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Stallo alla colombiana

Paramiliatari colombiani armati nella Comunità di Pace di San Josè, vincitrice "Premio Diritti Umani" 2015/16. Volani (Operation Daywork): "Il pericolo è aumentato".
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Foto: operation daywork

Sembra essere passato inosservato ma la mattina del 29 dicembre dello 2017 un gruppo neo-paramilitare ha attaccato e commesso un tentato omicidio ai danni di alcuni componenti della Comunità di Pace di San Josè de Apartado in Colombia. Quattro uomini armati, dopo una lunga serie di minacce alla Comunità, hanno irrotto nel perimetro del piccolo villaggio per tentare battaglia e uccidere il leader Germàn Posso. Due degli uomini sono stati bloccati dagli abitanti della comunità e l'omicidio sventato, anche se la situazione in questo piccolo pezzo di Colombia non è ancora affatto delle migliori.

La paranoia e la paura hanno cominciato a fare breccia e il paesino è ormai presidiato dai suoi abitanti giorno e notte, per evitare che intrusi e paramilitari - i “Para” -  entrino di nuovo a minare la pace di San Josè de Apartado.La Comunità fa parte di un progetto internazionale chiamato Operation Daywork, fondato in Norvegia e attivo anche in Italia. L'associazione permette agli studenti delle scuole superiori di lavorare per un giorno e devolvere il ricavato in beneficienza, per supportare diversi progetti in tutto il mondo. Abbiamo quindi contattato un'esponente italiana dell'associazione, Alessandra Volani, che ha contatti con le associazioni ancora presenti sul territorio e che ci può fornire qualche informazione in più.

 

salto.bz: Perchè secondo hanno attaccato la comunità di San Josè? Hanno fatto qualche passo falso in un territorio presidiato da altri?

Alessandra Volani: A nord-ovest, nella regione di Antiochia, ci sono diversi gruppi paramilitari e uno di questi ha attaccato la nostra comunità. E' una zona strategicamente importante, nonostante gli annunciati accordi di pace. Santos ha persino ricevuto un Nobel per questo ma è un grande presa in giro, il pericolo è solo aumentato.

I Para vogliono il controllo della zona, per riconvertire le piantagioni ci cacao e di caffè in piantagioni di coca. Il discorso si collega al narcotraffico ma anche alle grandi multinazionali, che subappaltano ai paramilitari lo sgombero di intere aree per la loro produzione. La comunità di pace è stata attaccata perché neutrale, contadini, vogliono avere una vita normale.

 

 

Come intendete far conoscere e sensibilizzare questo fatto?

Ogni anno diamo un premio per i diritti umani, vinto alla comunità nel periodo 2015/2016 e stiamo informando i media e gli studenti, ovvero i nostri partecipanti alle attività, che hanno vissuto e dormito in quelle zone -  come noi -  di questo grave accaduto. Continuiamo il nostro lavoro informativo.

Nella comunità cosa si fa?

Si vive una vita normale e quotidiana in tante comunità, che sono dislocate in tutto il territorio. La zona che è stata attaccata è quella che ritenevamo più sicura dove vivere, dove noi abbiamo dormito. I contadini non si fanno comprare dalle multinazionali e ci stiamo attivando per dei percorsi scolastici, per non far sentire in pericolo i bambini, presi di mira dai paramilitari. I Para conoscono i membri della comunità, che sono stati anche minacciati e uccisi.

 

L'associazione cosa chiede alla società e alle autorità competenti?

Chiediamo che la società civile sia informata di quello che accade in Colombia e che conoscano almeno il coraggio di questa comunità. Chiediamo alle autorità colombiane di agire e anche alle istituzioni italiane, che in Colombia hanno un certo peso a causa di importanti accordi economici, come già hanno fato Svizzera e Norvegia.

Avete avuto novità da San Josè dal 29 di dicembre?

Sul territorio è presente l'Operazione Colomba, che cerca di preservare la sopravvivenza della comunità. Gli abitanti hanno cominciato a fare delle ronde per vedere chi entra e chi esce. Le minacce continuano e la paura non si arresta.