Kultur | Salto afternoon

La scommessa di “Lottozero”

Inaugurato nel cuore della Chinatown di Prato il laboratorio sul tessile delle sorelle bolzanine Arianna e Tessa Moroder. Il loro manifesto? Uno “sleep concert” notturno.
lottozero
Foto: Valentino Liberto

Sabato 15 ottobre, ore 17:20, stazione di Prato-Porta al Serraglio. Scendo dal treno regionale e mi dirigo all'inaugurazione di “Lottozero”, l'open space sul tessile nato dall'iniziativa di due sorelle sudtirolesi dalle radici toscane, Arianna e Tessa Moroder. L'apertura del loro “Freiraum für eigene Gedanken” – come riporta la copertina d'un block-notes di der Standard che porto con me – avviene alla vigilia della storica inaugurazione del Centro Pecci per l'arte contemporanea (all'interno di un'avveniristica astronave dorata  vicino l'uscita “Prato Est” della A1) mentre Palazzo Strozzi a Firenze ospita la mostra dell'artista e dissidente cinese Ai Weiwei. Prato, duecentomila abitanti, prima classificata in “Affari e lavoro” secondo il Sole24ore, accoglie uno dei principali distretti tessili d'Europa – di qui il nome di “Manchester della Toscana” – nonché la più grande comunità cinese in Italia, con Milano e Roma. I cinesi in città sono 30mila, cui vanno aggiunti almeno 13mila irregolari; oltre il 60% delle loro imprese agisce entro margini di illegalità, soprattutto nel mancato rispetto dei diritti dei lavoratori. La voce pratese del portale satirico Nonciclopedia recita “Repubblica popolare cinese di Prato”, che mi ricorda il recente progetto di visual journalism sulla “Repubblica popolare di Bolzano”.

 

Sono in anticipo di mezz'ora: alla parete della sede distaccata dell'Università di Firenze, antistante la stazione, campeggia un enorme orologio analogico che dovrebbe misurare gli anni trascorsi dalla promulgazione della Costituzione repubblicana, ma il conteggio è sballato: segna 62 anni e qualcosa, anziché 68, evidentemente rimasto fermo da ben 6 anni. “Opera d'arte in attesa di restauro”, indica un simpatico cartello. Intanto m'incammino senza fretta attraverso la spettrale Chinatown pratese, il quartiere “Macrolotto Zero”, vero e proprio “microcosmo” per usare un'espressione tanto cara a Claudio Magris, “una delle scommesse della città” secondo l'amministrazione comunale impegnata in un delicato piano di riqualificazione dei capannoni abbandonati: esercizi commerciali dalle insegne bilingui italo-cinese, negozi con le serrande abbassate, magazzini al piano terra con operai tessili dalle dubbie condizioni lavorative. Entro in un bar, alla televisione scorre la partita Paris Saint Germain-Nancy, mentre nella saletta interna gli anziani del quartiere giocano a carte da un lato, i cinesi alle slot machine dall'altro. Un giovane cinese si accosta al bancone e acquista un “gratta e vinci”.

 

inside #lottozero. #prato

Una foto pubblicata da Valentino Liberto (@plasnego) in data:

Inside the microcosm Lottozero

Sulla strada incontro due persone dall'abbigliamento “fuori luogo” per quella periferia, che parlano tra loro in inglese; intuisco dove si stiano dirigendo. All'arrivo in via Arno, al magazzino di 400 mq ristrutturato dalle Moroder, l'esperienza straniante è così prettamente linguistica ed estetica: dal cinese si passa al dialetto sudtirolese dei primi convenuti, atterrati a Prato come fossero marziani a bordo di un'astronave. E tra i millecinquecento che si alternano nel corso dell'inaugurazione la fa da padrone un look da cosiddetti “creativi” che sono abituato a ritrovare a Bolzano (ovvero al Museion) così come a Berlino, ma che ironicamente può ricordare l'ultimo video del “Terzo Segreto di Satira” sulla Chinatown in via Paolo Sarpi a Milano. Dei bolzanini in trasferta, riconosco Thomas Kronbichler dello Studio Mut, autore del corporate design di Lottozero, il videomaker Matteo Vegetti e il direttore della ripartizione cultura italiana della Provincia di Bolzano Antonio Lampis. L'evento si svolge interamente all'interno degli spazi del magazzino, situato al piano terra, ma a ben guardare si espanderà ben presto alle immediate vicinanze: nel limitrofo “Bar Arno”, che si presenta come paninoteca e caffè di recente ristrutturazione, e alla più caratteristica “Pizzeria Napoli”, il cui nome non lascia spazio a fraintendimenti sulla fede calcistica dei gestori partenopei.

Il problema dell'arte contemporanea è non stare con i piedi puntati a terra” pronuncia ad alta voce qualcuno al Bar Arno – mentre i sudtirolesi fanno aperitivo col veneziano, per poi recarsi alla Napoli ordinando pizze rigorosamente vegetariane (e un quartino di vino del posto). Alla radio parte a un certo punto “Sabato” di Jovanotti, “a bordo di un astronave senza pilota (...) come in un sabato sera in provincia che sembra tutto finito poi ricomincia”. Ma le scelte artistiche di Arianna e Tessa Moroder per il sabato sera d'inaugurazione di Lottozero sono tutt'altro che campate in aria, né tantomeno il frutto di un atterraggio avventato su un territorio inesplorato. Coadiuvate dalla curatrice della mostra Alessandra Tempesti, storica dell'arte e sound artist con lo pseudonimo “Gea Brown”, danno vita a un susseguirsi ben ritmato di performance (e momenti di suspence): bellissimi in particolare i costumi all'uncinetto di Aldo Lanzini che sfilano tra la gente e la Fabricmachine dell'austriaca Kathrin Stumreich posizionata al centro della Kunsthalle e capace di far suonare i tessuti con un interessantissimo effetto noise. La parte “aperta a tutti” della festa si interrompe poco prima della mezzanotte per dare spazio al momento più intimista della lunga nottata inaugurale, lo “sleep concert” riservato a 130 fortunati; un formato, quello del concerto notturno, che nasce negli anni ottanta con Robert Rich, tra i più importanti nomi della musica ambient. Claudio Rocchetti, Giulio Aldinucci, Paul Beauchamp, la stessa Gea Brown, Sadi e Tomoko Sauvage (già esibitisi a Transart 16) si sono alternati per tutta la notte in una sequenza di live set, avvolgendo il pubblico in una dimensione sonora “tra sonno profondo, ascolto, veglia cosciente, visioni, assopimento, dormiveglia, meditazione”, ovvero in uno stato che rendesse più tangibili i propri sogni. Un modo alternativo di fruire degli spazi del magazzino (veri Freiräume, appunto) e riempirli di significato, calore, convivialità, nonché per ribadire la funzionalità basica del tessile attraverso i materassi di gommapiuma, stoffe, lenzuoli e coperte messe a disposizione degli ospiti e parte dell'installazione site specific di Arianna Moroder. L'ultimo meraviglioso set dell'artista giapponese Tomoko Sauvage ha accompagnato il risveglio attraverso suoni eterei ottenuti con ciotole di porcellana colmi d'acqua e microfoni (idrofoni) posti in prossimità di essi.

Quando riparte l'astronave degli invitati, risvegliati dalle sonorità nipponiche, il magazzino di via Arno resta ben ancorato a terra. La coraggiosa scommessa delle sorelle Moroder sta tutta qui, nella scelta di trasferirsi a Prato e puntare sullo slancio creativo della periferia industriale toscana – realtà nient'affatto facile – seguendo (e onorando) le radici familiari. Visto dal Sudtirolo può suonare come Zukunftsmusik, ma in Toscana il “microcosmo Lottozero” non è solo un sogno, è diventato realtà.

Lottozero sarà uno spazio di lavoro aperto e polifunzionale dedicato alla ricerca, allo sviluppo di prototipi e allo scambio d’informazioni nel campo dell’arte e del design, dotato di un laboratorio attrezzato con macchinari per la progettazione, di uno spazio espositivo per mostre ed eventi (Kunsthalle) nonché di un open studio affittato a designer tessili, artigiani e artisti provenienti da tutto il mondo, che possono essere alloggiati nella residenza per un periodo di sperimentazione. La mostra “Inside Lottozero – aperta sino al 20 novembre a ingresso libero – indaga la relazione tra l'utilizzo della materia tessile e l'arte contemporanea, attraverso le opere di 13 artisti italiani e internazionali che lavorano con linguaggi espressivi diversi: pittura, scultura, fotografia, video, sound performance, accanto a forme espressive più tradizionalmente legate al tessile come costume, arazzo e soft sculpture.