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Armi ai turchi

Tra il 2015 e il 2018 l'Italia ha esportato 890 milioni di euro di armi verso la Turchia, che oggi invade la Siria per attaccare i curdi. Rete Disarmo chiede uno stop.
Armi
Foto: upi

Il senatore Matteo Renzi, leader di Italia Viva, lo ha scritto su Twitter il 9 ottobre: "I nostri fratelli curdi hanno combattuto gli estremisti dell’ISIS distruggendo lo Stato Islamico. Lasciarli soli adesso è assurdo e profondamente ingiusto. La comunità internazionale non può fare finta di niente". Era una risposta all'offensiva militare lanciata quello stesso giorno dalla Turchia contro i curdi in Siria, definiti “terroristi” (per via dei loro legami con il Pkk) dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.

Matteo Renzi è stato presidente del Consiglio dei ministri dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016. Tra il 2015 e il 2016, il nostro Paese ha autorizzato l'export di armi per oltre 250 milioni di euro alla Turchia, secondo i dati elaboratori dalla Rete italiana per il Disarmo. In quegli anni, di cui restano anche foto di Renzi ed Erdoğan, la Turchia non poteva essere considerato un Paese democratico (qualcuno ricorda ancora piazza Taksim e Gezi Park, le proteste represse nel sangue tra la primavera e l'estate del 2013, il successivo inasprimento della repressione anche nei confronti di giornalisti e difensori dei diritti umani?). L'export di armi dall'Italia alla Turchia sarebbe continuato anche nel 2017 e nel 2018, per arrivare ad un totale di quasi 900 milioni di euro di contratti autorizzati in quattro anni. È per questo che di fronte all'offensiva in Siria, la Rete Italiana per il Disarmo ha reso pubblici i dati, chiedendo uno stop armi italiane verso la Turchia dopo inizio bombardamenti in Siria. 

Non è accettabile che il nostro Paese, che ha attivamente sostenuto l'impegno delle popolazioni curde di contrasto all'ISIS, continui a inviare sistemi militari alla Turchia che oggi intende occupare militarmente i territori curdi

“Chiediamo con forza al Governo italiano di adoperarsi per fermare un’escalation di conflitto inaccettabile - afferma Francesco Vignarca coordinatore della RID -. In particolare risultano drammatiche le notizie di fonte curda secondo le quali i primi bombardamenti avrebbero colpito anche obiettivi civili”. La Rete Italiana per il Disarmo ha chiesto formalmente al ministro degli Esteri Luigi Di Maio la sospensione "con effetto immediato" di tutte le forniture di armamenti e sistemi militari verso il governo di Ankara, come prevede la legge 185 del 1990, che impedisce di inviare armi a Paesi in stato di conflitto armato. La Turchia - spiegano i disarmisti - è da molti anni uno dei maggiori clienti dell’industria bellica italiana, le forze armate turche dispongono di diversi elicotteri T129, di fatto una licenza di coproduzione degli elicotteri italiani di AW129 Mangusta di Augusta Westland.

Negli ultimi quattro anni l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro” sottolinea Vignarca. In particolare nel 2018 sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva per un controvalore di oltre 360 milioni di euro. Tra i materiali autorizzati: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19,7mm, munizioni, bombe, siluri, arazzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software. Secondo Giorgio Beretta, analista sull’export di armi per la RID, "non è accettabile che il nostro Paese, che ha attivamente sostenuto l'impegno delle popolazioni curde di contrasto all'ISIS, continui a inviare sistemi militari alla Turchia che oggi intende occupare militarmente i territori curdi. È giunto il momento che anche il Parlamento faccia sentire la propria voce chiedendo lo stop alle forniture di sistemi militari di produzione italiana fino a che la situazione non sarà chiarita. L'appartenenza della Turchia alla Nato non può costituire un alibi per non affrontare la questione ed assumere le necessarie decisioni". Durante le manifestazioni di piazza convocate per sostenere il popolo curdo, serve chiedere coerenza a chi arma ed ha armato la Turchia.