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“Una società troppo divisa”

Per Roberto Bizzo sul bilinguismo la 'scuola monolingue' non può fare di più: “Occorre dare spazio al modello ladino e ad un nuovo modello di società”.
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Foto: web

Nei giorni scorsi i risultati del progetto Kolipsi dell’Eurac hanno puntato il dito senza pietà contro un generale peggioramento delle conoscenze della seconda lingua da parte degli adolescenti, aprendo un vivace dibattito che ha avuto echi anche oltre provincia ed anche un interessante corollario su salto
Nella discussione ha deciso di entrare anche il Presidente del Consiglio Provinciale Roberto Bizzo, che nei giorni scorsi ha voluto incontrare le ricercatrici Andrea Abel e Chiara Vettori, per cercare di capire nel profondo i contenuti dello studio.

salto.bz : Presidente Bizzo, che idea si è fatto dalla situazione? Il bilinguismo è destinato a restare una chimera per entrambi i principali gruppi linguistici?
Roberto Bizzo - Va detto che sul bilinguismo è stato fatto un grandissimo ed ottimo sforzo di potenziamento in vista dell’apprendimento della L2 in tutte le scuole. Ma i risultati dello studio vanno visti come il termometro. Ti indicano che c’è un problema, ma non puoi prendertela con il termometro se hai la febbre. 
Se il tedesco resta relegato a pura attività scolastica, poi finisce per essere percepito come tale da parte degli studenti. E non è che incrementando il numero delle ore di tedesco la conoscenza della seconda lingua cresca in proporzione. 
E’ un po’ come con le soluzioni chimiche: continuando ad aumentare le dosi se vai oltre i limiti di saturazione ad un certo punto nel liquido non si scioglie più nulla. 

“Se la soluzione è satura…, è satura”

Insomma: secondo lei esiste un limite oggettivo. E quindi se anche vengono fatti grandi sforzi la scuola non riuscirà mai a risolvere questo tipo di problema. 
Certo. Insegnanti dirigenti hanno fatto il massimo sforzo e ora la palla deve ritornare alla politica. 

Lei quando parla di scuola naturalmente intende quella monolingue, l’unica attualmente con diritto di cittadinanza in Alto Adige.   
Già e questo mentre tutto il resto della vita è compartimentato. 
Vai a scuola con pullman separati, entri ed esci da scuola in orari diversificati, hai la pausa in momenti diversi, hai la mensa ad orari differenti, lo sport lo pratichi in diverse fasce orarie, gli Istituti Musicali sono separati, le biblioteche divise.  Persino il battesimo, la cresima e la comunione li celebri in momenti diversi. Il vero discorso andrebbe fatto sull’art. 19 dello Statuto di Autonomia. E a ben vedere lo diceva già a suo tempo Remo Ferretti.

“Viviamo in mondi diversi”

Cosa diceva l’ex vicepresidente della Provincia?
Diceva che l’art. 19 prevede un diritto e cioè quello all’insegnamento nella propria madrelingua. Si tratta di un diritto sacrosanto, ma io aggiungo che questo diritto non può trasformarsi in una limitazione. 

“Serve dunque una modifica dell’art. 19 che, pur sancendo il diritto all’insegnamento nella lingua madre, non tolga alle comunità la libertà di dotarsi degli strumenti di crescita sociale e culturale che più ritiene idonei.”

Sembra un discorso d’opposizione…
Se i tecnici mi dicono che lo strumento più idoneo per crescita della mia comunità è la scuola bilingue, ben venga! Io non faccio il tecnico, ma deve essere lasciata la libertà di mettere in pratica ciò che i tecnici suggeriscono. 

Allora l’unica soluzione a livello scolastico sarebbe la scuola plurilingue?
Cito due ministri italiani di Istruzione Università e Ricerca, entrambi due miei cari amici: Giuseppe Fioroni e Maria Chiara Carrozza. Loro a suo tempo vennero in Alto Adige apposta per studiare il modello della scuola ladina, sostenendo che quello è il modello più avanzato esistente a livello europeo. 

“Peccato che il ‘modello ladino’ lo possano usare solo i ladini. Sarebbe come dire che in Coppa del Mondo Peter Fill può usare gli sci migliori, mentre gli altri devono accontentarsi di quelli di 20 anni fa.”

Tra l’altro la scuola ladina è interessante perché mantiene la madrelingua, ma la mette un po’ in secondo piano rispetto alle altre due lingue del territorio. 
Lo ripeto: lo studio Kolipsi indica una patologia in atto. Ma non dobbiamo spaventarci: io questo studio lo diffonderei e lo svilupperei ulteriormente.

In realtà la Sovrintendenza italiana invece è stata quasi tentata dal metterlo in discussione, lo studio, suscitando anche un certo dibattito con le ricercatrici direttamente qui su salto…
I sistemi scientifici prevedono che i fenomeni possano essere verificati, ripetuti e misurati. Partendo dal risultato io amplierei lo studio Kolipsi a tutte le scuole, una per una. Facendo un monitoraggio volto a capire dove si trovano le nicchie di eccellenza per cercare di farle divenire uno standard. Gli strumenti scientifici si usano in questo modo.

Insomma: bisogna approfittare dell’occasione per cogliere questo segnale e approfondire. 
Proprio così. 

Lo choc comunque non ha riguardato solo la comunità italiana. Anche il mondo di lingua tedesca è stato messo di fronte ad un arretramento nella conoscenza della lingua italiana, soprattutto in periferia. 
Io con le ricercatrici dell’Eurac mi sono voluto incontrare, perché volevo capire. E’ chiaro che il fenomeno dell’abbandono della periferia da parte della comunità di lingua italiana priva di un orizzonte culturale la comunità di lingua tedesca. Il mondo di lingua tedesca si trova paradossalmente senza interlocutori con i quali sperimentare la (loro) seconda lingua. 

“Non solo c’è una separazione di tipo culturale, ma si va sempre di più verso una separazione di tipo fisico”

Cosa si potrebbe fare per invertire la tendenza?
Ad esempio incrementare la presenza di scuole di tipo liceale in periferia. 

L’insistenza del mondo di lingua tedesca sulla formazione professionale è un po’ penalizzante in questo senso?
Per me è un errore. Ricordiamoci che noi abbiamo la più bassa percentuale di laureati in Italia. E questo a fronte del fatto che l’Italia ha la più bassa percentuale di laureati in Europa. Se in futuro vorremo competere nel mondo globalizzato, avremo senz’altro bisogno di un sistema con una maggior presenza di alta formazione.  

“Dobbiamo prendere atto che qualcosa non funziona e farci carico di ciò, cercando di risolvere”

L’aumento delle certificazioni linguistiche a scuola non è in qualche modo un segnale confortante?
Non dobbiamo pensare che il bilinguismo sia il patentino. Puntare tutto sulle certificazioni credo sia stato un errore. 

“Il patentino non è il passaporto per il futuro. Ad esserlo sono la preparazione e la conoscenza delle lingue. Una cosa ben diversa.”

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Profil für Benutzer Christian Mair
Christian Mair Do., 01.06.2017 - 11:34

Der Kompromiss könnte so aussehen:
- JA zur ladinischen, italienischen und deutschen Schule
– JA zur räumlicher Integration der Schulen
– JA zu integrativen Freizeitangeboten
– JA zum gemeinsamen Englischunterricht
– JA zu Freiwahlfächern nach Begabung z.B.: Sprachförderunterricht oder Technikföderunterricht oder Sportföderunterricht oder Musikföderunterricht

Do., 01.06.2017 - 11:34 Permalink
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Floriana Gavazzi Fr., 02.06.2017 - 10:32

Io credo che la domanda centrale che lo studio Kolipsi dell'Eurac ci pone è questa: come mai un peggioramento netto rispetto a 7 anni fa?
Non credo proprio che si possa rispondere dicendo che rispetto a 7 anni fa le famiglie siano meno inclini a favorire le attività extrascolastiche dei loro figli nella seconda lingua. Tutti i genitori che conosco, persino gli stranieri ormai integrati, sono motivati a fare del loro meglio in questo senso. Non c'è più nessuno che dice: "Siamo in Italia e si parla italiano". E personalmente non ho mai sentito di un genitore italiano che dica a suo figlio: "Non importa se vai male in tedesco, tanto non è una materia importante". Non so se questo succeda nel mondo tedesco, sicuramente non succede tra le famiglie di lingua tedesca che vivono nei centri maggiori.
Dunque il problema è: perché un peggioramento? Siccome lo studio Kolipsi, per quanto ho appreso, ha testato in modo più capillare le conoscenze scritte, che sono quelle che si apprendono a scuola, è la didattica che ha fallito. Perché la scuola non basta per imparare a parlare fluentemente il tedesco, ma per imbroccare un congiuntivo o un dativo dovrebbe bastare. E se imbrocco il congiuntivo ho parecchie possibilità in più di imparare a parlare quando mi troverò ad esempio a fare uno scambio linguistico in Germania.
Avanzo timidamente qualche ipotesi sulle cause del peggioramento che deriva dalla mia esperienza di mamma di una figlia liceale.
1) NON SI FA QUASI PIU' ANALISI LOGICA NEMMENO NELLA PROPRIA LINGUA MADRE
2) NON SI FANNO PIU' TRADUZIONI DAL TEDESCO ALL'ITALIANO (saranno anche démodé, ma sono insostituibili per fare riflettere i ragazzi sulle profonde differenze strutturali tra le due lingue e per abituarli alla precisione)
3) SI FA POCO E MALE L'ANALISI DEL TESTO NELLA PROPRIA LINGUA (eppure è richiesto dalla prova INVALSI) E NELLE LINGUE STRANIERE CHE SI STUDIANO.

Fr., 02.06.2017 - 10:32 Permalink