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I rischi dello smart working

Secondo un lavoratore su due lo smart working può contribuire a peggiorare il clima in azienda.
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Smart working
Foto: Unsplash

Il senso dello smart working, che è stato sperimentato nei  mesi di emergenza e quarantena, ha evidenziato diverse anomalie che richiedono una regolamentazione generale, prendendo in considerazione molti aspetti diversi delle attività lavorative.  Infatti in questa fase sono emerse diverse problematiche rispetto ad un’idea di lavoro agile , che fosse più in linea con la disciplina ordinaria e corrispondesse alle esigenze concrete dei lavoratori.

Va tenuto conto delle ricadute che, in particolare nell’impiego pubblico, possono verificarsi nei confronti degli utenti, soprattutto anziani che non hanno dimestichezza con l’utilizzo dei sistemi digitali e che non trovano più la soluzione dei propri problemi amministrativi nel confronto diretto con il personale addetto ai servizi allo sportello. Molte pratiche burocratiche, ormai affidate ad un front-office digitale,  incontrano grandi difficoltà da parte delle persone anziane. Se da una parte si possono osservare dei benefici al sistema sociale derivanti dallo smart working ordinario, dall’ altra parte vanno risolte e regolamentate le ricadute negative derivanti dal mancato contatto diretto tra utenti e personale degli uffici pubblici, creando il giusto equilibrio tra presenza sul posto di lavoro e l’applicazione di un esteso smart working generalizzato.

Si evidenzia in tal senso l’opportunità di una regolamentazione che soddisfi tutte le istanze generazionali. Trascorsa la fase “acuta” dell’emergenza nazionale e la limitazione fisica alla libertà di movimento, emergono alcuni punti che è necessario siano presi in  considerazione per la disciplina generale dello smart working e non può essere un discorso limitato al “mondo del lavoro”, ma deve tener conto di un’organizzazione sociale, pur riflettendo una nuova idea di contesto urbano, territorio amministrativo e, più in generale, spazio di azione di ciascuna persona.

Se, infatti, non è più necessario raggiungere con frenesia un “posto” di lavoro, i cittadini possono esplorare nuovi tipi di mobilità, finalmente superando l’automobile come mezzo ordinario di trasporto urbano. Recenti studi analitici informano che il “49,7% dei lavoratori agili lamenta infatti il maggiore stress ed ansia da prestazione prodotti dallo smart working. Anche lo stravolgimento delle relazioni con colleghi, capi, clienti, improntante al distanziamento fisico, alla lunga ha effetti controproducenti per circa un lavoratore su due. Il 49,7% segnala infatti il peggioramento del clima in azienda, l’indebolimento delle relazioni di lavoro; il 47% si sente marginalizzato rispetto alle dinamiche delle organizzazioni, mentre il 40% circa inizia a segnalare vera e propria disaffezione verso il lavoro. Circa un terzo (33%), infine, dichiara che il lavoro a distanza sta penalizzando la propria carriera e la crescita professionale”.

E’ quindi necessaria una valutazione approfondita per settori di lavoro, tenendo conto sia delle problematiche connesse con il lavoratore agile, sia delle ricadute sui servizi offerti al cittadino, tenendo conto che ancora la capacità di utilizzo informatico, trova ampie fasce di popolazione impreparate. Solo il lavoro analitico e dettagliato di esperti potrà fornire una base di regolamentazione dello smart working, che trovi un consenso dal confronto tra politica e associazioni sociali e che sappia fornire soluzioni compatibili e decisioni condivise.

 

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Gianguido Piani Mi., 29.09.2021 - 19:51

I piani digitali dei governi Renzi e Conte e il nuovo PNRR ammettono che l'Italia e' agli ultimi posti in Europa in quanto a digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Dietro di noi solo Grecia, Bulgaria e Romania. Qui non funziona come alle Olimpiadi.
Premesso questo, tutti e tre i progetti di digitalizzazione prevedono la chiusura totale degli sportelli al pubblico e l'accesso ai servizi unicamente per via digitale con SPID, Carta d'Identita' Elettronica o Carta Nazionale dei Servizi. Apoteosi dello smart working.
Al contrario, nei paesi dove la PA digitale funziona e funziona bene l'accesso di persona ai servizi pubblici resta possibile. E' chiaro che chi puo' regolare una faccenda da casa lo fa, ma e' proprio il sapere che l'accesso digitale e' facoltativo e non obbligatorio aiuta a sceglierlo. In ogni caso resta la sicurezza del contatto diretto.
La strategia italiana, inoltre, e' imperniata sull'uso dello smartphone e dedica poca attenzione a postazioni fisse. Molte soluzioni sono previste unicamente per smartphone, a iniziare dall'app IO. In paesi come la Finlandia e l'Estonia, con percentuali di penetrazione della telefonia cellulare molto maggiori che in Italia (incredibile!) meta' degli accessi ai servizi delle loro amministrazioni ha luogo da desktop e non da cellulare o smartphone.
Forse occorrerebbe rivedere la nostra strategia? Oppure spiegare ai finlandesi e agli estoni che loro sono scemi, antiquati, che noi italiani invece abbiamo capito tutto, che gli sportelli vanno sbarrati per tutta la popolazione e che la dichiarazione fiscale si compila meglio sullo smartphone che non su un computer fisso?
La limitazione dell'accesso fisico agli sportelli e' una delle piu' grandi fesserie che si possa attuare in un progetto di digitalizzazione. Se dal 24. posto vogliamo passare al 27. su 27, allora e' la strategia ideale.

Mi., 29.09.2021 - 19:51 Permalink