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La favola delle capsule

“Il ciclo chiuso del riciclaggio infinito delle capsule del caffè in alluminio non è che un esempio di greenwashing”, afferma il CTCU – e spiega perché.
capsule caffè
Foto: Pixabay

Quanto è forte l’impatto ambientale delle capsule del caffè? I consumatori si possono fidare delle rassicurazioni dei produttori? Mica tanto, almeno stando al Centro Tutela Consumatori Utenti (CTCU).

Per una porzione di 6,5 g di caffè in capsula di alluminio si utilizzano circa 2,5 g di alluminio più 1,5 g di cartoncino per la confezione esterna. “Tanto materiale di imballaggio e tanto consumo di risorse per poco contenuto”, constatano i difensori dei consumatori che sfatano il racconto dei produttori secondo il quale le capsule non sarebbero rifiuti ma materiale riciclabile, riutilizzabile in maniera ottimale e all’infinito.

Il ciclo chiuso del riciclaggio infinito delle capsule, però, altro non è che una favola o un esempio di greenwashing. In realtà, alla questione è legato più di un problema”, afferma Silke Raffeiner, nutrizionista presso il CTCU. “Innanzitutto, la maggior parte delle persone non porta le capsule utilizzate nei pochi punti di raccolta messi a disposizione dal leader di mercato, ma le getta insieme al loro contenuto nei rifiuti residui, che finiscono nell’inceneritore. In secondo luogo, dalle capsule usate, anche se smaltite separatamente, pulite e fatte fondere, non si ricavano capsule nuove, bensì, nel migliore dei casi, oggetti in alluminio di minor valore”.

L’alluminio, infatti, il più delle volte non verrebbe utilizzato allo stato puro, ma sotto forma di lega con altri metalli. Poiché nel processo di riciclaggio tali leghe non sono più scindibili, dopo la fusione non si ottiene più alluminio puro, bensì una miscela con alluminio. “Ottenere alluminio primario dalla bauxite richiede molta energia e provoca il rilascio di una notevole quantità di diossido di carbonio. Per l’estrazione della bauxite si abbatte la foresta pluviale e si distruggono spazi vitali, e come prodotto di scarto si generano fanghi rossi, che sono altamente tossici”, spiega Raffeiner. “Del resto, anche le capsule monouso in materiale sintetico ‘biodegradabile’ in realtà non finiscono nel compost, ma vengono smistate negli impianti di compostaggio ed eliminate nei rifiuti residui”.

La nutrizionista ricorda che una soluzione più ecologica delle capsule per il caffè è rappresentata dai sistemi che producono poco scarto non riutilizzabile: la classica moka, la caffettiera a stantuffo (French press) oppure l’utilizzo di capsule in acciaio inossidabile ricaricabili in casa.

In ultima analisi, però, rispetto all’imballaggio è il caffè stesso a rivestire un ruolo molto più importante nel bilancio ecologico complessivo. “La questione determinante è in quale misura la coltivazione del caffè attraverso l’impiego di fertilizzanti e pesticidi, e il disboscamento della foresta pluviale incide sulla perturbazione ambientale”, rimarca Raffeiner. “Inoltre, va tenuto conto anche del consumo d’acqua: per produrre una tazza di caffè si utilizzano circa 140 litri di acqua virtuale”.