Politik | la sentenza

10 anni di residenza: è discriminazione

Il tribunale di Trento ribalta la legge voluta dal presidente Fugatti, che la Lega propone a Bolzano, sull'accesso agli alloggi popolari e ai contributi degli affitti.
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Foto: Progetto Melting Pot Europa

Una sentenza destinata a fare storia: il tribunale ha condannato ieri, martedì 29 settembre, il Comune e la Provincia di Trento a causa del vincolo dei 10 anni di residenza in Italia imposto dalla legge provinciale n. 5 del 2019, per il disciplinamento dell’accesso agli alloggi popolari e ai contributi integrativi per il canone di locazione.
Il caso è stato sollevato da un cittadino etiope, residente in trentino da diversi anni, che ha presentato il ricorso assieme all’Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione dopo essersi visto rigettare la propria domanda da parte degli uffici comunali.

Vane sono state le motivazioni della Provincia, che giustificava il requisito dei dieci anni di residenza sul territorio nazionale mettendolo in correlazione con le leggi sul reddito di cittadinanza: la norma in questione viola a pieno la direttiva 109 del 2003 dell’Unione Europea sulla parità di trattamento ai titolari di permesso di lungo periodo. In ben 57 pagine di sentenza, il giudice - sottolineandone i tratti discriminatori - ha constatato l’illegittimità della legge, in quanto ha escluso, come il ricorrente, diversi cittadini stranieri già da tempo presenti attivamente sul territorio provinciale e nazionale.

La riproposizione della stessa iniziativa si è vista anche a Bolzano, dove la Lega auspicava - assieme al patentino di “buona condotta” - un giro di vite per quanto concerne i criteri dell’assegnazione delle case IPES, attraverso l’inserimento di un vincolo analogo all’interno del disegno di legge sull’edilizia popolare che andrebbe ad innalzare il requisito di residenza locale dai tre ai dieci anni. Un'idea mai accantonata che però adesso troverà vita assai dura nella sua possibile implementazione.

 

Senza se e senza ma

 

Ritenendo non necessario il rinvio presso la Corte Costituzionale, per scongiurare il reiterarsi della discriminazione il giudice ha ordinato la disapplicazione immediata, con effetti retroattivi, della norma fino alla modifica del “Regolamento in materia di edilizia abitativa pubblica”. Il Comune di Trento dovrà infatti riammettere all’interno della graduatoria sia il ricorrente sia tutti i richiedenti in possesso di permesso di soggiorno di lungo periodo, e sarà condannato a pagare 50 euro per ogni eventuale giorno di ritardo nell’applicazione della sentenza. La Provincia sarà invece costretta a riaprire, in favore degli esclusi dal vincolo di residenza, i termini di presentazione delle domande per gli alloggi non ancora assegnati. Entrambi gli enti saranno tenuti a fornire un’adeguata comunicazione della modifica del regolamento, mediante la pubblicazione della sentenza per una durata di tre mesi sulla home page dei propri siti istituzionali.

 

Le reazioni

 

“La decisione dovrebbe essere materia di riflessione anche per il Governo rispetto alle norme sul reddito di cittadinanza - è il commento riportato dagli avvocati di ASGI - Per il Trentino poi è un primo passo molto importante per rimuovere le norme introdotte dalla Provincia negli ultimi anni in materia di welfare (come ad esempio la modifica della disciplina sull’assegno unico provinciale) che hanno determinato effetti gravissimi di esclusione in danno degli stranieri, in contrasto con le politiche di inclusione che l’Unione Europea ci sollecita e che andrebbero a vantaggio di tutta la comunità”.