Gesellschaft | L'intervista

Tenno, femminicidio e retorica

Omicidio-suicidio in Trentino: l’autopsia rivela che la vittima è stata uccisa con 4 colpi di pistola. Kusstatscher (Gea): “Parlare di 'raptus' è troppo facile”.
Omicidio Tenno
Foto: upi

La passerella di indignazione, l’autocritica reclamata, la riflessione d’obbligo. La formula di fronte a queste morti annunciate, rubricate ormai consuetamente a femminicidi, appare un pingue esercizio retorico. Lo dimostrano le statistiche che continuano ad essere impietose: negli ultimi 5 anni, secondo i dati del Ministero dell’Interno, si registrano 774 casi di omicidio di donne, una media di circa 150 l’anno. E quasi sette milioni di donne hanno subìto un abuso nel corso della loro vita. Venendo al profilo degli autori di femminicidio, questi hanno, nella maggior parte dei casi, tra i 31 e i 40 anni, seguiti dalla fascia d’età compresa tra i 41 e i 50. Il rapporto che lega le vittime, principalmente ragazze tra i 18 e i 30 anni, e i loro carnefici è nel 55,8 per cento dei casi di natura sentimentale, con una relazione in atto al momento dell’omicidio o pregressa. Una rapida successione di numeri che già danno la misura di un fenomeno perfettamente in grado di autoriprodursi in serie.

I casi recenti

Ieri, 1 agosto, la notizia di una ragazza di 21 anni, Nadia Orlando, residente a Dignano, in Friuli Venezia Giulia, uccisa dal fidanzato 34enne Francesco Mazzega, di Spilimbergo che, con il cadavere nell'auto, sarebbe andato alla polizia per costituirsi confessando il delitto. Il giorno prima un altro esiziale fatto di cronaca, accaduto a Tenno, in Trentino: un giovane 24enne, Mattia Stenga fredda con una pistola - acquistata poche ore prima - la fidanzata Alba Chiara Baroni, di 22 anni e poi si spara. È accaduto nella casa di lui a Tenno, in Trentino, i due, che si conoscevano fin da bambini, erano fidanzati da sei anni ed erano in procinto di andare a vivere insieme ma fra i due negli ultimi c'era tensione, secondo le testimonianze dei familiari. L’autopsia condotta ieri a Riva del Garda dal medico legale, alla presenza dei carabinieri della scientifica, ha rivelato che la ragazza è stata uccisa dal compagno con quattro colpi di pistola, tre sul corpo e uno, quello fatale, alla testa. A quanto pare, stando alla ricostruzione degli inquirenti, tutto questo dopo una lite e una colluttazione che sembrano avvenute nella camera da letto, prima di arrivare al bagno del piano superiore dell’abitazione, dove i corpi sono stati trovati. Per Stanga l’autopsia conferma un solo colpo, mortale, alla testa. L’arma è stata ritrovata ancora impugnata dal giovane. I carabinieri hanno iniziato ad analizzare il contenuto dei cellulari di Mattia e Alba Chiara al fine di reperire elementi utili alla ricostruzione di un possibile movente. Secondo Gabriella Kusstatscher, presidentessa di Gea, l’associazione impegnata contro la violenza sulle donne, la società è ancora fortemente condizionata da sovrastrutture archetipiche che rallentano ancora il pieno raggiungimento della consapevolezza del problema.

 

salto.bz: Kusstatscher, malgrado la legge del 2013 il femminicidio continua ad essere un reato diffuso.
Gabriella Kusstatscher: Purtroppo è così. E la violenza colpisce qualsiasi età e ceto sociale. È essenziale l’intervento di persone esperte che aiutino le donne, notoriamente vittime di una grande solitudine, ad elaborare il vissuto di violenza, perché possono fornire loro gli strumenti per uscire dall'incubo e quindi costruire un percorso che conduca a dei risultati concreti. Riguardo il fatto accaduto a Tenno non posso pensare che già all’interno della relazione tutto funzionasse a meraviglia, presumibilmente la giovane subiva già violenza. Il problema è che spessissimo le donne avvertono un profondo senso di inadeguatezza, vergogna, e sono restie a raccontare i soprusi a cui vengono sottoposte. Ed è ciò che le frena così tanto dal chiedere aiuto.

Riguardo il caso di Tenno si è palesata l’ipotesi di un raptus dell’autore del delitto, non le sembra tuttavia un’affermazione troppo arbitraria? 
Sì, è un modo per semplificare l’accaduto, non nego che un raptus possa esserci stato ma è indubbio che il ricorso immediato a certe risposte non è che il prodotto di una cultura che sostiene la violenza, sarà pure obsoleto e veterofemminista parlare di società patriarcale ma le radici sono quelle. Ricordo un episodio che accadde qualche tempo fa, la Gazzetta dello Sport aveva commentato, a mio avviso in maniera indegna, la sentenza di condanna di cinque giocatori della nazionale cubana di pallavolo che erano stati accusati di aver stuprato a Tampere, in Finlandia, una donna nello stesso hotel in cui alloggiavano con la squadra. Il giornalista del quotidiano più letto d’Italia parlò di ragazzata e di attacco al mondo sportivo cubano invece di soffermarsi sul trauma che aveva subito la persona vittima dell’abuso sessuale. Questo solo per sottolineare quanto è di fatto difficile uscire da un certo tipo di logica. Ci vuole ancora molto tempo e molta consapevolezza. 

"È incontestabile che esista una insana dipendenza affettiva all’interno di certe relazioni, che spesso si basano sul possesso totale"

Conferma di fatto ciò che si sostiene a gran voce da più parti, e cioè che non basta una risposta solo dal circuito legislativo ma ne occorre banalmente una anche da quello sociale ed educativo.
Confido molto nei giovani, anche se è chiaro che poi episodi, come quello accaduto a Tenno, ci riportano inevitabilmente indietro. È incontestabile che esista una insana dipendenza affettiva all’interno di certe relazioni, che spesso si basano sul possesso totale. In nome dell’amore molte donne si convincono, malgrado ciò che subiscono, di poter redimere l’uomo che hanno accanto. Del resto il maltrattatore è solitamente un abile manipolatore, con un grande fascino, capace di sedurre e di far leva sui bisogni della compagna o della moglie e sui suoi punti deboli. 

Nel frattempo il ddl per tutelare gli orfani dei femminicidi è ancora in stallo in sede deliberante perché “nel testo si fa riferimento anche ai figli delle Unioni civili”, dice il centrodestra. L'impressione è che la politica tergiversi, se ne lavi le mani finanziando magari qualche pubblicità progresso, e appaia mal disposta a ragionamenti di largo respiro, perché?
Il limite della politica è quello di non avere una visione d’insieme che sia lungimirante, l’imperativo è accontentare l’elettore o un potenziale tale. Approvare una legge importante come quella in questione significa sottolineare la gravità dell’evento, ammettere che questi bambini sono orfani in seguito a un atto spaventosamente violento e significa farsi carico come società di queste vittime, ma poi, per convenienza, ecco che puntualmente si scatenano i tecnicismi. Si tratta di un pretesto per bloccare l’iter legislativo ma anche per non riconoscere l’indubbia presenza di una cultura maschilista in Italia. La trovo una mera strumentalizzazione. Vicende come quella di Tenno dovrebbero innescare un momento di riflessione collettiva e servire a comprendere che le giovani generazioni devono avere adulti di riferimento a cui rivolgersi, nei centri antiviolenza. Questo è il mio auspicio. E alle donne l’appello di superare quel sentimento paralizzante che troppe volte le assale, la vergogna. 

Trova che in Alto Adige ci siano risorse e mezzi sufficienti per tutelare le donne vittime di violenza? Oppure occorre rafforzare i centri antiviolenza e i servizi sociosanitari e assistenziali sul territorio?
Vanno senz’altro rafforzati, inoltre quello che manca a tutte le categorie deboli, compresi gli immigrati e i 50enni che si ritrovano disoccupati da un giorno all’altro, è il cosiddetto passo successivo. Ovvero trovare un lavoro e una casa, avere insomma tutto ciò che permetta a qualsiasi persona di poter vivere dignitosamente, noi li accompagniamo nel percorso di riappropriazione della propria vita, ma se poi fuori per loro non c’è nulla questo percorso resta incompleto. Bisognerebbe anche poter contare su maggiori finanziamenti per le associazioni competenti, mi rendo conto che nel resto d’Italia la situazione è nettamente peggiore, perciò riconosco lo sforzo e l’attenzione dimostrati dalla Provincia, ma i casi aumentano e poi non dimentichiamoci che ci saranno sempre più persone da integrare nel tessuto sociale.

"Non è banale affermare che i fenomeni vengono riconosciuti come tali nel momento in cui si dà loro un nome. Il cambiamento culturale passa anche dal linguaggio."

Per quel che riguarda il femminicidio qual è la dimensione altoatesina rispetto al resto d’Italia?
Il fenomeno ha proporzioni minime, anche nelle riunioni che regolarmente facciamo con le associazioni che si occupano di violenza di genere negli ultimi tempi non si è mai parlato di donne uccise, anche se nel corso degli anni in Alto Adige ci sono stati episodi efferati. 

Come Gea quali sono i casi più diffusi in materia di violenza di genere che affrontate?
La casistica riguarda in primis la violenza psicologica, l’autostima viene minata, e le vittime si sentono incapaci e non autosufficienti. Ogni eventuale errore vissuto viene amplificato tanto che a volte questo atteggiamento può sfociare in gravi depressioni. Poi c’è la violenza fisica, quella economica, ovvero quando il partner impedisce alla compagna l’accesso al conto in banca o quando questa deve rispondere di qualsiasi spesa. Ma ci sono anche donne che hanno perso tutto il loro patrimonio per poter aiutare il compagno o il marito. Ci sono poi i casi di violenza sessuale, donne che vengono obbligate a fare giochi erotici, per esempio, o ad avere rapporti con altre persone per compiacere il partner; o episodi di stalking, fenomeno peraltro riconosciuto come tale solo negli ultimi 20anni, prima non esisteva nemmeno il termine. Non è banale del resto affermare che i fenomeni vengono riconosciuti come tali nel momento in cui si dà loro un nome. Il cambiamento culturale passa anche dal linguaggio. Voglio dire, fino agli anni 80 non si parlava nemmeno di violenza domestica perché era normale che le donne dovessero sopportare e accettare. E quanta strada c’è ancora da fare.

Bild
Profil für Benutzer Pasqualino Imbemba
Pasqualino Imbemba Mi., 02.08.2017 - 10:04

" È incontestabile che esista una insana dipendenza affettiva all'interno di certe relazioni, che spesso si basano sul possesso totale." Sono dell'opinione che questo aspetto andrebbe analizzato nel contesto della società italiana odierna. Paragoniamoci ad altri paesi e cerchiamo di comprendere perché non riusciamo ad inculcare un sano rispetto per il prossimo negli individui che cresciamo, anche in una relazione che sta per finire? Ad esempio: una cultura del fallimento sbagliata? Il concetto donna come elemento da possedere?

Mi., 02.08.2017 - 10:04 Permalink