Gesellschaft | L'intervista

Tommasini l’ottimista

L’assessore alla scuola italiana sull’indagine Astat dedicata ai giovani altoatesini, la mancanza di un’identità plurale e la revisione delle responsabilità.
Christian Tommasini
Foto: Hannes Prousch

La visione di Christian Tommasini resta, con poca sorpresa, edulcorata. L’indagine trasmessa “in differita” dall’Astat oggi (11 ottobre) per l’assessore provinciale all’Istruzione e formazione italiana restituisce un quadro sostanzialmente positivo rispetto a quelli che sono i giudizi trasversali dei giovani altoatesini, con buona pace dei gufi. 

 

salto.bz: Assessore, sa spiegare perché è trascorso tutto questo tempo prima che lo studio venisse pubblicato?

Christian Tommasini: Non ne ho idea.

Non c’è stata alcuna pressione da parte sua per rimandarne la diffusione?

La verità è molto più prosaica, lo studio l’ho letto solo ieri, non abbiamo assolutamente influito sulla sua pubblicazione.

Alcuni dati sulla scuola appaiono scoraggianti, non trova? 

Partiamo da un dato: è normale che una minoranza faccia fatica a imparare la lingua della maggioranza territoriale. Quando ero giovane la situazione era di gran lunga peggiore, io ad esempio non ho imparato il tedesco a scuola, sono uscito dalle superiori che sapevo meglio il francese. Ho appreso la lingua tedesca quando è diventato necessario per lavoro e quando è entrata in gioco la componente affettiva, nel momento cioè in cui ho sposato una ragazza di madrelingua tedesca. C’è tutta una generazione, quella dei nostri padri, che il tedesco non lo sa perché all’epoca lo slogan della politica era “siamo in Italia e si parla italiano”. Poi si è passati alla generazione che ha “tollerato”, poi a quella che diceva “non mi piace il tedesco ma devo impararlo perché mi serve”, mentre ora i nostri giovani riconoscono nell’apprendimento dell’altra lingua un’occasione da cogliere. Ci sono stati perciò grandi miglioramenti.

Se da un lato il Clil è recepito positivamente dall’altro la seconda lingua non rientra fra le materie più interessanti per gli studenti, oltre al fatto che il 40% dei giovani altoatesini intervistati non si lancia in lodi sperticate sulla formazione bilingue, anzi. Non vive questo come un insuccesso visto che il suo impegno politico punta fortemente verso il bilinguismo e soprattutto il trilinguismo?

Il discorso della materia è differente, in più bisognerebbe scorporare i dati. Anche per quel che mi riguarda il tedesco era una materia che, a livello di preferenza, finiva in fondo alla classifica. Il fatto è che una disciplina può anche non piacere, perché viene insegnata in modo tradizionale. Prendiamo la maturità in 4 anni, con questo progetto riusciremo a sperimentare una riforma complessiva della didattica dove i ragazzi diventano più protagonisti, dove viene valorizzata di più l’autonomia e si studia di conseguenza più volentieri. Vedo comunque molte luci in questo studio Astat.

E anche ombre. 

Indubbiamente. Vede, siamo impegnati a far passare il messaggio che il trilinguismo sia una grande opportunità, molto abbiamo fatto ma non è ancora sufficiente. Possiamo migliorare e così anche la scuola. Ma finché i ragazzi non si incontrano fuori dalle mura scolastiche il problema non si risolverà. La lingua si impara per passione e scioglie quel blocco psicologico che assale molti ragazzi. Bisogna ricordarsi che l’identità plurale, che è parte degli altoatesini, è fondamentale, così come lo è quella territoriale perché anche in quel caso c’è divisione fra chi abita in città e chi nelle valli. Se non riusciamo a far sì che i ragazzi, anche di ambito urbano, non percepiscano il territorio come proprio allora non riusciremo a costruire quest’identità plurale. 

La strada è ancora lunga?

Lo è, ma i nostri giovani stanno invertendo quella curva dell’identità chiusa e monolingue, anche a causa della maggiore presenza sul territorio di cittadini con background famigliare migratorio. Occorre quindi avere questa identità porosa che assorba non solo il plurilinguismo a scuola ma anche nell’extra-scuola, il tutto abbinato a una frequentazione del territorio. 

Uno studente su quattro afferma che la scuola altoatesina non prepari adeguatamente all’entrata nel mondo del lavoro, cosa ne dice?

Il rapporto scuola-lavoro è molto importante, fino a 5-6 anni fa se si proponevano progetti di questo genere in alcuni licei la risposta non era affatto entusiastica. Ora, finalmente, si sta facendo largo l’idea che non è solo la formazione professionale che prepara al mondo del lavoro, ma è la scuola che si mette in relazione diretta con il lavoro stesso e su questo ci stiamo impegnando. Probabilmente quel 25% degli studenti che si dice scontento non trova ancora nella propria scuola un’offerta adeguata alle sue esigenze. 

Come commenta il fatto che a Bolzano la percezione dei problemi da parte dei giovani sia maggiore rispetto al resto della Provincia?

Uno degli elementi di criticità è il rapporto fra ambito urbano e rurale, finché chi vive in città e soprattutto a Bolzano si percepirà come in un fortino assediato rifiutandosi di conoscere fisicamente il territorio, come accennavo, ci sarà sempre un limite tangibile. Questa sensazione di non sentirsi a casa fuori dalle mura invisibili della città deve essere cambiata. Il fatto che alcune cose siano avvertite in modo diverso è anche perché ovviamente in ambito urbano ci sono più opportunità ma si vive anche in una dimensione maggiore e alcuni fattori incidono di più. Quello che, devo dire, mi preoccupa particolarmente è la percezione della politica nel senso nobile di “occuparsi della società”, vedo questa generazione molto introiettata nella realizzazione personale, che è anche giusto, ma delega troppo agli altri, non partecipa abbastanza ai processi che riguardano le scelte collettive.

Bild
Profil für Benutzer Max Benedikter
Max Benedikter Mi., 11.10.2017 - 17:09

Quello che mi piace di Tommasini in questa intervista è che rispetta il giudizio degli studenti. Molti commentano divergenze tra adulti e ragazzi come un problema dei ragazzi. Tommasini no.
Poi si può sempre migliorare in tutto, ma non si può dire che la scuola italiana non ci stia provando. Diamole ancora un po' di tempo.

Mi., 11.10.2017 - 17:09 Permalink
Bild
Profil für Benutzer Karl Trojer
Karl Trojer Mi., 11.10.2017 - 18:05

Das Bemühen von Christian Tommasini um eine mehrsprachige Schule schätze ich sehr. Zum Theam "Identität" scheint mir folgendes relavant zu sein : Das Erleben von Identität hat mit dem Erleben von Zugehörigkeit zu tun, mit Wertegemeinschaft, mit Geschichte, Umfeld und Raum in dem ich lebe. Auf die Frage , gibt es heute eine "Südtiroler Identität" ? . würde ich antworten : ja die gibt es. Sie besteht darin, dass in diesem Raum drei Sprachgruppen friedlich zusammenleben, sich begegnen und sich auf ein gemeinsames Autonomiestatut berufen können; weiters dass unterschiedliche geschichtliche Herkünfte seit Jahrzehnten dabei sind, in eine gemeinsame Geschichte einzufließen und auch Dritte darin Platz finden; dass wir in einer wunderbaren Landschaft mit besten klimatischen Bedingungen leben dürfen und wir dabei sind zu lernen, zu erfahren, dass Verschiedenheit bereichert und nicht unbedingt Angst macht.

Mi., 11.10.2017 - 18:05 Permalink