegi senatoriali rimase però quella originaria anche se, da parte altoatesina, la richiesta di una revisione cominciò ad essere avanzata già negli anni 60. La questione trovò sbocco in una delle 137 misure del "Pacchetto". La nuova ripartizione dei collegi senatoriali altoatesini avrebbe dovuto essere tale, si diceva, da favorire l'elezione di un rappresentante italiano. Occorreva, allo scopo, una legge ordinaria, ma la questione, come molte altre riguardanti l'attuazione della nuova autonomia, rimase per lunghi anni nel cassetto.

La legge del 1991

Dopo molte esitazioni e infinite polemiche, il disegno di legge che metteva in atto la misura 111 del "Pacchetto" approdò in Parlamento nel 1991, nella fase terminale quindi della lunghissima attuazione dello Statuto. Era una delle tre leggi ordinarie che, come racconto nel mio libro "Dibattiti e dinamite" venivano considerate essenziali, assieme a tutta una serie di norme di attuazione da approvare in sede di Commissioni dei sei e dei 12 e da varare una parte del Governo, per giungere alla chiusura della vertenza internazionale e al rilascio della famosa "quietanza liberatoria" da parte dell'Austria.

La legge ebbe un cammino travagliatissimo. Oltre all'ostruzionismo della destra missina, che rinnovò i fasti di quello condotto contro la legge istitutiva del nuovo Statuto ci fu la vivace opposizione della sinistra alternativa e le forti perplessità del mondo politico trentino. La normativa, infatti, prendeva atto innanzitutto dei mutati rapporti demografici, riducendo da quattro a tre collegi senatoriali della provincia di Trento. Sparì il collegio di Mezzolombardo e rimasero, con una diversa suddivisione territoriale quelli di Trento, Rovereto e Pergine. In Alto Adige il collegio di Bressanone e quello di Merano andarono a comprendere la parte orientale e quella occidentale della provincia mentre il nuovo collegio, quello di Bolzano, fu disegnato in modo tale da avere, grazie all'influsso del capoluogo e del centro di Laives una maggioranza teorica di lingua italiana, ma una minoranza più che consistente di madrelingua tedesca.

I vari passaggi parlamentari della legge, che si conclusero al Senato nel dicembre del 1991, furono contrassegnati da polemiche vivacissime. Alla Camera, durante una delle discussioni, si sfiorò lo scontro fisico tra missini e SVP,  episodio che rimane l'unico di questo genere negli annali delle pur durissime discussioni riguardanti l'Alto Adige in Parlamento.

Un collegio "targato" SVP

Le prime elezioni politiche a collaudare la nuova normativa furono quelle che si svolsero nella tarda primavera del 1992. Trovarono allora piena conferma, per quel che riguarda l'aggiudicazione del seggio del collegio senatoriale di Bolzano le previsioni di quanti, criticando la legge istitutiva, avevano detto che, pur essendo stato pensato per favorire una rappresentanza italiana, avrebbe finito per ratificare la maggior compattezza etnica della Suedtiroler Volkspartei. Con oltre 30 mila voti, pari al 31 per cento del totale, il candidato SVP Karl Ferrari non ebbe alcuna difficoltà a sbaragliare una concorrenza come non mai polverizzata. Erano i mesi di interregno tra la prima e la seconda Repubblica. Tra gli sconfitti il missino Pietro Mitolo, il democristiano Gateano Marcon e il verde Alexander Langer. L'esito si ripetè due anni dopo, nelle prime elezioni basate interamente sul sistema maggioritario. Karl Ferrari tornò a Palazzo Madama accusando solo una lieve flessione nel numero di voti ottenuti. Questa volta il campo dei candidati battuti si era sostanzialmente ristretto. Il centro-sinistra italiano ottenne il secondo posto con Arnaldo Loner. Il centrodestra invece mancò un probabile successo presentandosi diviso nettamente tra due liste: quella dei post fascisti di Alleanza Nazionale è quella di Forza Italia. Le cifre dicono che assieme avrebbero surclassato l'esponente della Volkspartei ed è su questa base che, nelle elezioni successive, il centrodestra riuscì finalmente a presentarsi unito e ad ottenere l'agognato successo. Nell'aprile del 1996 fu eletta senatrice, sotto il simbolo del Polo delle libertà, Adriana Pasquali. Battuta di ben 10 mila voti la lista dell'Ulivo mentre Karl Ferrari arrivò addirittura terzo, con una SVP seriamente indebolita dalla lista secessionista dell'Union für Südtirol.

A imparare dall'esperienza, però, fu anche il cosiddetto fronte autonomista che, nelle consultazioni successive, dal 2001 in poi, creò una salda alleanza tra Suedtiroler Volkspartei e centro-sinistra italiano. Così per la conquista del collegio senatoriale di Bolzano non ci fu storia. Per tre volte, dal 2001 al 2008, venne eletto l'esponente SVP Oskar Peterlini, mentre, ed è quasi storia di oggi, la stessa alleanza, nel 2013, portò al Senato Francesco Palermo.

Conclusione: nelle sette elezioni in cui è stato in vigore il collegio senatoriale di Bolzano ha visto per ben cinque volte la vittoria di un esponente della Suedtiroler Volkspartei. Il dato politico che si ricava da questa serie storica è quello in base al quale, secondo la buona regola che governa qualunque elezione effettuata con il sistema maggioritario, quello che conta è soprattutto la maggior aggregazione possibile tra le forze politiche. Uniti si vince e divisi si perde, dunque, anche se assume una certa importanza, come sempre quando si parla di uninominale, la caratura individuale dei candidati. L'esperienza insegna che ci vogliono persone capaci di convogliare su di sé i consensi di aree i più larghe possibili, meno caratterizzate magari sul piano della militanza politica e più invece su quello della capacità e dell'esperienza individuale.

La prossima battaglia

Alle prossime elezioni di marzo, come noto, saranno ben due i seggi in palio nel collegio di Bolzano: uno per il Senato e uno per la Camera. Poco o nulla di veramente preciso si sa riguardo alle strategie delle varie forze politiche che scenderanno in campo. La SVP e il centro-sinistra italiano tendono ovviamente a rimettere in piedi l'alleanza che ha garantito loro il successo nelle ultime quattro elezioni, ma ancora non c'è accordo sui nomi dei candidati. La Suedtiroler Volkspartei si gioverebbe non poco della preannunciata assenza di liste della destra sudtirolese, mentre il Partito Democratico dovrebbe fare i conti, sin d'ora, con la presenza di un candidato della sinistra di Liberi e Uguali. Si tratta di capire, inoltre, su quale candidatura verranno convogliati i voti dei Verdi. Nel 2013 tutta la sinistra appoggiò Francesco Palermo, mentre il centrodestra si presentava diviso tra ben cinque candidati diversi. Altro interrogativo, dunque, è quello relativo ad un possibile superamento di questa diaspora. Da calcolare infine gli effetti della presenza dei 5Stelle, che già, cinque anni or sono, conquistarono il secondo posto. Molto dipenderà dalla sostanza politica delle intese tra i vari partiti, ma molto, come sempre, anche dalla caratura delle figure che verranno proposte agli elettori. Senza dimenticare, infine, l'unico partito che, nelle ultime tornate elettorali, è sempre cresciuto: quello degli astenuti.