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Il fair trade di Report

Attacco al commercio equo e solidale su Rai3, ma il servizio sul cacao non rende la complessità del fair trade. Intervista a Heini Grandi, fondatore di Altromercato.
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Foto: Fairtrade
Dal traffico d'armi ai gianduiotti di lusso, la puntata di Report del 23 ottobre dedicata alla filiera del cacao ("Cioccolato amaro") ha gettato ombre anche sulle certificazioni equo solidali ed etiche.
Obbligato ai tempi stretti della televisione, il servizio - frutto di interviste condotte in Costa d'Avorio dall'inviato Emanuele Bellano - presenta alcuni limiti. Li riassume a Salto.bz Heini Grandi, già fondatore del Consorzio Altromercato, il più grande importatore italiano di prodotti equo solidali e oggi impegnato in Ctm Agrofair Italia, società specializzata nella distribuzione di frutta fresca del Commercio Equo e Solidale: "Chi ha seguito la trasmissione, come ho fatto anch'io, ha senz'altro faticato a capire la differenza tra le varie certificazioni di cui si è parlato. Rainforest, UTZ e Fairtrade non sono la stessa cosa: quella di UTZ è una certificazione di filiera, che non garantisce un prezzo equo; quella di Rainforest è ambientale, ma non sociale; infine, parlando più strettamente di commercio equo, l'azione di Fairtrade è diversa da quella di Altromercato e delle altre realtà che fanno parte di Equo Garantito" (quest'ultima è l'Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale, l’associazione che rappresenta le organizzazioni di commercio equo e solidale attive in Italia, 82 a fine 2015).
La principale differenza sta nel fatto che per le organizzazioni di commercio equo e solidale (quelle che fanno riferimento ad Equo Garantito e alla World Fair Trade Organization) i prodotti fair trade "sono la mission di fondo, lavorando alla costruzione di un'economia diversa - spiega Grandi - costruendo relazioni stabili con organizzazione di produttori del Sud del mondo. Il marchio Fairtrade, invece, può essere utilizzato da tutti i licenziatari, che come spiega anche il servizio di Report possono essere anche multinazionali che scelgono di avere un solo prodotto equo solidale in assortimento, come tattica di mercato, consapevoli che i consumatori sono molto attenti al tema".
La confusione, sottolinea Grandi, ha fatto "un danno d'immagine", che colpisce un settore che attraversa una fase di crisi - tra il 2012 ed il 2015 la vendita di prodotti equo solidali da parte delle organizzazione socie di Equo Garantito è passata da 75 a 64 milioni di euro -, spingendo il consumatore a pensare che la certificazione non serva a niente.
 
Ed è su questo punto che sono nei giorni immediatamente successivi alla puntata di report sono intervenuti Equo Garantito, Altromercato e Fairtrade Italia.
"Il controllo sulla filiera è frutto della relazione diretta e costante col produttore, che è un partner e non un semplice fornitore. Ciò rende molto più impegnativo e costoso il rapporto commerciale, ma più facilmente orientabile agli scopi per la quale quella relazione è nata e si è sviluppata. Tutto ciò nella piena consapevolezza che lo sviluppo di questa relazione equa è frutto di un processo, non di una trasformazione immediata, e che perciò dobbiamo saper accettare errori e incongruità" spiega Equo Garantito in un documento che ribadisce il ruolo e le opportunità create dal commercio equo e solidale italiano.
 
Altromercato - che è stata fondata a Bolzano trent'anni fa da Heini Grandi insieme a Rudi Dalvai e Antonio Vaccaro - ricorda invece di non importare cacao dall'Africa, e spiega il proprio sistema di monitoraggio: "Il produttore viene visitato dal nostro Comitato Progetti che effettua direttamente la visita. Tutti i produttori dai quali importiamo vengono quindi verificati direttamente da Altromercato, con monitoraggi ricorrenti. Prima di inserire un’Organizzazione tra i nostri Produttori non è sufficiente che abbiano una certificazione. Altromercato si occupa di fare una serie di verifiche interne per controllarne l’effettiva eticità e l’adesione ai criteri del Commercio Equo e Solidale secondo le modalità stabilite da WFTO. Il Comitato Progetti è fondamentale per le verifiche sui produttori e ha proprio questo ruolo. È un organo indipendente, dotato di autonomia rispetto all’ufficio acquisti ed ha una funzione di vigilanza etica su prodotti e produttori".
Articolato anche il commento di Fairtrade Italia, il soggetto direttamente chiamato in causa nel servizio di Report, dov'è presente anche con una breve intervista. Tra le altre informazioni, si ricorda che "Fairtrade lavora in molte situazioni a rischio perché crediamo che siano quelle in cui quello che facciamo è più necessario. Siamo impegnati a continuare, per rafforzare le comunità di contadini dell’Africa Occidentale, in modo che essi stessi possano guidare il proprio cammino in direzione di un livello di vita sostenibile".
"Il marchio Fairtrade può essere utilizzato da tutti i licenziatari, possono essere anche multinazionali che scelgono di avere un solo prodotto equo solidale in assortimento, come tattica di mercato, consapevoli che i consumatori sono molto attenti al tema".
Le tre risposte manifestano una volontà di trasparenza, che - sottolinea Grandi - rappresenta "un impegno fondamentale, specie nel momento in cui viene evidenziato un problema. In questi casi, e lo sta dimostrando Fairtrade, che aveva già decertificato una delle due cooperative della Costa d'Avorio oggetto della trasmissione, e sta rivedendo la posizione della seconda, è fondamentale l'attenzione alla risoluzione dei casi. Ecco perché dopo questo primo servizio mi aspetterei anche un seguito". Perché le tavolette di cioccolato non sono affatto tutte uguali.