Europa, bandiera, PNRR
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Italia Domani, dopodomani, o forse mai

Il PNRR non è soltanto un comodo bancomat. Che fine ha fatto l’impegno a utilizzare le risorse del Piano come fondamenta su cui costruire un’Italia di domani?

Il PNRR, oltre a uno sfortunato acronimo, ha un nome: Italia Domani. Ma neanche il nome ha avuto molta fortuna: poco usato già da Mario Draghi e dai suoi ministri (e lo dico con una nota di rammarico, avendo lavorato alla comunicazione del PNRR di quel governo), è ormai caduto completamente in disuso. Sopravvive nel sito ufficiale governativo ma, nel discorso comune e nelle accese discussioni delle ultime settimane, non viene mai utilizzato.

Peccato, perché usarlo un pochino di più, o almeno tenerlo a mente, ci aiuterebbe a ricordare che il Piano non è soltanto un comodo bancomat che l’Europa ci ha messo a disposizione per finanziare questo o quel progetto. Italia Domani rimanda al nome del progetto europeo, Next Generation UE, il piano nato per curare le ferite economiche e sociali della pandemia e pensato - appunto - per le prossime generazioni, basato su una visione e linee di investimento precise, in prima linea per transizione digitale ed ecologica, con parametri stringenti di contenuti e di tempistica. Una visione per un Italia di domani un po’ più verde, più digitale, più giusta e decisa a superare i suoi divari di genere, di generazione, e territoriali.

Il problema è che queste linee di investimento e questi piani di riforme funzionano se inseriti in una visione del Paese per cui queste sono priorità, non emergenze periodiche da combattere a suon di polemiche sui giornali o nei salotti televisivi.

In realtà ci stiamo pian piano accorgendo che, in quasi tutte le questioni fondamentali per la crescita del Paese, il PNRR ci mette lo zampino. Denatalità e bassa occupazione femminile? Un piano per asili nido senza precedenti. Dissesto idrico? Investimenti per 4.6 miliardi per infrastrutture idriche, riduzione delle perdite, impianti di depurazione. Sanità territoriale? Un grande piano nazionale per assistenza di prossimità e borse di studio per medici di medicina generale. Transizione ecologica? 2,2 miliardi per le comunità energetica e 3,6 miliardi per migliorare la struttura di distribuzione dell’energia, per portare energia rinnovabile da dove viene prodotta a dove serve, quando serve.

E abbiamo visto che, volendo, si possono affrontare di petto le questioni amministrative che bloccano l’avanzamento dei progetti, come è successo negli ultimi giorni per un altro tema fondamentale, gli studentati: il PNRR mira a raddoppiare il numero dei posti letto entro il 2026.

Questa misura, come molte altre del Piano, è anche fortemente criticata, ma rischia, come le altre, di rimanere sotto i riflettori per pochi giorni, e poi di andare avanti, con più o meno fortuna,  barrando le caselle che servono per completare il percorso PNRR, ma isolata, senza un contorno di visione di insieme sulle università o sul diritto allo studio.

Ora, è assolutamente doveroso discutere e criticare questa e altre misure, dibattere se i progetti inseriti nel Piano siano tutti davvero in sintonia con digitale, transizione ecologica, se aiutino i giovani, le donne, il Sud (per chi si volesse appassionare di obiettivi e traguardi consiglio il sito di OpenPolis per tutti gli aggiornamenti). Se fosse opportuno prendere subito tutti i soldi disponibili - sia quelli a prestito che quelli regalati (siamo stati l’unico paese europeo a farlo). Se aveva un senso inserire grandi progetti di infrastrutture che giacevano nel cassetto o se, nel lungo periodo, avranno più impatto tante piccole misure o se invece pochi progetti molto ben finanziati avrebbero più forza dirompente. È anche legittimo chiedere di modificare i progetti, come ha già previsto la Commissione, in virtù dello sconquasso provocato dall’invasione dell’Ucraina su prezzi, materie prime, priorità energetiche.

Queste discussioni dovrebbero però durare di più di un ciclo di notizie. E quello che sembra mancare, però, è l’impegno a mantenere saldi i principi guida del Piano e a usare le risorse a disposizione come fondamenta sulle quali costruire un’Italia di domani. Ormai l’unica voce isolata rimasta a ricordare, come un disco rotto, che il Piano “è un’opportunità storica che abbiamo davanti, una sfida che dobbiamo superare come Paese” è rimasto il Presidente Mattarella. Il PNRR come stella polare per l’Italia di domani è scomparso. Forse è stato solo un’illusione pensare che potesse esserlo, ma usare il PNRR come un bacino di soldi europei senza una visione è la cosa peggiore che possiamo fare. Non solo perché così facendo svalutiamo la portata epocale di Next Gen EU - il pacchetto di aiuti più ingente mai finanziato in Europa e, per la prima volta, anche tramite l’emissione di debito comune. Ma soprattutto perché, senza una conversazione collettiva sulle priorità sulle quali investe il Piano - in quanto priorità esistenziali del Paese e non in quanto emergenze mediatiche - questi nuclei di finanziamento e aree di attenzione rischiano di restare germogli isolati che non creano crescita virtuosa o, peggio, di rinsecchire, isolati tra burocrazia e mancanza di sostegno dal centro.

Senza visione, niente Italia Domani. Ma neanche dopodomani. Solo, e per sempre, Italia Mai.

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Johannes Engl Fr., 19.05.2023 - 22:56

Senza visione, niente Sudtirolo che riesca ad affrontare le sfide di oggi, figurati quelle di domani.
Sto naturalmente parlando di una visione decisa e condivisa dalla larga popolazione in modo partecipativo. Una visione comune che unisce le persone, per la quale vale la pena di impegnarsi, forse anche soffrire un po'.

Fr., 19.05.2023 - 22:56 Permalink
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Josef Fulterer Sa., 17.06.2023 - 08:13

Antwort auf von Johannes Engl

Bei PNRR setzt bei den Polikern und Verwaltern der Verstand total aus.
Dabei müsste man bei "geschenktem Geld" besonders genau rechnen, ob sich die Investion für den Betrieb lohnt, sinnvoll ist oder sogar Sinn-volle bessere Möglichkeiten verhindert.

Sa., 17.06.2023 - 08:13 Permalink