Umwelt | E-Test Days

Day One - Primo contatto

Parte la nostra e-week, in cui abbiamo organizzato una serie di tour regionali per incontrare amici e partner, e per scoprire il Sudtirolo a misura di auto elettrica.
Hinweis: Dieser Artikel ist ein Beitrag der Community und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.
img_7251.jpg
Foto: ©Wenzel Kubicek

Sono le ore 10 quando Wenzel arriva con le chiavi della Nissan Leaf che avremo a disposizione per questa settimana.

Colore nero, linee moderne, viene offerta dalla concessionaria Rotalnord di Faedo, pochi chilometri a sud di Salorno nell'ambito degli "E-test" days.

 

Facciamo subito un mea culpa: nessuno di noi è particolarmente fit con il mondo delle e-auto. Io ho seguito su Facebook alcuni resoconti di Nicola Armaroli che appunto si è comprato una Nissan Leaf di cui è molto contento, seguo il dibattito generale, ma anche in maniera superficiale, con l'obbiettivo di capire se effettivamente siamo di fronte al futuro, o ad una riedizione colorata di verde del passato.

***SPOILER**** non credo che da questo blog esperienziale verrà fuori una risposta a questo come ad altri quesiti nodali relativi al disegno generale, chi siamo e dove andiamo, anzi, rivendicando lo spirito autoptico tipico dello storico Erodoto ci lanciamo alla riscoperta delle meraviglie della regione senza emettere in loco miasmi putrescenti e polveri sottili e limitandoci a raccontare quel che accade.  ***SPOILER END****

Il veicolo ha un'autonomia a piena carica di circa 270 km. Ha la possibilità di inserire un sistema eco che permette di ottimizzare i consumi, e un altro bottone azzurro "e-pedal" che funziona in questo modo: togliendo il piede dall'acceleratore il veicolo frena dolcemente, ricaricando la batteria. Questo permette, specialmente in un uso urbano, di ottimizzare i consumi e di allungare i chilometri.

La meta di oggi è Trento con puntate sparse nella bassa Atesina, la colonnina di mercurio schizza verso l'alto in maniera preoccupante, credo sia il giorno meno indicato per fare qualsiasi cosa che non sia comporre carmi all'ombra di un ulivo in compagnia di ovini e fauni selezionati.

Il team è composto da me e dal biondo Domenico, uomo immagine e nunzio di buone novelle (nomen omen), che per fronteggiare il caldo estivo si è vestito con scarpe chiuse, pantaloni lunghi e camicia a maniche lunghe. Domenico suda, e suderà per tutto il giorno.

 

Sparcheggiamo la Nissan Leaf, che è di un appropriato colore nero, e ci dirigiamo direzione Oltreisarco zona industriale. La vettura è silenziosa, ha una partenza vigorosa, anche troppo vigorosa, e si guida con un dito. Nel display le informazioni sono assai chiare, in caratteri cubitali viene indicata in chilometri l'autonomia, una barra mostra lo stato di carica, ci sono sensori e camere dappertutto e il sistema per parcheggiare crea una simulazione dall'alto che dovrebbe agevolare qualsiasi manovra. Io che non sono abituato troppo a queste meraviglie, continuo a fare un uso analogico del mezzo, anche perchè altrimenti mi sembra di guardare un film e rischio di perdermi nella contemplazione.

Scivoliamo sull'asfalto liquido di Bolzano, non c'è troppo traffico e dobbiamo ricorrere all'aria condizionata. Questo accorcia subito l'autonomia e ci leva un 10-20 km dalla disponibilità di carica. Dobbiamo consegnare agli uffici di un partner una busta e quindi lascio a Domenico il compito di fare da navigatore. Quando ci ritroviamo in Via Galvani direzione mare, capisco che Domenico non è il miglior navigatore che si possa desiderare, e che se fossimo in un rally ad alto tasso di adrenalina, usciremmo alla prima curva mentre lui è intento a commentare il volo delle farfalle.

Oltretutto tra una cosa e l'altra, è tutto chiuso, è mezzogiorno, qui a Puerto Escondido tutti stanno rinchiusi a mangiare fagioli per pranzo, e noi invece ci trasciniamo tra il cemento della zona industriale per consegnare le buste che dobbiamo consegnare. Qualcuno ogni tanto ci apre. Alla fine Domenico esce in missione mentre lo aspetto in auto a motore spento e finestrini chiusi, l'acqua che mi sono portato è stata dimenticata nel bagagliaio. Potrei alzarmi per prenderla, ma sono troppo impegnato a sopravvivere ed ogni movimento deve essere dosato accuratamente.

Stanti gli uffici chiusi e i colpi incessanti di Balrog inferociti, ci avviamo al casello autostradale direzione Trento. Obbiettivo della giornata in verità è andare a visitare gli amici nonchè partner de "Il Dolomiti". È una bella occasione per fare un giro a Trento e per vedere la loro redazione.

In autostrada cerco di andare ai 110, ma la macchina è scattante e lasciata andare si porta con agio ai 130, dunque cerco di tenere il tachimetro sotto controllo e mi sforzo di andare ai 110. Ammetto di non aver studiato molto il significato delle varie indicazioni sul display, cerco di tenere i giri entro la fascia azzurrina "eco", che suppongo indichi consumi contenuti, ma la logica della barra a volte mi sfugge. Probabilmente è colpa mia, vedremo nei prossimi giorni.

Il traffico è scorrevole,  Trento dista poco di che, e in breve tempo siamo arrivati, con un residuo di carica inferiore alle mie aspettative, io peraltro fatico a tenere sotto controllo i chilometri effettivamente percorsi. Anche in questo caso il pilota scafato smanetta con il display e riesce ad avere tutto sotto controllo. Io invece sono un po' refrattario alle novità, e quindi mi inchiodo a guardare quanti chilometri mi restano prima di restare a piedi, e procedo con cautela. Ascoltiamo una radio bavarese, e per navigare usiamo google maps sul cellulare, sarebbe meglio tacere questi dettagli per non perdere la stima dei lettori, ma è giusto confessare i propri ammanchi prima che essi vengano a galla da sè sbugiardando le nostre arguzie.

 

Trento è una città interessante. Esci dall'autostrada, ti infili nella stretta tangenziale e vai sempre dritto. Prendi un'uscita qualsiasi e vai sempre dritto. E prima o poi arrivi dalle parti della stazione. In via della Dogana da giorni ci viene ripetuto esserci una colonnina di ricarica, a questo punto siamo tipo al 62%, abbastanza per tornare, ma anche abbastanza per fare una bella ricarica. Dunque andiamo in via Dogana. Ad un primo passaggio non notiamo nessuna colonnina. Dopo altri otto passaggi, andando anche nella corsia di kiss and go della stazione fs, niente colonnine. Dopo ventuno giri di piazza c'è molto nervosismo. Google Maps dice che siamo in Europa ma non riesce ad essere più preciso, i nostri cellulari hanno una velocità di connessione livello bradipo, l'analogico reclama il suo, come quando andando in giro con il GPL ti davano un libretto, mica un indirizzo web. Voglio comunque sottolineare che anche in questo caso è colpa nostra, Domenico si intende di motori come io di astrofisica, per spendere meno abbiamo connessioni difettose e cellulari obsoleti di provenienza sospetta, in realtà siamo in due a navigare con la mia connessione generosamente offerta in hotspot, ci manca solo lo scotch a rimarcare la precarietà del tutto, alla fine tiro fuori il portatile e cerco sul sito ufficiale di greenmobility l'ubicazione esatta della colonnina, e scopriamo che si trova in un parcheggio all'imbocco della via. Abbiamo una carta ricarica offerta da Alperia che è compatibile con la colonnina, la quale però presenta un sensore cardless un po' rovinato e consunto, non c'è un display ma solo una luce rossa che ogni tanto diventa verde per tornare rossa. Nessun bip. Nessun flip. Sono confuso. Il sole picchia in quel momento i suoi colpi più duri e sono ricoperto di gelatina. Alla fine collego tutto sperando in Dio, e ci avviamo strisciando verso gli uffici de Il Dolomiti. Trento sembra Siracusa, in giro solo alcuni giovani coraggiosi e alcuni dromedari. Domenico si segna la via della redazione de Il Dolomiti, ma non il civico, trovato il civico troviamo anche la redazione, il pomello d'ottone dell'antico portone è rovente come metallo fuso, io non lo so e lo stringo con tutte le mie forze residue tatuandomi sul palmo i bei motivi ornamentali che un antico artigiano ha cesellato con cura. Ci accoglie il direttore Luca Pianesi, in impeccabile camicia bianca, i locali sono veramente bellissimi, soffitto in legno, spazi, tutti sono molto accoglienti e ci tratteniamo raccontandoci un po' come va come non va scambiandoci idee e progetti in corso d'opera. Dopo le recenti acquisizioni Athesia in terra trentina, il Dolomiti resta praticamente l'unica testata giornalistica indipendente in città, un'indipendenza orgogliosamente rivendicata anche nei modi e nella scelta di non accettare contributi pubblici per sostenere il progetto.

 

Ci tratteniamo una mezzoretta, e poi chiediamo dove si trovi la gelateria più vicina.

La gelateria più buona più vicina si chiama "La Gelateria", è a poche centinaia di metri, lungo le ampie vie del centro di Trento, dove se chiudi gli occhi vedi cortei papalini da una chiesa all'altra mentre si ridisegna il potere temporale e la teoria del potere in Europa. Quel che c'è aprendoli è la nostra gelateria, e davanti un gazebo di estrema destra con un signore senza denti ed un cyborg muscolosissimo con alcune lenzuola recanti messaggi importanti e decisivi: "Via i Prof (a capo) ughi", "Basta droga/i", e un paio di tricolori. Il gelato mantiene la sua consistenza per i dieci secondi successivi all'acquisto, dopo collassa senza forma verso il suolo rendendo la suzione impacciata e trasformando la mia maglietta in un campo di battaglia. Domenico invece, in quanto supergiovane, riesce a sorbire il suo con grazia sopraffina. Fa comunque un caldo becco.

Torniamo alla macchina, scoprendo che durante la nostra assenza la colonnina non ha caricato nulla. Sicuramente ho sbagliato qualcosa. Per fortuna abbiamo abbastanza carica per tornare.

Prendiamo a questo punto le statali, perchè sulla via del ritorno dobbiamo consegnare alcuni pacchi ad alcuni partner, tra Kurtatsch/Curtaccia, Neumartkt/Egna Kaltern/Caldaro ed Eppan/Appiano.

Per risparmiare sulla carica disattiviamo l'aria condizionata, oramai siamo le ombre di noi stessi, i finestrini abbassati. Sbagliamo strada decine di volte, anche perchè Domenico mi dice di svoltare una cinquantina di metri dopo aver superato il bivio. Guarda affascinato i meleti, mentre io guardo atterrito il residuo di batteria che scende impietoso. Devo dire di essere una persona ansiosa, quindi anche questa smania dipende più da un difetto mio che da un problema generale.

Si fa man mano tardi, e quando ci aggiriamo per le vie più alte di Caldaro foschi nembi oscurano l'orizzonte, ma non piove. Solo che talvolta capita anche di non trovare i posti dove dovremmo andare, e che google maps a volte ci vuole mandare in strade vietate o comunque ripide e stretti vicoli perigliosi, perciò tocca allungare e tenere le vie maestre. Caldaro con i suoi sensi unici cerca di imprigionare noi che non siamo pratici delle vie del paese, solo con estremo sforzo riusciamo a tornare sulla Strada del Vino.

Mentre ad Appiano aspetto che Domenico torni dalla piazza, un austriaco mi si ferma dietro pensando che tutti noi si sia fermi ad una precedenza intenti ad aspettare qualcosa prima di levarci di mezzo. Metto le quattro frecce, capisce che nessuno si muoverà, ma alla fine parte solo quando parte io. Forse sono allucinazioni, boh.

Arriviamo a Bolzano con la macchina che oramai ha meno del 20% di carica, mollo Domenico a casa sua e torno verso l'ufficio. I passanti guardano con curiosità questa macchina hitech che non fa rumore, io mi sento un po' a disagio e intanto cerco di capire se riuscirò a prendere la corriera delle 18.20 per tornare a casa. Arrivo nelle colonnine di Via Piave e con estremo scorno noto un altro problema relativo alle macchine elettriche, e cioè  il parcheggio di merda. Un Porsche di Germania infatti invade la mia piazzola dedicata di quasi un metro, e la piazzola anteriore è occupata da una Tesla regolarmente parcheggiata ma che comunque mi costringe ad una faticosa manovra di inserimento che era dai tempi di Milano che non mi succedeva più, solo che ho l'ansia del tocco, cosa che un tempo proprio zero, e quindi manovro di millimetro in millimetro in un tripudio di bip,bip bip bip bipbibpbipbip biiiiiiiiip che sento che presto mi trasformerò nel Michael Douglas di Un giorno di ordinaria follia.

Il risultato finale è imbarazzante per le mie qualità di pilota e parcheggiatore semiprofessionale, sulla chat dei colleghi volano le pernacchie. Sono le 18.29, la mia corriera è lontana, ne approfitto per riportare a Valentino il cavetto USB con il quale abbiamo alimentato tutto il giorno i nostri cellualri, e che forse hanno contribuito a consumare la batteria della Nissan.

 

Adesso, per lo urban tour del martedi, capiremo se in effetti si è ricaricata durante la notte. Altrimenti, altre pernacchie, ed uno scappellotto.