Umwelt | La polemica

Le Dolomiti e l'assedio delle auto

L’annosa questione dei passi dolomitici scandisce puntuale il ritorno dell’estate.

È una polemica che torna regolarmente ogni estate. E in queste settimane infuria con particolare impeto.

Perché l’assedio dei veicoli alle Dolomiti non conosce sosta. “Basta, è una schifezza”, si agita lo scrittore e alpinista Mauro Corona, “le Dolomiti vanno aperte a ore”. Lo segue Reinhold Messner: “Per cinque o sei ore al giorno i passi dolomitici dovrebbero essere chiusi alle macchine e alle moto per consentire a chi va a piedi o in bicicletta di godere appieno della natura circostante in modo sicuro”. È una proposta che trova consenso in un gruppetto di ciclisti romani arrivati da qualche giorno sul passo Sella. “Pedalare quassù è un incubo. Tra autobus, macchine , moto, gas di scarico e rumori mi ricorda quasi il traffico romano”, si lamenta uno di loro, Mauro Bianchini.

In estate sui valichi delle Dolomiti si registra un affollamento record: sul passo Sella transitano fino a seimila veicoli in un solo giorno, mentre sul passo Costalunga, che porta al celebre lago di Carezza, si contano fino a settemila veicoli al giorno.

Secondo uno studio dell’Accademia europea di Bolzano, i quattro passi attorno al massiccio del Sella sono attraversati ogni anno da quasi due milioni di veicoli, concentrati soprattutto nei mesi estivi, quando molte zone delle Dolomiti si trasformano in una specie di Disneyland alpino. Il grande parcheggio sotto il rifugio Auronzo, che offre il famosissimo panorama da cartolina sulle cime di Lavaredo, è raggiunto ogni anno da più di 50mila veicoli. Per percorrere i 7 chilometri della strada panoramica che porta al rifugio bisogna pagare un pedaggio di 25 euro.

Le province di Bolzano e Trento sono per la chiusura a fasce orarie, ma la regione Veneto si mette di traverso.

E aumentano anche i gruppi di motociclisti che cercano di inanellare più passi possibili in un giorno, con le loro moto roboanti che si sentono anche sulle vette più alte.

I quotidiani Alto Adige e Trentino pubblicano un articolo al giorno sul tema, e hanno lanciato la campagna “Salviamo i passi dal traffico”. I lettori possono scegliere tra tre ipotesi: un giorno di chiusura alla settimana, introduzione di un pedaggio o chiusura a fasce orarie. Quest’ultima ipotesi è stata preferita dal 51 per cento dei lettori. È una soluzione che doveva essere sperimentata questa estate sul Sella con un progetto pilota pronto ma miseramente affondato nel solito mare delle polemiche.

Le province di Bolzano e Trento sono per la chiusura a fasce orarie, ma la regione Veneto si mette di traverso: “Il Veneto dice no”, tuona il governatore Luca Zaia. “Serve rispetto per la libertà di circolazione”. L’assessore veneto all’ambiente, Gianpaolo Bottacin, non solo sostiene che la misura sia anticostituzionale, ma lancia anche accuse campanilistiche: “Trento e Bolzano vogliono la chiusura per toglierci turisti”. A Belluno si alza un coro di proteste, guidato dalla presidente della provincia Daniela Larese Furon.
 

In difesa del ritmo lento

In questa lotta naturalmente non possono mancare i personaggi famosi. Dal rifugio Roda di Vael, in Val di Fassa, lo scrittore Erri De Luca ha detto di sostenere con fermezza il blocco del traffico per alcune ore del giorno. È salito sul ring anche il noto volto della tv Luca Mercalli, che ha citato l’esempio dell’Austria, dove per la famosa strada panoramica del Grossglockner si paga un pedaggio di 25 euro che non ha mai suscitato proteste. Reinhold Messner ha fatto appello alla ragionevolezza: “Solo se andiamo a piedi o in bici, ovvero con un ritmo lento, possiamo veramente apprezzare ciò che ci circonda”. Anche Mario Tozzi e Licia Colò sostengono la battaglia degli ambientalisti, e lo stesso vale per una parte degli albergatori della zona. Come Michil Costa, proprietario del più noto albergo di lusso di Corvara.

Costa è tra gli inventori della maratona dles Dolomites, che da anni porta migliaia di ciclisti sui passi, chiusi per l’occasione. “È inutile che stiamo qui a promuovere le Dolomiti quale Eldorado per i ciclisti quando pubblicizziamo anche iniziative per le moto e le auto sportive”, diceva Costa tempo fa. “Sui passi dolomitici si vede di tutto. Il motociclista non è compatibile con il ciclista e nemmeno con la gente che va a camminare in montagna, quel rumore ci fa diventare pazzi”.

Ma i nodi verranno al pettine. Perché l’Unesco obbliga chi gestisce il territorio a realizzare progetti di mobilità sostenibile e attuare misure per la protezione dell’ambiente. In autunno degli ispettori dovrebbero verificare le cose fatte. Sarà un momento decisivo per le cinque province dolomitiche (Belluno, Bolzano, Trento, Udine e Pordenone), visto che l’Unesco può anche non riconoscere più un sito come patrimonio dell’umanità. L’ultima volta è successo nel 2009 in Germania, quando l’amena valle dell’Elba a Dresda fu cancellata dalla lista delle città patrimonio dell’umanità per la costruzione di un nuovo ponte, un progetto che aveva scatenato molte polemiche.

 

Questo articolo è apparso su Internazionale.