Umwelt | L'intervista

“Il 2018 anno nero per i ghiacciai”

Roberto Dinale, vicedirettore dell’Ufficio idrografico della Provincia, mette in guardia: “Forte arretramento dei ghiacciai altoatesini, in pericolo le risorse idriche”.
Dinale, Roberto
Foto: USP

salto.bz: Dott. Dinale, lei ha di recente affermato che “i ghiacciai alpini e quelli altoatesini in particolare non sono ancora malati terminali, ma in forte agonia”, posto che questa non è purtroppo una novità, cosa sta accadendo nello specifico in questo momento?

Roberto Dinale: Il cambiamento climatico sta mettendo a dura prova l’alta montagna. Con l’aumento delle temperature i primi a farne le spese sono i ghiacciai e ne risentono in modo “appariscente” nel senso che, anche se forse lo scioglimento del permafrost non è un fenomeno che tutti vedono a occhio nudo, nel caso dei ghiacciai invece l’arretramento è evidente. Non a caso anche i vari consessi internazionali indicano i ghiacciai come una sorta di cartina tornasole, un elemento che possa servire ad aumentare la sensibilità collettiva rispetto al cambiamento climatico proprio perché è palese il loro arretramento. Dopo la cosiddetta piccola età glaciale, che si fa risalire alla seconda metà del 1800, c’è stato un riscaldamento in parte dovuto a cause naturali ma soprattutto, dal boom economico in poi, alle emissioni inquinanti in atmosfera antropogeniche che hanno acuito la situazione.

Non a caso anche i vari consessi internazionali indicano i ghiacciai come una sorta di cartina tornasole, un elemento che possa servire ad aumentare la sensibilità collettiva rispetto al cambiamento climatico proprio perché è palese il loro arretramento.

Nella fattispecie dall’ultimo massimo raggiunto durante la piccola età glaciale le superfici glaciali in Alto Adige si sono ridotte a circa un terzo, gli arretramenti frontali sono dell’ordine dei 2 chilometri e questi processi negli ultimi due decenni hanno subito un’ulteriore accelerazione. Da un lato perché i ghiacciai sono diventati più piccoli e quindi tutti gli scambi energetici diventano ancora più forti proprio perché le rocce attirano il calore più del ghiaccio e sono molto più vicine ai ghiacciai rispetto a quando questi erano più grandi; dall’altro la temperatura è continuata ad aumentare e quindi il processo si è velocizzato tanto che dalla famosa estate bollente del 2003 in poi stiamo registrando anni molto negativi che in passato erano un’eccezione e che oggi stanno diventando la regola. 

Anche il 2018 si inserisce in questo trend negativo?

Dipenderà anche da come sarà il clima a settembre, che viene considerato ancora come periodo di scioglimento, ma il 2018 con ogni probabilità si collocherà fra i 5 anni più negativi delle serie storiche.

Parliamo di una parabola discendente?

Eccezioni ci sono ancora, senza andare troppo indietro nel tempo il 2014, ad esempio, è stato un anno in cui il bilancio è stato appena positivo. Potrebbe essere così anche per il 2019 ma sul singolo anno non è possibile fare previsioni. Sicuramente invece il trend generale è inequivocabile: andremo verso un esaurimento progressivo dei ghiacciai, e ciò accadrà a maggior ragione, a livello alpino, sulle Alpi orientali dove le quote sono più basse rispetto alle Alpi occidentali.

Il trend generale è inequivocabile: andremo verso un esaurimento progressivo dei ghiacciai.

Questo significa che se non si contiene l’aumento della temperatura legato alle emissioni di gas serra entro pochi decenni i ghiacciai alpini scompariranno?

Sì, è molto verosimile che questo accada. Diciamo che entro fine secolo le superfici glaciali saranno veramente molto ridotte sulle Alpi orientali. Si parla del 20% rispetto a quella che era la situazione a inizio secolo.

Cosa si può fare per arginare il fenomeno dato che per verificare gli effetti della riduzione delle emissioni inquinanti bisognerà attendere a lungo?

Bisogna cercare di stabilizzare la situazione cercando di contenere l’innalzamento della temperatura entro un certo limite, perché questo incremento induce anche l’aumento della evapotraspirazione e quindi le perdite in atmosfera di risorsa idrica andrebbero comunque ad aumentare. Certo questo contenimento probabilmente non sarà sufficiente per salvare i ghiacciai, che sono ormai fuori equilibrio. Ne cercheranno un altro nel momento in cui si stabilizzerà la temperatura ma a quel punto saranno comunque molto piccoli e limitati alle quote più alte. Per tornare a come stavano le cose in passato ci vorrebbe anche un cambio di tendenza della temperatura che al momento non è ragionevolmente prevedibile.

Nelle zone in cui è maggiore la richiesta di approvvigionamento idrico dobbiamo aspettarci fasi dell’anno piuttosto critiche. Occorre fare un uso più promiscuo dell’acqua, avere per esempio accesso, per altri scopi, anche a quella dei serbatoi idroelettrici nel momento in cui ce ne sia la necessità.

A che tipo di conseguenze si va incontro, quindi?

Le più tangibili sono quelle sulle risorse idriche. Infatti tipicamente, nella seconda metà dell’estate, proprio i ghiacciai contribuiscono in modo non trascurabile ad alimentare i corsi d’acqua, cosa particolarmente importante per le aree di fondovalle. L’acqua che trae origine dalle Alpi, le “water towers” dell’Europa, vanno a irrigare i campi della pianura veneta a quella del Po e, nel Nord Europa, di tutte le pianure fra la Germania e la Francia e così via, quindi nelle zone in cui è maggiore la richiesta di approvvigionamento idrico dobbiamo aspettarci fasi dell’anno piuttosto critiche. Occorre fare un uso più promiscuo dell’acqua, avere per esempio accesso, per altri scopi, anche a quella dei serbatoi idroelettrici nel momento in cui ce ne sia la necessità. Per quel che riguarda la questione legata al permafrost in termini di conseguenze, invece, tutte le formazioni rocciose si faranno più instabili e quindi aumentano fenomeni di crollo che possono portare anche problemi a livello turistico-escursionistico, fattore che sarà da considerare seriamente in relazione all’accessibilità dell’alta montagna. 

Tutto ciò alla faccia di chi nega ancora il cambiamento climatico.

Ci sono sempre queste voci fuori dal coro ma il 99% della comunità scientifica è inequivocabilmente convinta, e lo ha anche dimostrato in più occasioni, che il cambiamento climatico è una realtà con cui bisogna convivere e a cui è necessario trovare al più presto soluzioni per mitigarne gli effetti.