Politik | Lana caprina

"ALTO - ADIGE": il rischio inutile

La questione della denominazione contestata. Un caso storico: il fiume Piave è di genere maschile o femminile?
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Piave
Foto: upi

Desidero entrare nel merito della questione relativa all’abolizione del termine Alto-Adige dal disegno di legge n.30/19-XVI di iniziativa giuntale circa le «Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Provincia autonoma di Bolzano derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea».

Lo faccio da bolzanino che ha vissuto l’epoca trista della contrapposizione separatista contro lo stato italiano, che ha lasciato sul campo un cimitero di incomprensioni, oltre a una più concreta entità di vite spezzate. Lo faccio anche da narratore, probabilmente (e curiosamente) come uno dei primi autori di madre lingua italiana, in ordine di tempo, che abbia preso formalmente le parti dei sudtirolesi, attraverso il romanzo La strana distanza dei nostri abbracci. Vivendo ora in una regione diversa, scopro con immenso piacere, ogni volta che ritorno a Bolzano, quanti passi si sono fatti per superare le contraddizioni di una Storia cattiva che ha reso italiani i sudtirolesi di lingua tedesca e specularmente ha lasciato gli istriani, dalle fortissime radici italiane, allo stato croato. Le ragioni della Storia sono sempre parziali e destinate a ferire gli sconfitti.

Nel Sudtirolo, o Alto-Adige come diavolo vogliamo definirlo, è riuscita un’operazione quasi magica, la cui preziosità è tanto apprezzabile, quanto poco se ne riconosce ancora la portata. Complice il benessere diffuso, comunque favorito dal buonsenso che ha premiato scelte politiche sagge, questo territorio è un campione di realismo e di resilienza, in nome della pace e dell’utilità. L’epilogo del terrorismo dinamitardo poteva assumere i connotati di quello ben più cruento vissuto in Irlanda o nell’altra regione europea che ha provato e sopporta ancora le conseguenze dei radicalismi, dei muri contrapposti, dei miti eletti a testimonianza, infine degli affarismi: la Bosnia. In quest’ultima regione, che ho avuto modo di frequentare con l’equidistanza di chi può osservare senza essere compromesso dai sentimenti di parte, si manifesta amplificato come dall’occhio di un cannocchiale la proiezione di ciò che significano nazionalismo irriducibile (che è ben diverso dal patriottismo), propaganda, giustificazione morale della presunta diversità tra le genti. Ritengo che tutti dovrebbero conoscere in profondità, come lezione, ciò che è accaduto in quei luoghi, comprendendo che è solo apparente la nostra presunta diversità che ci salvaguarderebbe dagli eccessi: siamo pur sempre della stessa specie animale che ha consentito, in nazioni cosiddette civili, il proliferare del nazifascismo e i suoi pegiudizievoli orrori. I simboli innocui o anche inerti, le bandiere, le appartenenze religiose impugnate come armi diventano pericolose, perché gli uomini sono fatalmente attratti da un loro utilizzo, anche malsano. Non si tratta di pessimismo ma di constatazione. Sappiamo, anche in Italia, come hanno ricominciato ad apparire le esposizione dei rosari e dei vangeli nei comizi politici: i manovratori conoscono le reazioni delle masse. Padri di famiglia sensati sono pronti a bastonarsi, da tifosi negli stadi, per ribadire la superiorità della propria squadra di calcio, costruendo delle rappresentazioni degli avversari come se si trattasse di inconciliabili nemici. Gli abitanti della provincia di Bolzano sono provvidenzialmente sgusciati dalla contrapposizione storica, con un salto di intelligenza e definendosi spesso “cittadini europei”. Con questo approccio lungimirante non può, non deve più trovare spazio la competizione sciocca, vuota di senso, basata sul contendere la liceità di un termine geografico. Certo il nome Alto-Adige è una definizione creata in tempi che preferiamo allontanare, ma la cui innocuità è provata e l’uso pratico ne giustifica ampiamente l’adozione, anche senza scomodare la citazione costituzionale. Né la definizione ha impedito di mantenere, per i cittadini di lingua tedesca, la denominazione ad essi più consona di Südtirol. Se dovessimo fare delle inutili battaglie da vocabolario, non avrebbe neppure più senso - ad esempio - chiamare il Piave, fiume caro alla patria italica, con l’articolo al maschile: si diceva la Piave. Con una disputa infinita e sterile si accusarono gli austriaci del Lombardo Veneto di essere i primi responsabili del termine impropriamente, e colpevolmente, usato al maschile. Allo scopo si consultino le note dell’Accademia della Crusca alla voce “Fiumi maschili fiumi femminili” per capire quanto, dopo la guerra del 15-18 una simile banale questione di carta abbia infiammato l’animo dei cosiddetti patrioti. “Poco dopo, a guerra appena conclusa, sulla «Rassegna italiana» del novembre 1918, apparve anche l’articolo di Donato Sanminiatelli che con nuove testimonianze e accenti ancor più marcati ricalcava gli argomenti del presidente della Crusca: «L’origine dello sconcio linguistico è dunque abbastanza recente [...]. Sarebbe dunque di conio austriaco l’ingiuria recata da un mal uso moderno ai nomi vecchi di quei bei fiumi [...]”. Oggi, per fortuna, non ci passa neppure per l’anticamera del cervello pensare di farne una guerra semantica, se non come curiosità storica. Per questo motivo richiamo gli amministratori bolzanini ad una prova di ragionevolezza, senza dover impugnare argomentazioni in punta di diritto che servono esclusivamente ad infiammare gli animi dei facinorosi e a creare livore dove meriterebbe lavorare per fini più umanamente convenienti ed utili al progresso concreto della regione.

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Fabio Marcotto Mi., 16.10.2019 - 20:58

Apprezzatissimo! Credo però che "Alto Adige" si debba a Napoleone come definizione. Si può leggere l'illuminante articolo di Zamboni di un paio di giorni fa sull'omonimo quotidiano

Mi., 16.10.2019 - 20:58 Permalink
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Hartmuth Staffler Mi., 16.10.2019 - 23:25

Antwort auf von Massimiliano Rausa

Napoleon hat mit dem Namen Alto Adige für Südtirol überhaupt nichts zu tun. Das Department Haute Adige entsprach goßteils dem heutigen Trentino. Erst die Faschisten haben, um den Namen Tirol auszulöschen, dieses Alto Adige auf Südtirol übertragen, und heute ist der Faschismus in Italien lebendiger denn je, daher muss Alto Adige bleiben.

Mi., 16.10.2019 - 23:25 Permalink
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Sepp.Bacher Do., 17.10.2019 - 11:27

Antwort auf von Fabio Marcotto

Ich denke, für uns deutschen Südtiroler ist es wichtig, dass die historischen Namen offiziell anerkannt und festgeschrieben werden. Das hätte man schon lange tun können!
Ob die italienischen Südtiroler, für sich die bereits verwendeten italienischen Ortsbezeichnungen definitiv haben wollen, sollen sie selbst entscheiden. Erst dann würde unter ihnen eine Diskussion stattfinden, ohne Druck von der deutschen Mehrheit. Jeder kann, aber muss nicht, die Bezeichnung der anderen verwenden. In den Medien sollte man aber alle beide schreiben, so lernt man unbewusst dass z. B. San Valentino in Campo für Gummer steht und umgekehrt!

Do., 17.10.2019 - 11:27 Permalink
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Roberto Masiero Sa., 19.10.2019 - 12:07

Antwort auf von Sepp.Bacher

Mi scuso se rispondo in italiano (purtroppo la mia incerta conoscenza della lingua tedesca mi costringe a rivolgermi a Lei in questo modo). Gentile sig. Sepp, sono persuaso come Lei, che la parola Südtirol vada mantenuta e saldamente. Ci mancherebbe! Il senso del mio articolo è però un altro. Il corrispondente mantenimento della parola Alto-Adige per i cittadini di lingua italiana e in generale in Italia non comporta alcuna rinuncia, né offesa alla memoria degli amici di lingua tedesca. Qualcuno dei commentatori al mio intervento fa correttamente risalire il termine geografico a Napoleone, ma qui non si tratta di stabilire la sua paternità senza sospetti. Ciò che importa è l'uso, la praticità: ritengo inutile sollevare ancora polvere su questioni sepolte e che politicamente non danno alcun vantaggio concreto, o prospettive di futuro. I sudtirolesi devono poter chiamare la propria regione Südtirol e, se gli italiani lo desiderano, Alto-Adige, senza ricorrere a termini burocratici arzigogolati per definire una identità da tempo consolidata, magari costringendoli a definirsi esclusivamente come "abitanti della provincia autonoma di Bolzano di lingua italiana". La libertà dal pregiudizio ci deve guidare tutti e non dare il pretesto di riportare il rancore dove regna la convivenza, a chi dei simboli pacifici fa uso come fossero armi. Vorrei che il Sudtirol - Alto Adige continuasse ad essere un campione di liberalità e integrazione, distaccandosi dal panorama internazionale oggi così aggressivo e intollerante. Soprattutto a questo dobbiamo mirare, da cittadini europei: le parole non debbono diventare recinti, se non ledono il rispetto. Grazie per il suo contributo

Sa., 19.10.2019 - 12:07 Permalink