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Gesellschaft | Maltrattamenti

Florian Kronbichler, der Störenfried

Chi contesta sempre l'esistente rischia di non accorgersi quando le cose stanno mutando davvero. A proposito di una recente polemica.

Non è facile fare il guastafeste, lo Störenfried. Il filosofo Dieter Thomä, un paio di anni fa, ha dedicato alla sua figura un librone di 700 pagine (Puer robustus. Eine Philosophie des Störenfrieds, Berlin, Suhrkamp, 2016, pp. 715) per affermare tutta la centralità politica di questo fenomeno così marginale: il guastafeste rappresenterebbe letteralmente questa rivincita del margine, dell'emarginato o dell'autoemarginatosi, capace però di spostare i confini del pensiero usuale e di dare una scossa agli eventi. Una storia al maschile, anche se il sembiante è antipatriarcale, con molti padrini a narrarne le gesta – Hobbes, Rousseau, Helvétius, Diderot, Schiller, e poi ovviamente Karl Marx, con il suo puer collettivo, il proletariato – e una morale tanto ripetitiva quanto indispensabile: per cambiare le cose occorre che qualcuno rompa le palle, si metta di traverso, ci dica che stiamo sbagliando tutto e provi a svegliarci dal nostro sonno dogmatico. In Sudtirolo il posto di guastafeste è sempre un po' vacante. Vengono in mente Alexander Langer e Norbert Kaser, soprattutto il secondo, e davvero pochi altri. Di recente l'aspirante più accreditato a ricoprirne il ruolo è Florian Kronbichler, un giornalista prestato (e non ancora restituito) alla politica. Da Florian bisogna sempre aspettarsi un giudizio dissonante, il colpo di tosse quando l'orchestra sta per cominciare a suonare, se va bene, oppure, se va male, l'entrata sbagliata sulla superstrada, fari accesi a tutta velocità sulla tua corsia di marcia. Alla festa per l'incoronazione di una nota scrittrice, Florian il Geisterfahrer ha sparso la sua acida senape cercando di uscire dal coro delle lodi e ha tirato fuori una teoria ardita: in Sudtirolo gli italiani che hanno successo possono farlo solo se viene loro permesso dai tedeschi, se rinunciano cioè del tutto a contestare l'esistente (das Seiende sarebbe qui tedesco, das Nichtseiende italiano) e diventano come Romano Viola, il consigliere provinciale passato alla storia per essersi opposto alla narrazione del “disagio” e perciò bollato – a torto – come servo sciocco della Svp. Così Florian non si è reso conto, però, che talvolta è proprio l'ordine costituito a riconoscere i propri limiti come angusti, e può accadere insomma che il cambiamento avvenga non sollecitato dall'esercizio ad oltranza del vittimismo, ma dalla semplice mutazione delle cose, dall'erosione delle contrapposizioni sclerotizzate, da un gesto creativo e benevolo, per esempio quello di una vicenda che illustra il punto di vista tedesco e il punto di vista italiano come fossero gli sguardi di una sola persona (o anche gli occhi di due persone che si guardano). È importante andare controcorrente per cambiare le cose, ha ragione Florian, talvolta però si rischia di fare la figura di quelli che hanno sbagliato fiume, mentre la corrente degli eventi migliori ti passa accanto e neppure la vedi.

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kurt duschek Di., 11.09.2018 - 16:27

....il colpo di tosse quando l'orchestra sta per cominciare a suonare, .....Florian é come la suoneria arrabiata ed aggressiva di un cellulare durante la messa. Spero che questa suoneria sia sempra attiva !

Di., 11.09.2018 - 16:27 Permalink