Gesellschaft | kalašnikov&valeriana

Le parole per dirlo

Raccontare la violenza maschile contro le donne non è né semplice né scontato. Un piccolo vademecum per evitare la vittimizzazione secondaria.
non una di meno
Foto: Non una di meno

Ci risiamo: anno nuovo, vita nuova, propositi nuovi… Il mio personale proposito riguardo a kalašnikov&valeriana è quello di trasmettere ancora meglio concetti di femminismo vissuto ed essere possibilmente di ispirazione (va bene anche spunto di discussione) per lettrici e lettori interessati.

Recenti discussioni con amici e conoscenti giornalistə mi portano a voler iniziare il 2023 con uno spunto dedicato proprio a loro. Raccontare la violenza maschile contro le donne non è né semplice né scontato. Ogni narrazione può contestare o confermare luoghi comuni e stereotipi che conducono a vittimizzare nuovamente le donne che hanno subito violenza, esponendole ad un ulteriore trauma (ne ho scritto nell'articolo Victim Blaming). Le parole e le immagini scelte non sono mai neutre. Come dunque evitare stereotipi, pregiudizi e schematismi che portano alla vittimizzazione secondaria, pur rimanendo fedeli ai principi cardini della cronaca, ovvero verità oggettiva, utilità sociale dell’informazione e continenza?

Ogni narrazione può contestare o confermare luoghi comuni e stereotipi che conducono a vittimizzare nuovamente le donne che hanno subito violenza, esponendole ad un ulteriore trauma

Ne parla Le parole per dirlo - Linee guida sulla narrazione della violenza maschile contro le donne, una guida realizzata nell’ambito del progetto Never Again – contro la vittimizzazione secondaria. In sintesi, si tratta di un vademecum per tutte e tutti coloro che si occupano di informazione per riflettere su come i media raccontano la violenza maschile sulle donne, rintracciando stereotipi, pregiudizi e schematismi ricorrenti. Passo per passo si analizzano i 7 punti cruciali per evitare la vittimizzazione secondaria, ovvero quel fenomeno che vede donne che hanno subito violenza vittimizzate una seconda volta:

  1. Nominare la violenza maschile contro le donne.
    È un fenomeno storico, politico e sociale che ha cause, dinamiche, effetti e gravi conseguenze sulle donne. Si tratta di un fenomeno strutturale e non di un’emergenza, come mostrano i dati e i numeri sui femminicidi.
  2. Non ridurre la violenza al raptus, al delitto passionale, alla gelosia ecc.
    Quando un uomo agisce violenza contro una donna non sta perdendo il controllo, lo sta prendendo. I dati e le ricerche sui femminicidi e sulla violenza contro le donne mostrano che la violenza è un’escalation, una sequenza di atti, non siamo di fronte a qualcosa di improvviso e imprevedibile.
  3. No alla narrazione di particolari delle violenze subite.
    La verità sta nei fatti, non nei dettagli che solleticano il voyerismo o incitano reazioni di pancia nei lettori e nelle lettrici.
  4. No alla colpevolizzazione della vittima.
    Nei reati di maltrattamenti e violenza contro le donne accade ancora che siano proprio le donne ad essere ritenute responsabili per le violenze subite, persino quando sono assassinate. Una situazione che non si verifica per nessun altro reato. Quando si colpevolizza una donna per violenze che ha subito ricercando le cause del maltrattamento o dello stupro nei suoi comportamenti si assume lo stesso punto di vista dell’autore di violenza e si rafforza la cultura che produce il femminicidio.
  5. No alla deresponsabilizzazione dei comportamenti del violento e al racconto dalla parte di lui.
    Il racconto in alcuni casi scivola nella parzialità, cioè diventa un racconto dalla parte di lui, talvolta attraverso i suoi occhi e le sue parole, senza un adeguato bilanciamento.
  6. No alla spettacolarizzazione della violenza.
    Una donna che rilascia un'intervista può uscirne rafforzata per aver condiviso la propria storia, sentendo di essere utile a donne nella sua situazione. O indebolita, sentendosi scippata della propria testimonianza, che può essere manipolata o strumentalizzata, danneggiando così il suo processo di elaborazione del trauma.
  7. No alla pubblicazione di immagini che distorcono il fenomeno della violenza.
    Le immagini che illustrano le notizie di violenza sono spesso le immagini della “coppia felice”, anche quando la donna è vittima di femminicidio. Si tratta spesso di immagini tratte dai profili social delle persone coinvolte, che ritraggono la vittima abbracciata all’assassino, ponendo l’accento ancora una volta sul binomio amore e morte.

Tutto qui - 7 semplici punti da rispettare, un vademecum di poche pagine da consultare ed ogni giornalista ha la possibilità di contribuire in prima persona a combattere la violenza maschile contro le donne. Spero possa rientrare nei buoni propositi per il 2023 di qualcunə (non avete idea di quanto ho riflettuto sulla lingua da usare per questa puntata di kalašnikov&valeriana, affinché possa essere comprensibile sia per operatori e operatrici dei media tedeschi che dei media italiani).

Il manuale può essere scaricato gratuitamente QUI.