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Facile come creare un’app

Ilenia Fronza, ricercatrice alla Lub, racconta il successo della MobileDev Summer School dove i ragazzi imparano a realizzare le app per i dispositivi mobili e non solo.
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Piccoli sviluppatori crescono. Si chiama MobileDev Summer School e consiste in una settimana estiva di lezioni e attività in laboratorio sugli argomenti più attuali dello sviluppo software per dispositivi mobili dedicata agli studenti delle scuole superiori. A guidare i ragazzi in quest’avventura tecnologica - tenutasi quest’anno, per la sua terza edizione, dal 31 agosto al 4 settembre scorso - Ilenia Fronza e El Ioini Nabil, ricercatori alla Facoltà di Scienze e Tecnologie informatiche della Libera Università di Bolzano. 

Fronza, ci spiega qual è l’obiettivo che si propone di raggiungere la MobileDev Summer School?
Quello di rendere gli studenti in grado di creare applicazioni per dispositivi mobili, allo stesso tempo aiutando i partecipanti ad acquisire il pensiero analitico necessario. Per raggiungere tale scopo si dedica molto spazio all’idea dell’applicazione (che viene dai ragazzi), allo studio della fattibilità, al design progressivo della soluzione. Questo approccio alla soluzione, chiamato pensiero computazionale o Computational Thinking, è ormai indispensabile qualunque sia l’attività lavorativa che verrà scelta dai ragazzi, anche in campo non informatico.

Ci può descrivere che tipo di esperienza è stata per i ragazzi che hanno partecipato alla scuola?
L’esperienza è stata positiva e l’ambiente informale e rilassato della scuola estiva si è dimostrato ancora una volta vincente. I partecipanti erano 18 -tutti perlopiù avevano concluso terza e quarta superiore -, provenienti da Bolzano e provincia. Una particolarità della scuola è che non si richiedono conoscenze pregresse, hanno partecipato quindi studenti e studentesse provenienti da scuole di diverso indirizzo, dal classico all’informatico, passando per il linguistico e l’economico e sociale.

Oltre al sistema operativo Android i ragazzi lavorano con il “MIT AppInventor”, di cosa si tratta esattamente?
È un framework che permette di programmare piuttosto semplicemente, evitando problemi di sintassi e concentrandosi sulla logica (come è raccomandabile fare nelle prime esperienze di programmazione).

La scuola prevede oltre alle lezioni teoriche anche l'esperienza pratica in laboratorio, quali sono le attività che hanno impegnato gli studenti?
Gli studenti hanno seguito lezioni sulla progettazione delle soluzioni, l’introduzione alla programmazione, il design di applicazioni. I concetti venivano poi subito messi in pratica in laboratorio per la creazione della applicazione scelta dai ragazzi. L’aspetto più positivo per i partecipanti è lavorare ad un prodotto, cioè poter in poco tempo creare qualcosa, un’app, che possono installare sul loro cellulare e mostrare a famiglia e amici.

Quali idee hanno presentato e che tipo di applicazioni hanno progettato i ragazzi?
Le idee vengono appunto direttamente dai ragazzi e parte del corso è dedicata proprio a trovare l’idea e ad impostarla in modo che diventi fattibile.
Qualche esempio: un’applicazione per memorizzare tutti i libri letti e le informazioni rilevanti (autore, trama, appunti personali, etc.); un’applicazione per scrivere sms dettandoli a voce; un gioco in cui un calciatore deve fare gol superando degli ostacoli; un’applicazione per modificare, condividere e stampare fotografie (sulla falsa riga di Instagram).

Oltre ad aiutare i giovani a sviluppare alcune specifiche competenze informatiche c’è stata anche la volontà di applicare una didattica incentrata in generale sul problem solving?
Certo, l’idea è proprio quella di “usare” l’interesse per lo sviluppo di applicazioni per cellulari per diffondere un approccio specifico alla soluzione, il pensiero computazionale, appunto. L’utilizzo di un framework come AppInventor permette inoltre di mostrare che la programmazione è accessibile, e che tutto si semplifica con un design della soluzione oculato. Con questo mindset, il passaggio a un linguaggio di programmazione diverso viene semplificato notevolmente.

Come si realizza un’app di successo? 
Bisogna trovare l’idea giusta al momento giusto (penso ad alcuni giochi che diventano virali, ad esempio). Per farla diventare poi un’app “solida” bisogna riuscire a soddisfare le necessità dell’utente, e tenere l’utente stesso costantemente attivo, evitando cioè un breve utilizzo dovuto a un’iniziale curiosità, e inoltre garantire qualità e affidabilità.

Il lavoro da sviluppatore in Italia è una possibilità concreta o bisogna puntare all’estero?
È possibile anche in Italia, e anche in provincia ci sono aziende che ricercano questo profilo.

La costante evoluzione del web e i nuovi strumenti tecnologici impongono inevitabilmente la necessità di nuovi profili professionali. Quale ruolo può assumere l’università per incontrare quelle che sono le esigenze del mercato del lavoro?
Credo che sia importante proporre una didattica che risponda il più possibile a queste esigenze, tenendo anche conto del feedback proveniente dalle aziende stesse.