Politik | Diritti

L’aborto prima di tutto.

È sul corpo delle donne che una società ancora sostanzialmente patriarcale fa le sue grandi discussioni etiche.
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L’aborto prima di tutto.

È una frase forte, ma la ripeto tutte le volte, quando mi chiedono come la penso. Sono arrivata a questa frase dopo anni di riflessione sulle questioni delle donne.

Quando ero giovane, mi chiedevo perché le nostre madri, zie, sorelle maggiori avessero combattuto così fortemente per un diritto che mi sembrava sì importante, ma tutto sommato anche controverso e marginale, che sembra riguardare (fortunatamente) solo un gruppo ristretto di donne.

Ho capito l’importanza del diritto all’interruzione di gravidanza, la necessità del diritto all’interruzione di gravidanza, solo con gli anni.

Perché l’aborto prima di tutto? Perché se non c’è questo diritto vuole dire che, come donna, non avrò mai la piena sovranità sul mio corpo e sulla mia vita.

Sta tutto in questa frase.

Come donna, posso far nascere nuova vita. Posso partorire. Durante la gravidanza, convivo per nove mesi con un altro essere nel mio stesso corpo. È un’esperienza incredibile. Bella, spesso faticosa, ma comunque positiva, se questo essere è voluto.

Ma non tutti i figli vengono concepiti così.

C’è violenza. C’è disattenzione. C’è ignoranza riguardo alla propria sessualità. C’è sfortuna. Ci sono incidenti di contraccezione. Ci sono ostacoli economici e culturali all’accesso a qualunque metodo contraccettivo. Ci sono momenti di voglia e sbadatezza. Sì, succede anche questo, in una normale vita. C’è sesso per pressione e sesso per curiosità. Non sempre si fa sesso per un progetto di vita. Si fa anche con maschi che non immagineresti proprio come padri di tuo figlio.

In tempi di guerra poi, la violenza sulle donne è strumento di potere e sottomissione non solo patriarcale, ma nazionalistico o etnico. Io immagino, e piango a farlo, cosa vuol dire per una donna tenere nel suo corpo per nove mesi un essere generato da una violenza. Sentirselo crescere dentro, sentirselo muovere contro i propri organi. Sapere di doverlo partorire. Doverlo crescere, rivedendo ogni giorno in lui la scena della violenza subita. È inimmaginabile.

È spesso sul corpo delle donne che una società ancora sostanzialmente patriarcale fa le sue grandi discussioni etiche. Interruzione di gravidanza, fecondazione assistita, utero in affitto, contraccezione, prostituzione… Ed è poi la politica (conseguentemente patriarcale e per di più dominata da maschi) che si arroga il diritto di decidere su questo corpo. Reputo sempre di più tutto questo un abuso di potere e una violazione dei diritti fondamentali.

Una provocazione: potremmo immaginarci una società, un parlamento, un organo supremo della giustizia che facesse discussioni di questo tipo sul corpo maschile? Che deliberasse, che so, su modalità, tempistiche e frequenza delle eiaculazioni dei maschi? Come avverrebbe questa discussione?

Come ho detto è una provocazione. Ma forse aiuta a capire quanto di questo dibattito sia legato davvero alla questione della vita e quanto invece serva per disciplinare, controllare, depotenziare le donne. Non è un caso se queste questioni rispuntano fuori ogni volta che le donne fanno passi in avanti verso la parità. Proprio allora infatti si torna a disquisire sul loro corpo, e si cerca di limitare la loro libertà.

Né vale la pena dilungarsi troppo sulle vergognose conseguenze pratiche di decisioni di questo tipo. Dove le donne non possono abortire legalmente, saranno più a rischio (e questo gli autoproclamati difensori della vita lo mettono tranquillamente in conto). Si accentueranno le differenze sociali. Le donne avranno più paura. Dovranno sempre stare più attente.

Tutto questo per chi vuole rendere illegale l’aborto non è un effetto collaterale, ma radice e finalità allo stesso tempo. Disciplinare le donne, renderle fragili, dipendenti dalla società, da qualche magistrato, qualche dottore, qualche giornalista, a qualcuno interessa.

Noi questo non lo vogliamo più.

Ecco perché difenderò sempre il diritto all’aborto, prima di tutto.