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Politik | Vladimir Putin

Per nulla folle

Sbagliamo se riteniamo Putin un dittatore pazzo: la storia non si spiega con la psicologia. Più verosimilmente una buona parte del “suo” popolo lo sostiene.

Anche senza essere esperti di geopolitica, può essere utile verificare l'affidabilità di certa “narrazione” che viene fatta dell'uomo che ha deciso di invadere l'Ucraina. Non per altro, ma perché se non si descrive bene il problema, non lo si comprende; e se non lo si comprende, sarà difficile trovare una via d'uscita.

La maggior parte dei commentatori occidentali definisce Vladimir Putin senza mezzi termini “despota” e “dittatore”. Vero, perché Putin mantiene il suo potere con mezzi e metodi antidemocratici e violenti. Tuttavia, la storia dimostra che anche i più spietati dittatori, anche i più crudeli verso il loro popolo, sono sostenuti da un consenso significativo, se non maggioritario nei loro paesi – e non solo perché lo impongono col terrore. Fu così per Mussolini, Stalin, Hitler, Mao Zedong... per citare i più spietati del Novecento. Nella Russia di oggi c'è chi trova il coraggio di protestare contro l'aggressione all'Ucraina; la giornalista Marina Ovsyannikova e le persone che affrontano la dura repressione nelle piazze di Mosca e di San Pietroburgo sono motivo di speranza in questa tragica vicenda. Ma si può dare per certo che moltissimi, nel “suo” impero, appoggiano il nuovo zar per convinzione.

Se il fine è quello di comprendere le azioni di un despota (comprendere, non giustificare!), mi sembrano fuorvianti qualifiche come “pazzo”, “folle”, “paranoico” e non solo se riferite a Putin. Si fa presto a ritenere “pazzo” Hitler; ma ciò dice poco sul perché il nazismo poté affermarsi, portando con sé la guerra e l'olocausto. È evidente che le cause erano più vaste e profonde e che poco avevano a che fare con la follia di un singolo. Può dirsi lo stesso dell'aggressione all'Ucraina: non basta la “pazzia” di un uomo a spiegarla; come in ogni guerra, sono in campo anche qui interessi e conflitti di portata enorme e un passato evidentemente non ancora digerito.

La coscienza che una comunità ha di sé è sempre manipolata, essendo il prodotto temporaneo della lotta per l'egemonia tra le forze politiche.

Più della psicologia è l'ideologia che può spiegare certe svolte della storia. La coscienza che una comunità ha di sé è sempre manipolata, essendo il prodotto temporaneo della lotta per l'egemonia tra le forze politiche. In Russia sembra avere il sopravvento un'ideologia molto gradita a Putin, che infatti la sostiene con mezzi generosi e alla quale fa appello nei suoi discorsi: l'ideologia della “grande madre Russia”, che comprende gli zar, Stalin, la rivoluzione d'ottobre, dio, la guerra patriottica contro il nazifascismo e il popolo “capace di soffrire”: questi sono richiami in grado di mobilitare quel paese e indirizzarlo verso gli obiettivi che il despota ha scelto.

Un'altra caratteristica attribuita a Putin è che teme la democrazia come portatrice di libertà e emancipazione. Questa viene indicata solitamente come la motivazione vera della guerra mossa all'Ucraina, che per parte sua cerca una stabile posizione nel mondo occidentale.

Non c'è da essere così sicuri che la democrazia, nelle condizioni in cui si trova in questi anni, sia in grado di mettere paura a un dittatore disposto a usare la forza. Un dispositivo fondante della democrazia, le libere elezioni, mostra segni di cedimento in tutti i paesi occidentali, dove la partecipazione al voto è in netto calo da decenni. Un altro dispositivo, l'equilibrio tra i poteri, è anche esso minacciato da populisti di varia estrazione e crescente consenso. In Europa occidentale, dove è storicamente cresciuta e teoricamente fondata, la democrazia mostra evidenti segni di crisi, mentre laddove è stata esportata i risultati non hanno prodotto quella stabilità, quella sicurezza e quel benessere che ci si aspettava.

Putin approfitta del disimpegno degli Stati Uniti e sa bene che l'Europa è disarmata e terrorizzata dall'idea stessa di una guerra.

Molti commentatori ritengono che Putin sia in grande difficoltà, addirittura disperato, al punto che bisognerebbe offrirgli una dignitosa via d'uscita. Sia consentito dubitare anche di questo. Per ora fa sentire il suo pugno di ferro all'Ucraina e tiene il resto del mondo col fiato sospeso. Approfitta del disimpegno degli Stati Uniti e sa bene che l'Europa è disarmata e terrorizzata dall'idea stessa di una guerra. La resistenza degli ucraini può averlo sorpreso, ma le barricate e l'eroismo non basteranno a fermare il suo disegno per controllare nuovi territori ed esercitare maggiore influenza.

Noi europei non siamo disposti a morire per Kyiv, non si vede un Churchill all'orizzonte e anche se fosse, non è detto che la situazione sia quella del 1938, né che Putin sia Hitler, che malauguratamente non fu fermato (con le armi) prima che potesse scatenare la guerra.

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Karl Trojer Mo., 21.03.2022 - 10:30

Seit geraumer Zeit bräuchte Europa ein faireres Verhältnis zu Russland. Es dürften keiner Raketen an Europas Grenzen zu Russland aufgestellt sein, sondern es bedürfte geschichtsbewusster kultureller und ökonomischer Kooperations-Angebote. Durch den solidarischen Verteidigungspakt der Nato ist Europa gegen potentielle Angriffe von außen ausreichend gesichert. Putin zehrt von unseren bisherigen Versäumnissen und dem geschichtlichen Zwang, Russland als wesentlichen globalen Machtfaktor erneut zu präsentieren. Putins Angriff auf die Ukraine und dessen unmenschliche Folgen sind durch nichts zu rechtfertigen; dies ist das Spiel eines raffinierten KGB´lers bei dem sich die derzeitigen Schwächen der europäischen Demokratien offenbaren. Russland ist ernst zu nehmen und die Ukraine bedarf mehr den je europäischer Solidarität. Eine Lösung für den Konflikt könnt es sein, wenn die Ukraine einen Neutralitätsstatus ähnlich dem Österreichs akzeprieren und sie auf die Regionen des Donbas und auf die Krim verzichten würde. Friedensverhandlungen können nur gelingen, wenn Kompromisse dazu führen, dass sich keine der Konfliktparteien als Verlierer erlebt.

Mo., 21.03.2022 - 10:30 Permalink
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Massimo Mollica Mo., 21.03.2022 - 10:53

Riprendo la tesi di un giornalista che afferma che "La globalizzazione non è morta. E lavora per sconfiggere Putin".
E io faccio il tifo per essa.

Mo., 21.03.2022 - 10:53 Permalink
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Massimo Mollica Mo., 21.03.2022 - 11:25

Antwort auf von Karl Trojer

Rispetto la Sua opinione ma non la condivido. La globalizzazione non è in sè bella o brutta ma è come la si attua. Concettualmente la Globalizzazione ti fa capire che le barriere le crea l' essere umano, non esistono in natura. POi ci sono coloro che pensano solo ad arricchirsi o coloro che pensano al potere. Ma secdono me, una volta che vedi come gira il mondo, ne assaggi i progresso, difficilmente torni indietro.

Mo., 21.03.2022 - 11:25 Permalink
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Sebastian Felderer Mo., 21.03.2022 - 12:50

Antwort auf von Karl Trojer

Bravo Herr Trojer, hier bin ich mal ganz Ihrer Meinung.
Nur wer die Geschichte kennet, kann die Zukunft gestalten.
Leider sind wir von Elementen umgeben, die keine blasse Ahnung
haben von den Zusammenhängen in Europa und in der Welt. Die von
Globalisierung reden, als wäre es ein Glas Wasser. Erst wenn der Krieg da ist,
wird moralisiert. Was vorher geschieht und letztlich den krieg unausweichlich
macht, interessiert kaum. In der Ukraine hat alles mit der Osterweiterung begonnen
und wird erst enden, wenn ein neutraler Korridor geschaffen werden kann. Die
Oligarchen sitzen Putin im Nacken und er muss einfach handeln. Aber Europa hat
von Russland schon lange nichts mehr verstanden, sie glauben immer noch an die
Sowjetunion.

Mo., 21.03.2022 - 12:50 Permalink
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Dietmar Nußbaumer Mo., 21.03.2022 - 20:10

Ein Lob dem Autor, der versucht, im Gegensatz zu vielen anderen, auch in den "großen" Zeitungen, die Hintergründe genauer zu durchleuchten.

Mo., 21.03.2022 - 20:10 Permalink