Politik | L'intervista

“L’Europa deve fare la voce grossa”

Lo storico curdo siriano Kamal Sido sull’interventismo americano, l’islamizzazione di Erdogan in Turchia, le mancanze dell’Occidente e l’incognita della Siria.
Kamal Sido
Foto: Salto.bz

salto.bz: la situazione in Siria si è incancrenita ulteriormente dopo l’attacco americano, ora cosa succederà?
Kamal Sido: Gli Stati Uniti non hanno una visione o una concezione politica adatta a risolvere il conflitto siriano, così come non ce l’ha l’Unione europea, la Turchia, l’Iran o l’Arabia Saudita. All’inizio dell’insurrezione siriana c’era la volontà, che era la stessa del governo turco di Erdogan, di proteggere e supportare i cosiddetti islamisti moderati, in Egitto, Tunisia, Siria e nei paesi della primavera araba, da contrapporre alla dittatura di Bashar al Assad, ad esempio, o di Ben Ali. Quello è stato l’errore, ovvero sostenere un progetto inesistente, perché non c’era affatto un islam moderato, del resto se pensiamo che il più grande islamista moderato era considerato Erdogan... Il problema sta anche nel fatto che gli Stati Uniti e l’Unione europea sono contro i movimenti democratici di sinistra in questi paesi, e intanto si fanno strada gli islamisti più conservatori che anelano a una maggiore islamizzazione del Paese.

E questa escalation con la Corea del Nord?
La situazione è molto pericolosa, quasi catastrofica nel sud-est asiatico, sappiamo che in Corea del Nord c’è una brutale dittatura, ma un intervento militare non sarebbe risolutivo. Gli USA devono continuare sulla strada del dialogo, con l’aiuto di Cina e Russia in primis. Le soluzioni militari possono essere rovinose, basta ricordare la guerra del 1950-53 dove si rischiò di innescare un conflitto globale.

Non c’è pace in Siria senza Russia e USA, dunque.
Esatto, se Mosca e Washington lavorano insieme possono trovare una soluzione comune per la Siria, senza questa cooperazione non c’è rimedio.

"Gli USA devono continuare sulla strada del dialogo con la Corea del Nord, con l’aiuto di Cina e Russia in primis. Un intervento militare non sarebbe risolutivo."

Non crede che l’Europa sia drasticamente ignorata dalle due superpotenze?
Sì, lo credo. La verità è che l’Europa non ha alcun ruolo in Siria, non può fare nulla se non fornire un aiuto umanitario e accogliere rifugiati. Intendiamoci, la rappresentativa dell’UE e della NATO nella regione è la Turchia i cui interessi però sono quelli di appoggiare gli islamisti e combattere il movimento curdo, cosa che invece non è nei piani degli USA e dell’Europa. Se Mosca e Washington cooperano può avere fine anche l’influenza dell’Iran e degli hezbollah in Siria.

Ma questa cooperazione fra l’America e la Russia è plausibile, visti gli ultimi accadimenti, o rischiamo un’altra Guerra Fredda?
È possibile ma soprattutto essenziale. Non c’è alternativa. La Russia ha attiva una base aerea nella provincia costiera siriana di Laodicea, e un’altra navale vicino a Tartus e gli Stati Uniti devono rispettare gli interessi dei russi, al contempo però Putin deve fare i compiti a casa e mettere Assad alla porta. Senza pensare però di sostituirlo con un dittatore sunnita. Le due superpotenze possono costruire un’opzione nuova per gli alawiti (minoranza religiosa sciita che appoggia il regime di Assad, ndr), in modo da assicurare la loro sopravvivenza in Siria senza conflitti armati. I gruppi radicali sunniti hanno dichiarato apertamente che uccideranno ogni alawita in Siria, e anche i cristiani. Russia e USA devono quindi garantire stabilità per la società siriana e le minoranze.

"L’Europa non ha alcun ruolo in Siria, non può fare nulla se non fornire un aiuto umanitario e accogliere rifugiati"

Resta il nodo delle milizie curde.
I curdi hanno un concetto concreto riguardo l’avvenire della Siria, il PYD, il Partito dell'Unità Democratica, vuole un modello federale e laico per il Paese. Le alternative quali sarebbero? Un regime che continua il processo di islamizzazione supportato dai turchi e dai sauditi, o l’Isis. Io dico che la Russia deve appoggiare il sistema federale proposto dai curdi. Il problema è con la Turchia che non accetta alcun ruolo per questa minoranza nel futuro della regione.

 

 

Secondo lei l’Isis è diventato più forte in Siria dopo l’attacco USA?
Questo non posso dirlo con certezza. L’Isis fino al 2013 era sostenuto da Turchia e Arabia Saudita oltre che dai sunniti del golfo persico. Gli USA e diversi paesi occidentali hanno sostenuto indirettamente l’Isis convinti che tutti i gruppi islamici facessero parte dell’opposizione siriana contro gli hezbollah, l’intenzione, del resto, era quella di combattere Assad e l’Iran. Dopo che il sedicente Stato islamico ha cominciato a compiere i genocidi delle minoranze quei regimi non potevano più sostenere i miliziani pubblicamente.

Parliamo della Turchia, quali conseguenze prevede dopo la vittoria del sì al referendum sulla riforma costituzionale voluto da Erdogan?
Erdogan continuerà con il processo di islamizzazione del Paese, cosa molto pericolosa per una parte della popolazione curda, perché non dimentichiamoci che ci sono i curdi conservatori ad appoggiare Erdogan; pericolosa per 20 milioni di alawiti in Turchia e per le donne e i loro diritti. Inoltre in futuro potrebbero sorgere problemi con la comunità turca in Europa, in Germania, Francia, Olanda, Italia, che verrebbe potenzialmente più islamizzata secondo la politica di Erdogan e minare la stabilità e la democrazia europea.

"Potrebbero sorgere problemi con la comunità turca in Europa, in Germania, Francia, Olanda, Italia, che verrebbe potenzialmente più islamizzata, secondo la politica di Erdogan, e minare la stabilità e la democrazia europea".

Oltre 120 giornalisti sono detenuti in Turchia, non si fa abbastanza “rumore” a livello internazionale per chiedere la loro liberazione?
Quasi tutti i giornali, le radio, le tv sono controllati dal partito di Erdogan, l’AKP, i giornalisti sono considerati nemici in questo processo di islamizzazione. Il dovere collettivo è quello di sostenere questi reporter, fare più pressione sul governo turco affinché vengano lasciati liberi. Paesi come la Germania e l’Italia devono parlare più chiaramente e fare la voce grossa, come ha fatto Putin che ha minacciato di supportare il PKK facendo così capitolare Erdogan.

E intanto la crisi migratoria è ancora lontana dall'essere risolta.
Bisogna aiutare i rifugiati che arrivano dalla Siria, ma allo stesso tempo dobbiamo affrontare il problema, con un sostegno economico e umanitario, in Siria, Turchia, Iraq, perché al contrario di quanto si crede non tutti vogliono venire in Europa.

L’anno scorso ha fatto un viaggio nel Rojava, regione autonoma non ufficialmente riconosciuta da parte del governo siriano, dove la Turchia, appena il 24 aprile scorso, ha sganciato bombe contro i curdi. 
Nel Rojava convivono diverse etnie diverse e comunità religiose, questa diversità va assolutamente difesa e tenuta lontana dalle grinfie degli islamici radicali, ma da sola non ci riuscirà, per questo serve un intervento da parte dell’Europa oltre che misure umanitarie concrete, perché la situazione è critica, mancano medicine, cibo e si stanno diffondendo anche malattie infettive. Non possiamo restare a guardare.