Politik | L'SVP e l'autonomia

Un’autonomia completa non deve far paura

La proposta di legge sull’autonomia integrale, depositata in Parlamento dai senatori SVP il 23 marzo 2018, ha suscitato una levata di scudi da parte di alcuni politici.
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Una levata di scudi non solo fra i nazionalisti irriducibili che a torto paventano la minaccia di una “via catalana”. Anche la Lega, partito che da decenni si vanta di impegnarsi per più poteri alle regioni, per bocca del suo capo ha subito gelato l’iniziativa SVP, senza approfondire questa proposta assai interessante per il futuro sviluppo della nostra autonomia. E con questo partito la SVP pianifica la prossima coalizione?

“Occorre capire come vedono a Roma lo sviluppo dell’autonomia nei prossimi 25 anni”, afferma l’autore principale di questo disegno di legge Karl Zeller, che vede in questo progetto il banco di prova per l’attuale governo in vista di un’eventuale collaborazione. Zeller tace sul fatto che i governi dell’ultima legislatura targati PD non dovettero superare questa prova per entrare in alleanza, benché il disegno di legge sull’autonomia integrale quasi identico fosse già stato presentato in Senato il 15.3.2013, ma poi neanche minimamente discusso, anzi: il governo Renzi con la sua riforma della Costituzione 2016 avrebbe creato un contesto più sfavorevole per ogni ampliamento di autonomia delle Regioni a statuto speciale. Zeller pure glissa sul fatto che, dopo la conclusione della Convenzione sull’autonomia nel settembre 2017, spetterebbe al Consiglio provinciale fare il prossimo passo elaborando una sua proposta di riforma dello Statuto, possibilmente condivisa da più forze politiche. Tuttavia è assolutamente doveroso valutare bene ogni aspetto di questo disegno di legge (n. 43/2018 e altri 3), che “presenta un concetto avanzato di sviluppo dell’autonomia” (Karl Zeller).

Il disegno di legge innanzitutto intende completare l’ambito delle competenze delle Province autonome, il cuore di ogni autonomia territoriale. Diventerebbero ben 58, ben distinte da quelle statali, perché in numerose materie finora le competenze legislative o erano parziali, solo delegate o mancanti, basta pensare all’energia, al sistema di formazione, alla sanità. Ciò che conta di più è l’abolizione della categoria di competenza “concorrente”, che eliminerebbe alla fonte la causa centrale di tanti conflitti fra il Governo e le Province autonomie. Dal 2001 si sono registrati più di 100 casi di impugnazione di leggi provinciali e statali, e in più della metà dei casi le Province hanno perso la causa davanti alla Consulta. Sarebbe un gran balzo di qualità per la nostra autonomia e per nulla utopistico, tant’è vero che questo passo era previsto dalla riforma costituzionale Boschi-Renzi per tutte le Regioni ordinarie.

La Regione Trentino-Alto Adige nel disegno di legge SVP non verrebbe abolita, come insinuato da qualche commentatore ma semplicemente alleviata di tutte le competenze legislative per trasformarsi in una sede istituzionale più libera di collaborazione fra le due Province autonome. Ne trarrebbe profitto anche il Trentino che vedrebbe allargato il suo grado di autonomia. La Regione futura sarebbe più snella, meno costosa, lascerebbe i compiti a chi sa gestirli meglio e verrebbe finanziata dalle due Province anziché dallo Stato. Anche il superamento della figura del Commissario del Governo, affidando i suoi compiti ai Presidenti delle due Province, non è nessuna novità per il quadro istituzionale italiano, perché funziona così nelle altre Regioni a statuto speciale: perché non anche nella nostra?

In tema di finanze il disegno di legge SVP ribalta il principio del prelevamento delle imposte statali attribuendo questo compito alle Province con le loro agenzie delle entrate, che a loro volta ogni anno verserebbero il contributo spettante allo Stato nelle sue casse. Sono le Province che hanno il filo più diretto col contribuente per un servizio più efficace e decentralizzato, e questo passo farebbe coincidere il livello governativo che eroga e che incassa la maggior parte dei fondi pubblici. Una proposta già sul tavolo delle trattative da tanti anni che non va confusa con l’autonomia impositiva. Infine, il disegno di legge SVP, oltre altri ritocchi interessanti dello statuto del 1972, ripulisce il testo dello Statuto di tanti termini e passaggi che gli ultimi 46 anni hanno reso del tutto superati.

Con questo non intendo qualificare la proposta SVP come progetto di riforma dello Statuto già perfetto. Infatti, benché modificasse la maggior parte degli articoli dello Statuto non è ancora completo e tace su vari altri aspetti che vanno ripensati: per esempio vanno precisati i diritti di partecipazione diretta dei cittadini, vanno ampliati i diritti delle due province nei rapporti internazionali, va rafforzato il ruolo del Consiglio provinciale e democratizzato quello delle Commissioni paritetiche, va ampliata la rappresentatività etnica della Giunta provinciale. Ciò che conta è comunque di capire che la modernizzazione della nostra autonomia è utile per tutta la popolazione e potrebbe essere sostenuta da tutti i gruppi linguistici anziché essere vista come minaccia. Non si tratta quindi di trattarla come una futura merce di scambio per qualche poltrona a Roma e Bolzano, ma come una richiesta legittima di tutta una provincia (o di entrambi) che a ragione insiste di avere un’autonomia specialissima. Si tratta di potenziare la nostra capacità di autogoverno, ma in un modo più pluralistico, partecipativo e rappresentativo per tutti i gruppi.