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Le custodi della toponomastica

Le linguiste Arcamone e Granucci aprono le porte della biblioteca fiorentina dell'Archivio per l'Alto Adige, fondato da (l'innominato) Ettore Tolomei.
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Foto: Valentino Liberto

In via Cesare Battisti 4 a Firenze – letteralmente a pochi passi da Piazza della Santissima Annunziata al cui centro svetta la statua equestre di Ferdinando I de' Medici tra le due fontane dei mostri marini – un edificio giallo di proprietà dell'Università di Firenze ospita la biblioteca dell'Istituto di Studi per l'Alto Adige. Tre stanze anguste al primo piano nelle quali, dopo svariate (e gentilissime) mail, incontro le linguiste fiorentine Maria Giovanna Arcamone e Fiorenza Granucci.

 

Lei è un giovanotto, per di più bruno e non biondo, pur essendo altoatesino” – esordisce Arcamone – “Manco da anni dall'Alto Adige, quando andavo a sciare a San Cassiano, o in Val Senales. Mi sono occupata di onomastica longobarda e ho insegnato filologia germanica a Pisa, dove ho ancora il mio studio in via Santa Maria (poco distante dalla Torre pendente, ndr) e ho fondato l'associazione Onomastica & Letteratura. Ad esempio, il suo cognome non deriva dal latino, bensì dal longobardo Aliberto...”. “Questo edificio fu espropriato alla Chiesa nel periodo compreso tra il governo granducale degli Asburgo-Lorena e l'Unità d'Italia – spiega Granucci – ed è un caso fortunato che si trovi proprio accanto all'Istituto Geografico Militare”.

“Il ladino è più vicino all'italiano, in realtà gli stessi tedeschi non lo considerano una lingua” (Carlo Alberto Mastrelli)

L'istituto ereditò la rivista del Archivio di Studi per l'Alto Adige” di cui Arcamone è l'attuale direttrice, fondata nel 1906 da Ettore Tolomei (entrambe le studiose non ne pronunciano il nome). L'istituto universitario fu rifondato nel 1946 dal linguista, glottologo e onomasta Carlo Battisti, che ne fu presidente sino al 1977, anno della sua morte. La scelta della sede cadde su Firenze, “terreno neutrale” equidistante da Roma e Bolzano per “restare lontani dalla politica”. Battisti era originario di Fondo in Val di Non, trentino come il più noto geografo Cesare, senza esserne parente. Nacque sotto gli Asburgo, ma – contrariamente all'irredentista impiccato dagli austriaci al Buonconsiglio – combatté al fronte contro l'Italia. A Carlo Battisti si deve il “Dizionario toponomastico atesino” e quello trentino; la rivista sin dalla sua fondazione si occupava anche del Trentino, e fu diretta per un periodo dal professore agordino Giovan Battista Pellegrini, tra i più importanti onomasti italiani.

“La rivista è stata fondata nel 1906 e il fascismo non c'era. Troppo facile prendere in giro e condannare l'opera di allora, sostenendone la malafede”  (Fiorenza Granucci)

Dal 1966 il direttore dell'Istituto fu Carlo Alberto Mastrelli, tra gli iniziatori della filologia tedesca in Italia, cui subentrò il ladino di Colle Santa Lucia Vito Pallabazzer, insegnante di lettere a Firenze. Alla sua scomparsa nel 2009, Arcamone è subentrata alla direzione, quando ormai si accingeva ad andare in pensione a Pisa. Per volere di Mastrelli, nel 1979 la rivista è ridenominata “Rivista di studi alpini” cancellando ogni riferimento al fondatore Tolomei. Pur mantenendo il nome storico legato all'Alto Adige, il periodico amplia il proprio raggio d'azione: la linguistica da un punto di vista "scientifico", ma anche geografia, mineralogia, geologia, storia dell'arte. “Ovvero tutto ciò che è cultura. Esce in volumi biennali o triennali, dedicati a illustri e insigni studiosi, purché trattassero l'intero arco alpino in entrambi i versanti, e avvalendosi di collaboratori stranieri, soprattutto austriaci e tedeschi. Il prossimo numero sarà sui Parchi alpini in onore del botanico trentino Franco Pedrotti: dal turismo sulle alpi italiane alla smembramento del Parco Nazionale dello Stelvio”.

“La convivenza è garantita se si lavora scientificamente, la politica non c'entra: i nomi vanno stabiliti da un punto di vista scientifico e da persone competenti” (M. G. Arcamone)

Gli abbonati sono circa 40, a ogni uscita sono vendute 200 copie. Una parte le acquista la biblioteca provinciale "Claudia Augusta" di Bolzano, che ha digitalizzato i primi numeri della rivista (quelli tolomeiani). In più ci sono miscellanee in onore di qualche autore, ad esempio nel 2013 Johannes Kramer, linguista di Treviri. “Così gli amici possono acquistarle, un escamotage per raccogliere qualche soldo. L'archivio supporta anche gli studenti laureandi”. Granucci si è occupata dell'indicizzazione dei lavori di Battisti, “citando i commenti pro o contro certi atteggiamenti sulle varie traduzioni, pur senza prendere parte politica. Sono riportati i riferimenti alle vecchie forme della toponomastica di tipo germanico, del medio alto tedesco, precedenti rispetto al dialetto tedesco di tipo austriaco che definiamo tedesco atesino”.

“Tutti i nomi sono importanti, sono frutto della mente umana”

“I nomi di luogo esistono a seconda della necessità dell'uso”

Tra i vecchi numeri della rivista spunta un articolo su “Ettore Tolomei a Firenze”, sulla permanenza per studi nella città toscana, prima del trasferimento a Roma. Tolomei è un tasto dolente, e le due studiose preferiscono non toccarlo. “La rivista è stata fondata nel 1906 e il fascismo non c'era ancora. Troppo comodo prendere in giro e condannare l'opera di allora, sostenendone la malafede” sostiene Granucci. Secondo Arcamone, “la convivenza è garantita se si lavora scientificamente, la politica non c'entra: i nomi vanno stabiliti da un punto di vista scientifico e da persone competenti”. “Tutti i nomi sono importanti, quando sono frutto della mente dell'uomo” aggiunge Granucci. Entrando nel merito, “in Alto Adige tanto lessico specifico deriva dal latino, molti toponimi hanno origini latine. La metafonia del tedesco Eppan, rispetto ad Appiano, ne è un classico esempio”. Arcamone ricorda un intervento sulla stampa altoatesina, in cui si attribuisco toponimi ai goti come fossero celti, “ma i goti sono arrivati nel 480 d.C. e i romani c'erano già”. “D'altronde certo leghismo sostiene che il bergamasco derivi dal celtico...” ironizza Granucci.

“La toponomastica non è uno scrigno chiuso, ogni giorno può nascere un nome nuovo, prima di diventare quell'oggetto misterioso qual è il toponimo” (Carlo Alberto Mastrelli)

Tra i sottoscrittori dell'appello dei 48 linguisti sulla toponomastica c'è Carlo Alberto Mastrelli, decano dell'Accademia della Crusca, che ci tiene a salutarmi per telefono. Arcamone alza la cornetta e me lo passa: “Non ho la possibilità di camminare, e ci vedo poco. La toponomastica non è roba semplice, purtroppo è complicata e bisogna trattarla bene. Come professore universitario, ho cercato di farlo nella maniera più onesta possibile. Non ci si può stuzzicare, io ti do questo e tu mi dai quello. I nomi di luogo esistono a seconda della necessità con cui si usano”. Poi torna su uno dei suoi cavalli di battaglia, ovvero il ladino: “È più vicino all'italiano, in realtà gli stessi tedeschi non lo considerano una lingua”. Il numero di extracomunitari in Sudtirolo ha superato quello dei ladini, ricorda il professore della Crusca: “(La toponomastica) non è uno scrigno chiuso, ogni giorno può nascere un nome nuovo, prima di diventare quell'oggetto misterioso qual è il toponimo”. Infine un auspicio rivolto alla politica altoatesina: “In Alto Adige mi pare ci sia un gran bisogno di persone nuove, più serie e propositive. Nel mondo esiste l'Alto Adige, ma non solo quello.

La toponomastica non è roba semplice, purtroppo è complicata e bisogna trattarla bene. Non ci si può stuzzicare, io ti do questo e tu mi dai quello. (Carlo Alberto Mastrelli)

Lavoriamo gratuitamente, per la stima morale e intellettuale che nutriamo nei confronti del professor Mastrelli” precisa Arcamone, che ne è stata allieva. “Computer e stampante ce le siamo comprate di tasca nostra. Il sito internet non c'è più, l'ha cassato l'università, e le altre stanze dell'istituto sono occupate da professori di linguistica dell'ateneo fiorentino. Non c'è più spazio e siamo costrette ad accatastare i libri sugli scalini. Se l'università dovesse riprendersi questi spazi, ci sfratteranno”. “Non è facile convivere con le trasformazioni universitarie: si sta affermando una rigida distinzione tra biblioteche, luoghi amministrativi e di docenza. Dal mio studio a Pisa hanno levato via i libri, toccava portarli da Firenze. Ha prevalso la mentalità delle facoltà tecnico-scientifiche, dove lo studio del professore serve al massimo a posarci il cappotto, perché i docenti trascorrono il proprio tempo in laboratorio. A lezione si usano slides.” “Se l'Istituto chiude e lo prende in mano qualcuno in mala fede?” domanda Granucci, “chi vuoi che lo prenda...” risponde Arcamone. Le due linguiste (e il 94enne Mastrelli) non si perdono d'animo: finché potranno, l'Archivio resterà loro. “Neutralizzato” a Firenze.

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19 amet Mo., 27.03.2017 - 11:31

Che pena leggere questo articolo. Quanti giri intorno alla brace per non dover nominare il fascista, causa prima della diatriba secolare sulla toponomastica nella terra tirolese. Che pena non poter o voler dichiarare la propria opinione sulle falsificazioni del suddetto e sulla situazione odierna della toponomastica. Ma certo, se si immagina tutti i tirolesi biondi ....

Mo., 27.03.2017 - 11:31 Permalink
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Robert Bargolini Di., 28.03.2017 - 19:02

Beschämend wie verkalkt und Nationalistisch selbst Universitätsprofessoren und Gelehrte in Italien doch sind.
Italien steckt seit seiner Gründung 1871 in einer Identitätskrise Krise und nicht nur wir Süd Tiroler sind Opfer der selben.
Das ganze Land wird von einem schier undurchdringbaren Schleier von Stillschweigen, Vergessen und Fehlinformation umhüllt. Aber wie sollte es anders sein, wenn selbst die Gelehrten allem Widersprechen was für das Synonym Gelehrter steht.
Der Begriff Italiota wird hier seiner neuen Bedeutung zu 1000% gerecht. Selbstverständlich kann man das ganze Tohuwabohu um die Toponomastik als nicht wichtig sehen, aber wie wichtig ist dass Historische Gewissen und die Verantwortung einer Gesellschaft zu Ihren Errungenschaften, Feindbildern und insbesondre Ihren dunkeln Geistern. Leider wurde in Italien der Faschismus nie aufgearbeitet und es gab keine Denazifizierungsprozess wie in Deutschland nach und währen der Nürnberger Prozesse. Ein interessanten Beitrag dazu könnte der Dokumentarfilm Fascist Legacy spielen er wurde von der BBC Produziert von der RAI für viel Geld gekauft aber dem Publikum nie öffentlich vorgeführt. Ich werde in solange Posten und Verteilen wie möglich vielleicht öffnet er ja manchen "Convinto" die Augen. https://www.youtube.com/watch?v=2IlB7IP4hys

Di., 28.03.2017 - 19:02 Permalink
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Cristian Kollmann Mi., 05.04.2017 - 08:38

Wissenschaftler, die in der irredentistisch-nationbalistischen Tradition Ettore Tolomeis verharren und keine seriösen Studien zu Südtirol vorzuweisen haben, schinden Eindruck bei saltoatesinischen Schreiberlingen. Toll!

Mi., 05.04.2017 - 08:38 Permalink
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Chiló y dailó Do., 31.08.2017 - 20:19

Bastano le frasi d'esordio sul non essere biondo (siamo in Alto Adige, non in Danimarca), quella atroce sul ladino e l'autocensura su Tolomei per capire l'aria che tira in quegli ambienti. Non condivido la posizione oltranzista di Kollmann, ma lui è un dilettante in confronto a nazionalisti irredentisti come questi.

Do., 31.08.2017 - 20:19 Permalink