Politik | Toponomastica ladina

Sèn Jan è San Giovanni

La Corte Costituzionale boccia la denominazione solo in ladino del nuovo comune della Val di Fassa: "Obbligo di bilinguismo anche nella toponomastica". Esulta Urzì (FdI).
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Foto: fassanews

«Sèn Jan di Fassa/Sèn Jan» dovrà diventare «San Giovanni di Fassa/Sèn Jan»: la Consulta ha accolto il ricorso presentato dal Governo – quello di Paolo Gentiloni – sul nome del Comune di “Sèn Jan di Fassa”, in Trentino, nato il primo gennaio 2018 dalla fusione dei comuni di Vigo di Fassa (Vich) e Pozza di Fassa (Poza). Il Governo aveva impugnato la legge della Regione Trentino-Alto Adige che ha istituito il comune fassano a seguito del referendum del 2016 – nelle parti in cui la denominazione è resa nella sola dizione ladina in entrambe le lingue ufficiali della valle: ovvero «Comun de Sèn Jan» in ladino e «Comune di Sèn Jan di Fassa» in italiano.

Una questione apparentemente trascurabile, ma che scatenò invece molte polemiche sin dalla nascita dell'ente. Già nella discussione sulla legge istitutiva in Consiglio regionale, il nome sollevò la contrarietà del consigliere di Alto Adige nel Cuore Alessandro Urzì, preoccupato che si creasse un precedente capace di riflettersi sulla toponomastica sudtirolese. Ora Urzì grida vittoria: “La Consulta fissa un principio che varrà a livello regionale che è quello del bilinguismo, per cui la lingua della minoranza si aggiunge a quella nazionale e non la sostituisce. Con questa sentenza si è evitato un precedente anche per l’Alto Adige, stabilendo che il principio bilinguismo è inviolabile“.

Nel dettaglio: lo scontro tra Governo e Regione

Vediamo nei dettagli le ragioni della sentenza depositata giovedì (22 novembre) e che danno ragione al Governo. Il ricorrente osservava che, indicando nella sola lingua ladina il nuovo Comune di Sèn Jan di Fassa/Sèn Jan “quando era peraltro storicamente presente in quei luoghi anche la denominazione italiana di San Giovanni” la Regione avrebbe violato la Costituzione agli articoli 5 (ma qui la Consulta non accoglie la questione di illegittimità costituzionale) e 6. “Se nella Provincia autonoma di Bolzano vige la regola del bilinguismo perfetto ed è obbligatoria la toponomastica italiana, a più forte ragione nella Provincia autonoma di Trento in assenza di bilinguismo perfetto – argomentava Palazzo Chigi – la tutela delle minoranze linguistiche non può avvenire facendo a meno dell’utilizzo della lingua ufficiale nazionale”.

Dal canto suo, la Regione ha difeso la scelta di non tradurre il toponimo ladino “Sèn Jan” in “San Giovanni” – per via del significato identitario della “Pief de Sèn Jan”, dove storicamente si riuniva in assemblea la Comunità di Fassa – e smentito il Governo: “Nel Dizionario toponomastico trentino esiste il toponimo «Sèn Jan» e non anche quello di «San Giovanni»”. “Sèn Jan di Fassa” sommerebbe così il nome storico della località (in cui ha sede il comune) all’indicazione in italiano della Val di Fassa: “La tradizione culturale della comunità italiana locale trova riscontro nella denominazione “di Fassa”, che fa riferimento alla identificazione della Valle di Fassa”.

 “Una parte del toponimo dev'essere interamente in italiano”

Secondo la Consulta, invece, la Regione si sarebbe data la zappa, pardon, il toponimo sui piedi: adoperando per il Comune di nuova istituzione un toponimo bilingue e “così mostrando di essere consapevole di dover utilizzare, nell’individuazione del nomen del nuovo ente locale, tanto la lingua italiana quanto quella ladina”. La Regione ha fatto ricorso, nella prima parte del toponimo Sèn Jan di Fassa a “una denominazione mistilingue che non può dirsi espressa in lingua italiana solo perché fa riferimento alla Valle di Fassa”. La Corte Costituzionale sostiene infatti che lo Statuto d'Autonomia, nel prescrivere il bilinguismo nella toponomastica, impone di esprimere il toponimo da una parte interamente in lingua italiana e, dall’altra, nella lingua della minoranza linguistica.

“La Regione ha fatto ricorso a una denominazione mistilingue che non può dirsi espressa in lingua italiana solo perché fa riferimento alla Valle di Fassa”

L’utilizzo delle parole italiane «San Giovanni» non avrebbe determinato, come adombrato dalla difesa regionale, una forzosa italianizzazione di un toponimo storicamente e tradizionalmente radicato sul territorio” conclude la Corte, in quanto il toponimo “Sèn Jan di Fassa-Sèn Jan”, espressione d’una “scelta politica” del Consiglio regionale, adopera il nome di un santo “ovviamente non sconosciuto alla lingua italiana, di modo che l’uso della locuzione «San Giovanni» non sarebbe stato il frutto di una traduzione coatta di un toponimo in verità intraducibile”. E, d'altro canto, San Giovanni era utilizzato per denominare la frazione del preesistente Comune di Vigo di Fassa/Vich. Un autogol, sostiene la controversa pronuncia della Consulta cui si guarderà nel caso di future pronunce sul Sudtirolo. Con conseguenze imprevedibili.

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Sigmund Kripp Sa., 24.11.2018 - 10:24

Im Gegenzug sollte die ewige und heilige Stadt Rom, Hauptstadt des zentralistischen Italiens, an ihren Ortstafeln auch alle Exonyme der in Italien lebenden und verfassungsmässig anerkannten Minderheiten tragen!

Sa., 24.11.2018 - 10:24 Permalink
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Sylvia Rier Mo., 26.11.2018 - 13:54

Antwort auf von Sigmund Kripp

Richtig. Genau so wie Bozen, die Hauptstadt (auch) aller Ladiner*innen (und weiterer sprachlicher Minderheiten, falls wir es ganz genau nehmen wollten), an ihren Orts- (und m. E. überhaupt allen Hinweistafeln) die ladinischen Namensäquivalente tragen müsste. Ich finde es immer wieder bezeichnend - und traurig! -, wie das deutschsprachige Südtirol auf seinen sprachlichen Rechten besteht, aber auch nicht annähernd so kleinlich ist, wenn es darum geht, die gleichen Rechte selbst zu gewähren. Wie lässt sich das erklären?

Mo., 26.11.2018 - 13:54 Permalink
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pérvasion Mo., 26.11.2018 - 17:13

Antwort auf von Sylvia Rier

Exonyme sind mMn auf Ortstafeln fehl am Platz, sowohl in Bozen, als auch in der Ladinia. Jedenfalls bin ich aber für Gleichberechtigung.

Immerhin eine schöne Geste ist, dass in Klausen von Gherdëina kommend Klausen/Chiusa/Tluses auf dem Ortsschild steht. Oder dass auf dem Brunecker Rathaus auch »Chemun« steht. Deine Aussage würde ich so also nicht unterschreiben.

Achja... und in Bozen kannst du auch nicht wirklich verallgemeinernd vom »deutschsprachigen Südtirol« sprechen.

Mo., 26.11.2018 - 17:13 Permalink
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Sylvia Rier Mo., 26.11.2018 - 20:38

Antwort auf von Christoph Moar

Kastelruth hat sogar eigene ^^ ladinische Fraktionen... aber laut der Willkommens-Installation am Dorfeingang leben hier nur deutsch- und italienischsprachige Menschen (von letzteren jedenfalls weniger als Ladiner*innen). Als ich einmal vorschlug - weil sogar noch freier Raum da ist - ob das ladinische Ciastel nicht auch eingefügt werden könnte, bügelte man mich ab, um die Ladiner kümmere man sich schon genug, und sowieso sei die Installation das Werk eines Grödner Künstlers. Darauf wusste ich nichts zu sagen. (Grausamkeit empört, Dummheit entmutigt. Sagte Camus. Ich finde, das passt gut hierher).

So gesehen ist dein Kommentar also doppelt schmerzhaft.

Mo., 26.11.2018 - 20:38 Permalink
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Sylvia Rier Mo., 26.11.2018 - 20:29

Antwort auf von pérvasion

1. Über das "Exonyme" des Herrn Kripp hatte ich mich ein wenig leichtfertig hinweg gesetzt - geht's im Text denn darum?
2. An Bozen hatte ich beim "deutschsprachigen Südtirol" nicht gedacht (was lässt dich darauf schließen?).
3. Aller "Südtiroler Ladiner*innen", müsste da stehen, meinst du? Falls ja, kam mir das logisch vor, falls nein, bitte ich um Klärung.

Mo., 26.11.2018 - 20:29 Permalink
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Sylvia Rier Di., 27.11.2018 - 13:33

Antwort auf von pérvasion

(Ein Versuch): "Exonym" ist sehr klar definiert, habe ich mir erschlossen. Allerdings gibt es Situationen, die nicht so klar definiert/definierbar sind wie die Begriffe, die sie beschreiben. Ich glaube, in Südtirol ist das so.

Wenn also, wie hier, der Ortsname von einer Bevölkerungsgruppe verwendet wird, die in der selben Region zuhause ist, und dort eine gewisse "Konsistenz" hat, dann, finde ich, ist "Exonym" für den betreffenden Ortsnamen nicht passend.

Zwar finde ich persönlich den Gedanken, dass nur streng "einheimische" Namen verwendet werden, sehr schön (romantisch?) es haftet ihm aber auch etwas an, das ich im Moment nicht definieren kann, das mir aber eindeutig ein Unbehagen auslöst. Irgendwie unpassend.

Di., 27.11.2018 - 13:33 Permalink
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pérvasion Di., 27.11.2018 - 13:37

Antwort auf von Sylvia Rier

Das sei dir unbenommen. Wichtig ist mMn aber, dass wir uns (mindestens) auf Gleichberechtigung einigen. Einem »San Giovanni« entspricht derzeit kein Recht auf ein »Trënt« bzw. »Bulsan« oder eben ein »Rom«. Das Verfassungsgerichtsurteil bekräftigt ausdrücklich das Primat einer einzigen Sprache, die im »Verfassungssystem« ohnehin schon übermächtig ist.

Di., 27.11.2018 - 13:37 Permalink
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Martin B. Sa., 24.11.2018 - 23:49

Erneuter trauriger Hinweis wie zentralistisch und minderheitenfeindlich dieser Staat war und ist. In vielen Neue-Welt-Ländern erhalten Orte wieder und ausschließlich ihre ursprünglichen Nicht-Zentralsprachlichen Namen. Selbst wenn diese für die Mehrheit kaum aussprechbar sind.

Sa., 24.11.2018 - 23:49 Permalink
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Salto User
Manfred Gasser So., 25.11.2018 - 11:47

Herr Urzi müsste mal ins Aostatal schauen, da gäbe es noch viel Arbeit die "Italianita" zu verteidigen.
Oder ist französisch einfach besser als deutsch?

So., 25.11.2018 - 11:47 Permalink
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Ludwig Thoma Mo., 26.11.2018 - 19:03

Was wäre denn los, wenn sich ein paar mehrheitlich slowenische Gemeinden in Kärnten zu einer Gemeinde zusammenschließen würden und dieser einen slowenischen Namen geben würden?

Mo., 26.11.2018 - 19:03 Permalink
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Manfred Klotz Di., 27.11.2018 - 08:28

Antwort auf von pérvasion

Simon, um Feindlichkeit gegenüber Minderheiten geht es in dem Urteil doch gar nicht. Im Gegenteil, darin werden die Rechte der Minderheiten sogar unterstrichen. Im Urteil geht es darum, dass eine minderheitliche Sprache aber nicht die Staatssprache ersetzen kann. Das Problem ist, dass man nur "Sen Jan" gelten lassen wollte und nicht auch die italienische Version der ehemaligen Fraktion.

Di., 27.11.2018 - 08:28 Permalink
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Profil für Benutzer Manfred Klotz
Manfred Klotz Fr., 30.11.2018 - 07:47

Antwort auf von pérvasion

Hier die Kernpunkte des Urteils zusammengefasst. Dass es eine vorherrschende Staatssprache bzw. Amtssprache gibt (obwohl beide nicht unbedingt gleichzusetzen sind) ist eigentlich ein logisches Prinzip:
Il ricorrente [die Landsregierung von Trient] lamenta che la denominazione del Comune di nuova istituzione sia espressa soltanto in lingua ladina, anziché congiuntamente in lingua italiana e in lingua ladina: ciò renderebbe la disposizione impugnata in contrasto con l’art. 99 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige)

La doglianza è, infatti, apodittica, essendosi limitato il Presidente del Consiglio dei ministri a rilevare che il principio di unità e indivisibilità della Repubblica «osterebbe all’utilizzo di denominazioni toponomastiche espresse unicamente in idioma locale».

Il primato della lingua italiana – si è anche detto ancor più di recente – «non solo è costituzionalmente indefettibile [ma è] decisivo per la perdurante trasmissione del patrimonio storico e dell’identità della Repubblica, oltre che garanzia di salvaguardia e di valorizzazione dell’italiano come bene culturale in sé» (sentenza n. 42 del 2017).

Allo stesso tempo, la lingua non può non essere un «elemento di identità individuale e collettiva di importanza basilare» (sentenze n. 88 del 2011 e n. 15 del 1996), in quanto è «mezzo primario di trasmissione» (sentenza n. 62 del 1992) dei valori culturali che essa esprime. È in quest’ottica che la tutela delle minoranze linguistiche deve essere considerata «uno dei principi fondamentali» dell’ordinamento costituzionale, espressione di «un rovesciamento di grande portata politica e culturale, rispetto all’atteggiamento nazionalistico manifestato dal fascismo» (sentenza n. 15 del 1996) e diretto «alla consapevole custodia e valorizzazione di patrimoni di sensibilità collettiva vivi e vitali nell’esperienza dei parlanti, per quanto riuniti solo in comunità diffuse e numericamente “minori”» (sentenza n. 170 del 2010).

L’art. 99 dello statuto reg. Trentino-Alto Adige espressamente ribadisce che la lingua italiana «è la lingua ufficiale dello Stato», cui nella Regione è parificata la lingua tedesca, e che essa «fa testo negli atti aventi carattere legislativo e nei casi nei quali [dal medesimo] statuto è prevista la redazione bilingue».

Per quel che concerne specificamente la lingua ladina, il suo impiego nella toponomastica, ma unitamente a quella italiana, è ribadito da disposizioni di attuazione dello statuto speciale: l’art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1951, n. 574 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), prevede espressamente che «nelle valli ladine […] può essere usato nella toponomastica locale, oltre che la lingua italiana e la lingua tedesca, anche il ladino»;

Deve rilevarsi, inoltre, che «San Giovanni» è toponimo che, come pianamente emerge dai lavori preparatori della legge regionale censurata, era già diffusamente presente nei territori ove sorge il nuovo Comune, tanto che era utilizzato per denominare una frazione del preesistente Comune di Vigo di Fassa-Vich.

Fr., 30.11.2018 - 07:47 Permalink
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pérvasion Di., 27.11.2018 - 13:31

Antwort auf von Manfred Gasser

Gressoney ist ein schlechtes Beispiel, weil das eventuell nicht übersetzbar ist. Aber Saint Vincent wäre durchaus mit Sèn Jan vergleichbar. Im Urteil wird ausdrücklich festgehalten, dass Sèn Jan übersetzt werden kann (und folglich muss!), weil es auf Italienisch einen San Giovanni gibt.

Di., 27.11.2018 - 13:31 Permalink